Il counselor scolastico negli USA

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Nel corso dell’ultimo secolo il ruolo dei consulenti scolastici negli Stati Uniti è passato dall’orientamento professionale all’abbracciare ogni aspetto della vita studentesca. Questa espansione delle responsabilità non è stata supportata da un incremento proporzionale delle risorse, costringendo i consulenti a fronteggiare una pressione senza precedenti. 
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Contrariamente alla varietà di interventi e alla mancanza di una figura con un ruolo definito nel sistema scolastico italiano, il panorama educativo statunitense si distingue per un approccio consolidato al counseling. Gli school counselor americani rappresentano una componente imprescindibile del sistema educativo, assumendo un ruolo vitale nel guidare gli studenti attraverso il loro iter formativo. Questi specialisti dell’orientamento forniscono un contributo essenziale non solo per il progresso scolastico, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nel supportare lo sviluppo sociale ed emotivo degli studenti, affiancandoli in ogni fase della loro crescita personale e scolastica.

Supporto accademico

Il primo e forse più ovvio dei compiti di uno school counselor è fornire un supporto scolastico. Questo si traduce nella guida della scelta dei corsi, assicurandosi che corrispondano alle attitudini, capacità e aspirazioni di ogni studente. Attraverso la pianificazione individuale, gli school counselor lavorano per massimizzare le potenzialità degli alunni, aiutandoli a definire e raggiungere i loro obiettivi scolastici.

Orientamento professionale e post-secondario

Orientare gli studenti verso le opportunità future è un altro aspetto fondamentale del ruolo degli school counselor, i quali mettono a disposizione degli studenti strumenti e risorse per navigare nel mare delle opzioni post-diploma, siano esse l’accesso all’istruzione superiore, l’entrata nel mondo del lavoro o il servizio militare. Il loro supporto è cruciale nell’assistere gli studenti nella comprensione delle molteplici vie a loro disposizione e nel prendere decisioni consapevoli in merito al loro percorso professionale futuro.

Supporto emotivo e sociale

Uno degli aspetti meno immediatamente percepibili ma altrettanto fondamentali del lavoro degli school counselor è il loro ruolo nel nutrire il benessere emotivo e sociale degli studenti. Questi professionisti dovrebbero fornire un ambiente protetto in cui gli studenti possono liberamente discutere le proprie preoccupazioni, affrontare questioni personali o relazionali e intraprendere un percorso di crescita personale. Gli school counselor si dedicano a offrire consulenze mirate e, se necessario, orientano gli studenti verso risorse più specialistiche per un supporto a lungo termine, assicurando così una rete di sicurezza emotiva che favorisce l’equilibrio psico-sociale nell’ambiente scolastico.

Sviluppo delle competenze di vita

Impartire competenze vitali per la vita quotidiana rappresenta un’ulteriore area di impegno per gli school counselor. Tra queste competenze figurano la gestione efficace dello stress, la risoluzione dei conflitti, lo sviluppo di abilità decisionali e la comunicazione assertiva. Queste abilità sono considerate imprescindibili per il successo personale e professionale degli studenti e vengono trasmesse attraverso workshop interattivi, sessioni di gruppo e programmi mirati, con l’obiettivo di equipaggiare i ragazzi degli strumenti necessari per affrontare con fiducia le sfide del quotidiano.

Promozione della salute mentale

Promuovere la consapevolezza e il sostegno riguardo alla salute mentale costituisce un aspetto sempre più essenziale del mandato degli school counselor. Essi devono farsi promotori dell’importanza di riconoscere e affrontare i problemi di salute mentale, provvedendo assistenza diretta agli studenti e facilitando l’accesso a risorse adeguate. Collaborando strettamente con altri specialisti, sono chiamati a lavorare alla creazione di reti di sostegno che possano intervenire efficacemente a favore del benessere psicologico della comunità studentesca. Ad esempio, lavorando in collaborazione con il personale scolastico, gli school counselor aiutano a implementare programmi per promuovere un ambiente scolastico sicuro e inclusivo, affrontando tematiche quali il bullismo e la violenza.

Collaborazione con famiglie e comunità

Una componente cruciale dell’opera degli school counselor è il loro ruolo di mediatori tra le istituzioni scolastiche e le famiglie degli studenti. Mediante incontri programmati e una comunicazione costante, lavorano a stretto contatto con le famiglie per favorire il successo scolastico e personale degli studenti. Questo dialogo continuo dovrebbe contribuire a creare un ambiente educativo collaborativo, tale da valorizzare il coinvolgimento familiare come risorsa fondamentale nel percorso di crescita degli alunni.

La preparazione dello school counselor

Per adempiere a un incarico così fondamentale, la preparazione richiesta per questi professionisti è estesa e articolata, combinando formazione accademica avanzata con competenze interpersonali e professionali.

La formazione di base per uno school counselor inizia tipicamente con un Bachelor’s degree (laurea triennale) in psicologia, educazione o un campo correlato. Tuttavia, il percorso non si conclude qui: è richiesto un Master’s degree (laurea magistrale) in orientamento scolastico o in counseling scolastico, durante il quale i candidati approfondiscono tematiche quali teorie del counseling, psicologia dello sviluppo, educazione e gestione dei casi, oltre a tecniche di valutazione e intervento.

Una parte cruciale della formazione è rappresentata dall’esperienza pratica. Gli aspiranti school counselor devono completare tirocini e praticantati supervisionati, che possono arrivare fino a 3000 ore, a seconda delle normative statali. Questi periodi di formazione pratica sono fondamentali per acquisire esperienza diretta con gli studenti e per affinare le abilità necessarie per gestire situazioni reali all’interno dell’ambiente scolastico.

Dopo aver completato la formazione accademica e il tirocinio, i counselor devono ottenere una certificazione o una licenza per esercitare la professione. Questo processo include di solito il superamento di un esame statale e il rispetto di standard etici e professionali severi. Gli standard di certificazione e le norme per la pratica variano da Stato a Stato, ma comunque riflettono un impegno verso l’alta qualità del servizio fornito.

Lo school counseling è un campo dinamico e in continua evoluzione; di conseguenza, la formazione continua è un requisito essenziale per mantenere la licenza e per restare aggiornati sulle ultime ricerche e pratiche migliori. La formazione continua può includere workshop, seminari, corsi aggiuntivi e conferenze professionali.

L’evoluzione storica dello school counselor

La professione dello school counselor negli Stati Uniti è un capitolo affascinante che si dipana attraverso un secolo di storia, testimoniando mutamenti sostanziali a livello sociale e culturale che hanno lasciato un segno in campo educativo. Così come la conosciamo oggi, ha avuto inizio come vocational guidance, ossia come orientamento professionale, nei primi anni del Novecento, quando con l’avanzare dell’industrializzazione e l’avvento di innovazioni tecnologiche, emergeva negli USA l’esigenza di una forza lavoro più qualificata e preparata. Gli school counselor hanno fatto la loro comparsa in risposta a questa necessità, inizialmente incarnando ruoli svolti da insegnanti o dirigenti scolastici che assumevano il compito supplementare di guidare gli studenti nella scelta di carriere professionali e di fornire consulenza vocazionale. Con il passare del tempo, questa figura ha acquisito un’identità distinta, evolvendosi in un supporto complesso e strutturato, essenziale nel tessuto educativo degli Stati Uniti.

Gli anni Venti e Trenta: dalla vocazione alla persona

I primi decenni del ventesimo secolo segnano una trasformazione significativa per la consulenza scolastica. In questo periodo, si assiste a un passaggio dall’orientamento di natura economica a uno di stampo psicologico. Emergono nuove correnti di pensiero come l’igiene mentale e la psicometria, che spostano l’attenzione dalle questioni economiche a quelle psicologiche, portando a una maggiore considerazione del benessere e dell’adattamento degli studenti.

È in questo contesto storico che si precisa ulteriormente la figura professionale dello school counselor. Questo segna un cambiamento verso una formazione specializzata e una definizione più chiara e strutturata dei loro compiti e responsabilità. Nasce così una nuova struttura organizzativa chiamata “Pupil personnel services“, ovvero i servizi per il personale scolastico.

All’interno di questa struttura, emerge il concetto di guidance services, ossia i servizi di orientamento. Questo implica un cambiamento nel campo dell’orientamento scolastico: da una prospettiva basata su un elenco di compiti, si passa a un’altra in cui tali compiti sono organizzati e gestiti dai servizi di orientamento, il tutto all’interno della struttura più ampia dei servizi per il personale scolastico.

L’espansione nel dopoguerra

Nel periodo postbellico, in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale, il campo del counseling scolastico guadagna un riconoscimento più ampio e si adegua per far fronte alle necessità di un’inflazione di veterani che ritornano nel sistema educativo in cerca di una nuova direzione professionale. La professione si arricchisce ulteriormente grazie agli impulsi dati da finanziamenti federali, come quelli previsti dal National Defense Education Act (NDEA) del 1958, che incentivano la formazione di counselor scolastici per rispondere alle sfide imposte dal contesto della guerra fredda, sottolineando la crescente importanza della consulenza nella preparazione e nell’orientamento di individui attrezzati per contribuire alla società in un periodo di tensioni internazionali e di rapidi cambiamenti tecnologici.

Gli anni Settanta: un approccio strutturato

Negli anni Settanta, il concetto di programma per l’orientamento scolastico comincia a prendere forma. Questo periodo vede un’evoluzione verso un approccio più strutturato e organizzato nel gestire l’orientamento nelle scuole. Molti Stati sviluppano modelli statali e vengono avviati programmi di formazione per aiutare il personale dei distretti scolastici a pianificare, progettare e implementare programmi completi di orientamento. Questo periodo vede inoltre la proliferazione di programmi di counseling a livello delle scuole primarie, introducendo un approccio più globale e strutturato al counseling scolastico, il quale mira a un intervento onnicomprensivo e sistematico che si adatta al contesto unico di ogni istituzione scolastica e alle specifiche necessità del suo corpo studentesco.

Inizio del XXI secolo: focus e responsabilità

Durante gli anni Ottanta e Novanta, il ruolo e le funzioni dei consulenti scolastici sono oggetto di discussione e analisi approfondite. Alcuni autori propongono ruoli specializzati come quello di “specialista dello sviluppo umano” o di “agente di cambiamento”. Anche la questione della terminologia, se utilizzare guidance, counseling o school counseling, è al centro del dibattito.

All’inizio del XXI secolo, si registra un notevole progresso nello sviluppo, nell’implementazione e nella valutazione dei programmi di counseling scolastico. Tuttavia, la discussione continua sui propositi dei programmi e sul ruolo dei consulenti scolastici. Si dibatte se il focus debba essere sull’educazione accademica, sulla formazione professionale o sull’aspetto sociale/emotivo. Inoltre, emerge un’urgenza riguardo alla responsabilità e alla necessità di valutare l’efficacia dei programmi per migliorare il lavoro dei consulenti scolastici.

Con l’avvento del XXI secolo, la professione si trasforma grazie all’integrazione di metodi basati su dati e ricerche, rendendo i counselor scolastici professionisti altamente specializzati. La valutazione dell’impatto delle loro azioni diventa fondamentale, non solo per attestare l’efficacia dei loro interventi, ma anche per informare e affinare le strategie future. È in questo contesto che si afferma il Modello Nazionale dell’ASCA (American School Counselor Association), che stabilisce standard e pratiche di eccellenza per i programmi di counseling, garantendo che ogni studente abbia accesso a servizi di consulenza di alta qualità che supportano e migliorano il percorso educativo.

Oggi gli school counselor sono visti come figure chiave nel sostenere lo sviluppo integrale degli studenti, lavorando su aspetti accademici, professionali e socio-emotivi. È richiesto loro di applicare un approccio olistico al benessere dei ragazzi, assicurandosi che tutte le loro esigenze siano soddisfatte in maniera integrata e completa.

Promotori di equità e inclusione sociale 

Un’area che sta guadagnando sempre più importanza nella formazione degli school counselor è la competenza culturale. È essenziale che questi professionisti possano lavorare in modo efficace in contesti diversificati e siano sensibili alle varie esigenze culturali, etniche e socioeconomiche degli studenti. Questo perché essi hanno nel loro status etico l’attenzione verso l’equità e l’inclusione sociale degli studenti.

L’inclusione non si limita solo all’integrazione di studenti con diversi background e bisogni speciali, ma anche alla valorizzazione attiva della diversità come fonte di forza e arricchimento. Gli school counselor dovrebbero fornire un sostegno personalizzato a coloro che si sentono emarginati dalla comunità scolastica per una serie di motivi, tra cui fattori socioeconomici, razziali, di genere o di appartenenza a minoranze. Lavorano per garantire che ogni studente abbia pari opportunità di successo scolastico.

L’analisi critica delle disuguaglianze è quindi una parte integrante del lavoro quotidiano degli school counselor. Utilizzano dati e osservazioni per identificare modelli di esclusione o disparità e sviluppano programmi mirati per contrastare queste tendenze, promuovendo così l’equità.

Essenziale è anche il loro impegno nell’educare studenti, staff e famiglie ai principi della giustizia sociale e dell’inclusione. Mediante iniziative pedagogiche e di advocacy, sollevano consapevolezza sulle questioni di discriminazione e pregiudizio, fomentando un dialogo costruttivo che favorisce la comprensione e l’empatia reciproca.

La terminologia in questione

Nel corso degli anni, la professione degli school counselor ha vissuto una trasformazione sostanziale non solo nella pratica, ma anche nella terminologia utilizzata per definire il loro ruolo. Storicamente, il termine guidance counselor era ampiamente diffuso per indicare i professionisti che fornivano supporto agli studenti nelle scuole, concentrandosi principalmente sull’orientamento vocazionale e accademico. Tuttavia, con il passare del tempo, il ruolo degli school counselor si è notevolmente ampliato, abbracciando una gamma più ampia di servizi che includono supporto emotivo, sviluppo di competenze di vita e benessere psicologico. Il termine guidance sembrava dunque limitativo e non più veramente rappresentativo della complessità delle attività svolte.

Per rispecchiare meglio la natura olistica e multidimensionale del loro lavoro, l’American School counselor Association (ASCA) ha promosso l’adozione del termine school counselor. Questo cambiamento mira a allineare la professione con il suo impegno verso lo sviluppo integrale degli studenti e il loro successo in tutte le molteplici sfaccettature della vita scolastica.

Il dibattito  sulla terminologia va oltre la semplice questione accademica e ha implicazioni concrete sulla pratica professionale e sull’identità stessa degli school counselor. La scelta della terminologia non solo definisce la natura del lavoro svolto, ma informa anche gli stakeholder, inclusi studenti, genitori e amministratori, sull’importanza e sul valore dei servizi offerti. L’utilizzo del termine school counselor sottolinea quindi la responsabilità educativa e preventiva di questi professionisti, anziché una visione limitata all’orientamento.

Una professione sotto pressione

Il periodo post-pandemia ha messo in luce una crisi senza precedenti nella professione dei counselor scolastici, portando a una riflessione urgente su una situazione sempre più critica. Questi professionisti si trovano ad affrontare un’ondata di responsabilità in costante crescita e un’emergenza legata alla salute mentale dei giovani.

La pandemia ha esacerbato una serie di problematiche preesistenti nel sistema educativo, soprattutto riguardo alla salute mentale. Il distanziamento sociale, la transizione alla didattica a distanza e l’incertezza generale hanno influito notevolmente sul benessere psicologico degli studenti di tutte le età, provocando un aumento dei casi di ansia, depressione e altri disturbi.

In un rapporto consultivo del 2021, Vivek Murthy, il chirurgo generale degli Stati Uniti (che si occupa a livello federale di tutte le questioni connesse alla salute pubblica, N.d.T.), ha evidenziato una crisi “diffusa” della salute mentale che colpisce bambini, adolescenti e giovani adulti – una crisi che è stata accelerata dalla pandemia. Più recentemente, Murthy ha avvertito sui potenziali effetti negativi che l’uso dei social media può avere sulla salute mentale dei giovani, come sintomi di depressione e ansia.

In molti Stati americani, il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti. Secondo l’Indiana Youth Institute, nel 2021 uno studente su tre dal 7° al 12° grado ha riportato di provare tristezza persistente e disperazione, mentre uno studente su sette ha pianificato il suicidio. In questa difficile situazione, non ci si dovrebbe aspettare che i counselor forniscano consulenza a lungo termine per affrontare disturbi psicologici. Gli psicologi scolastici si concentrano sulla valutazione e sulla consulenza psicologica, gli psichiatri scolastici offrono interventi farmacologici quando necessario e i counselor forniscono supporto emotivo e consulenza, con un’enfasi sulla prevenzione e sul benessere emotivo. Ma è indubbio che essi siano il primo punto di riferimento per gli studenti in difficoltà, specialmente quando le liste di attesa per vedere uno psicologo o uno psichiatra sono molto lunghe.

Il sovraccarico di responsabilità

Anche prima della pandemia, molti counselor scolastici si trovavano ad affrontare un carico di lavoro al limite della sostenibilità. Tuttavia, nel periodo post-pandemico, molti professionisti si trovano a gestire anche interventi in situazioni di crisi acuta. Questo sovraccarico di responsabilità, spesso senza un adeguato aumento delle risorse, ha portato a un allarmante tasso di burnout.

Ad esempio, i counselor scolastici possono essere sottoposti a diverse pressioni legali in relazione all’aumento dei casi di suicidio tra gli studenti. Possono essere ritenuti legalmente responsabili se non forniscono una valutazione adeguata o un supporto appropriato agli studenti che manifestano segni di rischio suicidario. In alcuni Stati, esistono normative che impongono alle scuole di implementare programmi di prevenzione del suicidio o di fornire formazione ai counselor scolastici sulla gestione dei rischi suicidari.

Nonostante la chiara necessità di un maggiore supporto alla salute mentale degli studenti, la risposta istituzionale è stata in molti casi insufficiente. Budget limitati e priorità concorrenti hanno impedito a molte scuole di assumere un numero sufficiente di counselor, mantenendo rapporti studente-counselor che superano di gran lunga le raccomandazioni nazionali.

Il rapporto medio studenti-consulenti è di 491 a 1 (National Center for Education Statistics, 2016), ben oltre il limite raccomandato di 250 a 1 dall’American School Counselor Association (ASCA).

Un caso emblematico è quello dell’Indiana, dove il rapporto studenti-counselor è attualmente il più alto del Paese: le scuole impiegano solo 1.494 counselor per oltre 1 milione di studenti.

Il burnout

Secondo un rapporto del 2019 dell’American School counselor Association (ASCA), il 74% dei counselor scolastici sperimenta livelli elevati di stress lavorativo. Questo stress cronico può portare al burnout, compromettendo la qualità del lavoro, aumentando l’assenteismo e, in alcuni casi, portando al licenziamento o all’abbandono della professione. Tuttavia, ottenere dati specifici sul numero di counselor scolastici che si sono licenziati a causa del burnout è complesso, poiché dipende da una serie di fattori, inclusi i processi di assunzione e licenziamento delle scuole.

Data l’importanza di prevenire questo fenomeno, gli standard etici dell’American School counselor Association (ASCA; 2016) sottolineano che i counselor scolastici sono responsabili del mantenimento della propria salute, sia fisica che emotiva, per garantire la loro pratica efficace. Gli standard etici dell’American Counseling Association (2014) aggiungono che i counselor scolastici hanno la responsabilità etica di monitorare i loro sentimenti e di porre rimedio quando questi influenzano potenzialmente la loro capacità di fornire servizi di qualità ai propri stakeholder.

Per monitorare il burnout, i counselor devono comprendere i sintomi e adottare misure preventive, mantenendo il proprio benessere psicologico. È fondamentale che siano supportati da politiche e risorse che promuovano il loro benessere e riducano il rischio di burnout, garantendo così un ambiente lavorativo sano e sostenibile per tutti gli operatori della salute mentale nelle scuole.

La carenza di personale scolastico negli USA: i dati di un problema

Negli ultimi anni una delle sfide più pressanti nell’ambito dell’istruzione negli Stati Uniti è stata la crescente carenza di personale scolastico qualificato. Questa crisi, che coinvolge sia il personale docente che non docente, ha raggiunto proporzioni allarmanti, mettendo a rischio la qualità dell’istruzione offerta nelle scuole pubbliche di tutto il paese.

Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti, all’inizio dell’anno scolastico 2022-23, il 45% delle scuole pubbliche ha operato senza un organico docente completo. Questo significa che quasi la metà non aveva abbastanza insegnanti per coprire tutti i ruoli necessari. Le carenze sono state più comuni nelle materie di educazione speciale, scienze e lingue straniere. La situazione è aggravata dal fatto che il 40% delle scuole pubbliche ha segnalato posti vacanti per il personale non docente, ossia consulenti scolastici, psicologi, assistenti sociali, terapisti occupazionali, bibliotecari, logopedisti. La posizione in assoluto più difficile da coprire è quella degli addetti al trasporto degli studenti (autisti di school-bus): solo l’8% delle scuole la considera una posizione “facile” trovare personale.

Le ragioni dietro queste carenze sono molteplici e complesse. Una delle principali è rappresentata dal basso stipendio offerto, insieme al carico amministrativo e alle crescenti preoccupazioni per la sicurezza nelle scuole. Inoltre, requisiti di formazione rigorosi e mancanza di coerenza nei ruoli da distretto a distretto scoraggiano i potenziali candidati, come evidenziato dai dati forniti da Indeed.com. La pandemia non ha fatto altro che aggravare un trend già in atto: attualmente nelle scuole pubbliche americane ci sono 567.000 insegnanti in meno rispetto a prima della pandemia.

La crisi è particolarmente grave per quanto riguarda i consulenti scolastici. Secondo lo studio ASCA (American School Counselor Association) sullo stato della professione del 2020, il 39% dei consulenti ritiene di essere stato assegnato a compiti che non rientrano nel loro ambito di competenza. A livello statale, più del 75% dei coordinatori della consulenza scolastica ha segnalato che non ci sono abbastanza consulenti per coprire i posti disponibili. La situazione è particolarmente critica nelle zone rurali, dove le carenze possono essere ancora più significative.

La carenza di insegnanti è talmente importante che si assiste a un crescente interesse per la possibilità di utilizzare educatori a distanza. Gli studenti si riuniscono di persona e imparano da un insegnante che si collegano da remoto, spesso da un altro stato. Se possibile, un adulto (ma non un docente) dovrebbe essere fisicamente presente in aula. Non è la soluzione ideale ma una scelta inevitabile.  

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Francesca Nicola

Dottoressa in Antropologia all’Università Bicocca di Milano.

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