Qualcuno che più ce n’è meglio è

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Siamo di nuovo nell’Aula Magna di un istituto scolastico. Questa volta, però, l’arredamento è davvero particolare: il tradizionale lungo tavolo a cui in genere siedono il dirigente (leggi preside), i suoi collaboratori e il collega addetto alla verbalizzazione e a cui si avvicinano coloro che intendono parlare è stato portato altrove.

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Al suo posto c’è un clavicembalo, a cui si aggiungono una viola da gamba, un violino, un flauto e così via. Sì, perché nella mattinata di venerdì 21 febbraio 2014, in un istituto alberghiero della periferia torinese, grazie all’entusiasmo personale di un professore-cantante e all’intervento di un’associazione no-profit, sta per svolgersi un evento speciale.

È in programma un concerto di gusto davvero raffinato, che permetterà – grazie alla presenza volontaria di alcuni musicisti di vaglio – agli studenti di conoscere un universo del quale non hanno con molta probabilità alcuna esperienza; avranno occasione di ascoltare brani per loro assolutamente nuovi, dalla musica sacra ai duetti d’amore.

Si comincia: il silenzio è totale, anche nelle ultime file – quelle occupate durante i collegi dei docenti da coloro che vogliono chiacchierare senza essere troppo disturbati da chi invece interviene sull’ordine del giorno – e sui volti dei ragazzi si leggono un interesse e una partecipazione emotiva che nelle aule della quotidianità didattica sono sconosciuti.

Alla fine di ogni singola esibizione scoppiano i tipici applausi adolescenziali, fragorosi e accompagnati da urla e schiamazzi vari, ma in tono assolutamente simpatico: gli studenti ci sono, ci sono completamente, non sono distratti da nulla.

Anche i cellulari – pur se rigorosamente accesi, in barba a ogni regolamento – sono in tasca. Quando l’insegnante che anima l’iniziativa si esibisce in un assolo, poi, l’entusiasmo va davvero alle stelle. E non solo perché prima di cantare spiega con eleganza ed efficacia la triste sorte dei “soprani naturali”.

Ma non finisce qui. Si esibiscono ora gli allievi di un altro istituto professionale, questa volta situato nel centro della città: sono un coro e hanno un repertorio speciale e coinvolgente, ovvero testi sudafricani. A un certo punto due ragazzi ospiti srotolano un grande foglio di carta scritto a pennarello: ci sono le parole della canzone che il gruppo si accinge a proporre. In un attimo tutto il pubblico è in azione: cantano anche molti degli insegnanti presenti, qualcuno si limita a battere il ritmo con i piedi, ma qualcun altro – soprattutto tra le persone in piedi – abbandona ogni rigidità professionale e muove tutto il corpo, quasi ballando. Anche i docenti ci sono, ci sono completamente, non sono distratti da epistemologie disciplinari o certificazioni di competenza.

Arriva la terza parte dello spettacolo, il karaoke. A esibirsi con Baldan Bembo, Modugno e la sigla di Tiger-Man sono alcuni degli studenti diversamente abili della scuola: si accende il videoproiettore, si abbassano le luci e nell’improvvisata discoteca si concretizza la scuola dell’inclusione. Ad ascoltare e a veder ballare, a cantare in coro, a sorridere e ad avere le lacrime agli occhi di fronte alla capacità di esporsi, di superare il timore, di gioire di fronte a tutti e con tutti siamo in molti. Ci siamo, ci siamo completamente, siamo persone che almeno per una volta si immergono nella propria umanità e in quella altrui.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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