L’addetto ufficiale alle vendite non era riuscito nello scopo, probabilmente perché si era addentrato in spiegazioni tecniche eccessivamente dettagliate, con il solo risultato di confondere le idee alle due clienti, nonostante esse fossero con ogni evidenza desiderose di colmare l’imperdonabile gap digitale che ancora affliggeva le loro famiglie, non in grado di accedere con la dovuta consapevolezza e la necessaria gioia all’Epoca dei Libri in Progresso, ormai alle porte.
Il mio consiglio è stato invece immediatamente accettato, non tanto perché ho detto loro che il prodotto in promozione aveva un ottimo rapporto prezzo – qualità, ma soprattutto perché ho estratto un esemplare identico a quello sullo scaffale dalla tasca del giubbotto, dimostrando con tale gesto di usare davvero lo strumento.
Ancora più risolutivo è stato confessare che tale impiego consiste non nell’esibizione pubblica dello strumento a destare barocca meraviglia, ma nella lettura privata, personale e silenziosa di libri di narrativa e saggistica, attività per la quale è assolutamente vero che gli eBook reader basati sulla tecnologia dell’e-ink e senza retroilluminazione dello schermo sono assolutamente ed ergonomicamente adatti. Un’ottima imitazione dei loro predecessori stampati su carta.
Una delle due signore mi ha ovviamente rivolto la classica domanda: “Ma non le manca il fatto di toccare le pagine, di sfogliarle?”. Ed è rimasta colpita dalla risposta, ammantata di un nuovo materialismo: “La mancanza del libro di carta è compensata dal fatto che il dispositivo pesa meno di un tascabile e contiene un sacco di volumi. Pensi anzi che da quando mi sono convertito a questa modalità – sono pochi mesi, NdA – leggo molto di più. Non c’è niente di meglio di stare a letto sapendo che, se anche finiamo un libro, ne abbiamo un altro subito a disposizione, senza nemmeno doverci sporgere verso il comodino. Il vero limite fisico è che tutti i libri letti sembrano più o meno lo stesso libro: stessi caratteri, stessa impaginazione; una volta trovate le caratteristiche comode per la propria vista, si è troppo pigri per sperimentare nuove soluzioni”.
Qualche giorno fa non avrei mai pensato di agire come ho appena fatto. Mi si era infatti appena guastato il precedente eBook reader – a suo tempo pagato quasi 4 volte il prezzo di quello che uso attualmente – con il risultato che in pochi secondi ho perso la mia possibilità di leggere in condizioni accettabili il contenuto dei file, benché essi fossero in sé sopravvissuti come tali sul dispositivo, miseramente ridotto a gigantesca e scomodissima chiavetta USB: il loro formato è infatti proprietario e crea un esclusivo e fastidioso cordone ombelicale con il produttore. Quest’ultimo rilascia a dire la verità una apposita App, destinata a coloro che non intendono acquistare l’apparecchio, ma – come ho detto – la lettura su schermo retroilluminato mi è assolutamente indigesta.
Oltre ad aver attentato ai miei spazi di divertimento, il mondo digitale aveva ultimamente anche rivelato alcune delle mie inerzie professionali. Tra le tante conseguenze dell’uso del registro elettronico, vi è la perdita della funzione di raccoglitore esercitata dai predecessori tradizionali, la cui comodità per raccogliere i compiti e le verifiche ostinatamente redatti dagli allievi su supporti 1.0, ovvero fogli di carta, avevo fino a un mese fa sottovalutato.
Per non parlare del fatto che la possibilità di importare automaticamente i nomi degli assenti sul registro personale da quello di classe compilato dai colleghi che ci hanno preceduto mette i più distratti tra noi – tra cui ormai mi devo annoverare – nelle condizioni di non essere sempre perfettamente consapevoli delle effettive presenze degli studenti, soprattutto se il nome di chi manca è posizionato nella zona bassa dell’elenco e la corrispondente casella che evidenzia l’assenza non viene pertanto compresa nella videata, non in grado di restituire l’intero elenco degli allievi, se non mediante suo scorrimento con il mouse.