Una questione di consapevolezza

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Su “Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche” di Simone Giusti, Carocci, Roma 2023

 

Questo saggio così denso rappresenta innanzitutto una preziosa occasione di riflessione per ogni docente che voglia accrescere il livello di consapevolezza del proprio stile di insegnamento. Ritengo che il volume interesserà soprattutto i/le docenti che hanno un approccio euristico, contraddistinto dal desiderio di scoprire e dalla volontà di mettersi in discussione.

Per migliorare la scuola (mi riferisco all’unica che conosco, la secondaria di secondo grado) e realizzare trasformazioni significative nella didattica non possono bastare interventi come eliminare dallo studio della letteratura qualche autore inserendo magari qualche donna in più nel programma, come se la differenza la facesse solamente il “cosa” e non il “come”.

Nelle riunioni di dipartimento ci si concentra e ci si confronta ancora troppo poco sulle modalità in cui avviene il processo di insegnamento-apprendimento e sugli strumenti più efficaci con cui noi docenti possiamo assolvere al dettato costituzionale, secondo il quale l’istruzione in Italia è un diritto fondamentale e un servizio pubblico essenziale.

Le cause di questo fenomeno sono numerose e vanno ricercate, ad esempio, nell’odierno discorso pubblico sulla scuola, che è influenzato da un qualunquismo passatista per cui la scuola era meglio prima, gli studenti di oggi non sanno più scrivere (a causa della perdita di rigore e severità degli insegnanti), e che non tiene conto delle trasformazioni sociali e politiche degli ultimi decenni; colpisce inoltre lo sguardo critico ma non documentato di docenti colti e preparatissimi nelle proprie discipline che ritengono di non doversi proprio confrontare con la pedagogia e la docimologia, liquidate con la definizione di “fuffa”.

L’educazione letteraria su cui riflette Giusti è invece, a mio avviso, profondamente democratica, tesa com’è a identificare risorse per rendere operativi i principi stabiliti dalla Costituzione.

Sulla scorta di studi di teoria della letteratura che hanno esplicitato la natura non elitaria dell’esperienza estetica, l’autore propone strategie didattiche orientate «sul soggetto e sul processo di apprendimento»: in questo senso è prezioso il contributo di testi vicini agli interessi dei nostri alunni e delle nostre alunne – che sono persone con gusti, preferenze, stili di lettura. Anche nel caso della lettura dei classici le proposte vanno nella direzione di coinvolgere attivamente gli/le studenti, favorendo il loro dialogo con l’opera letteraria (ad esempio realizzando collettivamente, a partire dalla lettura dell’Orlando furioso, un soggetto teatrale, un commento o un gioco da tavolo).

Quel che conta è che il testo non sia solo oggetto di studio, di analisi, di contestualizzazione – o non solo – ma anche occasione per lo studente per riflettere su di sé attraverso l’immersione nella storia narrata o nel testo poetico, nell’ottica dell’apprendimento di stili e di strumenti tipicamente letterari ma validi per la vita, e non solo per chi proseguirà studi e professioni letterarie.

Le attività didattiche dovrebbero mirare a produrre un cambiamento nei lettori e nelle lettrici: la lettura ad alta voce come pratica abituale del docente, i booktalk, le lettere-saggio su un argomento che stia a cuore a chi scrive e i compiti di realtà possono dare un valido contributo in tal senso.

Va da sé che una didattica incentrata sul soggetto che apprende esclude l’uso massiccio di pratiche valutative standardizzate tese a verificare solo le conoscenze possedute da ogni studente su certi argomenti; una didattica di questo tipo presuppone viceversa anche il ricorso a strumenti che facilitino l’autovalutazione, la capacità di riconoscere i propri punti di forza e le proprie debolezze. L’orizzonte docimologico è quello della valutazione educativa o formativa che, come indicato da Cristiano Corsini, misura la distanza tra gli obiettivi prefissati e quelli raggiunti e dà precise indicazioni su come ridurre tale distanza.

Non stupisce che tra i punti di riferimento di Giusti ci siano Mario Lodi con il Movimento di Cooperazione Educativa e Rodari, che nella Grammatica della fantasia ricorda che «non c’è un ascoltatore uguale a un altro»: nel volume l’importanza della diversificazione delle strategie didattiche e dell’individualizzazione dei percorsi è ampiamente sottolineata, facendo anche ricorso a recenti studi di Pietro Lucisano.

Tra le prospettive metodologiche più recenti, almeno per l’orizzonte italiano, significativo è lo spazio accordato al Writing and Reading Workshop, a partire dai modelli americani fino a Poletti Riz, Minuto e Golinelli. Senza entrare in questa sede nello specifico del WRW, ricordo che si tratta di una metodologia tesa a formare lettori e lettrici, scrittori e scrittrici per la vita, attraverso un approccio laboratoriale basato su pratiche attive di lettura e scrittura: si può imparare a scrivere, ovvero imparare a rendere la scrittura una risorsa personale e quotidiana, facendo molta pratica con la supervisione del docente.

Ancora una volta, si tratta di pratiche democratiche che muovono dalla convinzione che scrittori e lettori si possa diventare, a condizione che si esercitino la scrittura e la lettura ogni giorno, a partire da pagine che si accendano nello sguardo di chi legge.

Quanto al tema del canone, quasi esclusivamente maschile, che caratterizza l’insegnamento abituale della letteratura italiana, la proposta di Giusti non si limita ad aggiungere qualche autrice in più, ma apporta importanti riflessioni sempre nell’ottica della consapevolezza delle scelte autoriali che si fanno e delle idee di società e quindi di scuola che queste sottendono – riflessioni che non riassumo qui ma che invito a leggere direttamente – mettendo ad esempio in guardia sul rischio del “tokenismo”, quell’atteggiamento di una maggioranza che si limita a dare l’impressione di riconoscere i gruppi minoritari aggiungendo qualche nome qua e là, senza mettere in discussione criteri e sistemi, ma solo nell’ottica di un’inclusione apparente. L’insegnamento della letteratura potrebbe viceversa contribuire a «smettere di ragionare in termini di categorie anziché di persone», facendo riflettere sui meccanismi di esclusione e sottomissione realizzati dal potere ai danni di numerosi soggetti.

 

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Silvia Vitucci

Insegna Italiano e Latino al Liceo scientifico “Nomentano” di Roma

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