La scuola che vorrei. Un esperimento

Tempo di lettura stimato: 6 minuti
Si può parlare di pedagogia in classe? Secondo questa insegnante non solo si può, si deve. E con ottimi risultati.

La scuola travolta dall’emergenza Covid che in qualche modo si reinventa e cerca di mantenere, con modalità inedite, la dimensione di “comunità” della classe; la scuola che, ritornata in presenza, avverte il bisogno di rifondare il senso e il valore di concetti come apprendimento, lezione, valutazione ecc., in una sorta di anno zero. La costatazione, da insegnante, di quanto spesso, organismi e funzionamenti della scuola siano del tutto sconosciuti ai diretti interessati. Questi aspetti che mi sono trovata ad affrontare, in un caso per la prima volta, con la pandemia e quello che ne è conseguito, in un altro molte volte, ovvero la distanza tra alunni e alunne e le dinamiche della scuola, mi hanno suggerito, l’anno passato, di ripartire, con educazione civica, da chi della scuola è il motore o il cuore, a seconda della metafora che si preferisce.
Così, mettendo al centro gli alunni e le alunne, è scaturita l’idea di un lavoro che li/le portasse a confrontarsi con tanti aspetti di quel mondo in cui sono immersi molte ore del loro tempo, ogni giorno, così da far acquisire loro maggiore consapevolezza del ruolo che rivestono.

Abbiamo provato a ragionare sulle parole che conoscevano della scuola, come voti, intervallo, mensa, e altre ne ho suggerite io, come pedagogia. Sembra inverosimile, ma una disciplina che ruota tutta intorno ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze e al loro modo di relazionarsi con la conoscenza, è praticamente sconosciuta agli alunni e alle alunne, almeno fino a una certa età e a esclusione solo di qualche specifico indirizzo di studi.

E sì, si può parlare di pedagogia in una prima media, anche se la familiarità con la metacognizione è tutta da costruire. Sono stati presentati alcuni semplici nuclei teorici del pensiero di Malaguzzi, Rodari, Montessori, Piaget, Korczak, don Milani. I ragazzi e le ragazze hanno attribuito, così, un significato più giustificato al dialogo già aperto in classe sul metodo di studio, su ciò che favorisce e ciò che disturba l’apprendimento. Voi siete il fuoco di Vanessa Roghi ci ha fornito altri spunti di riflessione.

Ai ragazzi e alle ragazze è stato chiesto di pensare a quale immagine, metafora, fosse più adatta a rappresentarli/le, a simboleggiare il loro ruolo di studenti e studentesse. Il titolo, poi, è venuto da solo: La scuola che vorrei esprime un desiderio, una spinta dal basso; non ha la pretesa di essere realizzabile se non parzialmente. Può suonare utopistico, ma nel senso che all’utopia dà Rodari, nella Grammatica della fantasia: «E l’utopia non è meno educativa dello spirito critico».

La visione del film Vado a scuola di Pascal Plisson e la lettura di alcune convenzioni riguardanti l’infanzia hanno dimostrato che l’accesso all’istruzione non è scontato e facile in ogni parte del mondo, che i diritti dei bambini e delle bambine hanno bisogno di essere scritti per avere meno possibilità di essere ignorati. Insomma, si è cercato di fornire un quadro d’insieme, non certo esaustivo ma che facesse da sfondo alle conclusioni a cui poi ogni gruppo sarebbe arrivato, in autonomia, su una serie di aspetti della scuola scelti e individuati insieme in un brainstorming.

Il risultato finale è certamente imperfetto e per molti versi discutibile, ma rispecchia veramente il confronto che c’è stato all’interno dei gruppi, con l’insegnante fuori dai giochi. Il mio intento era anche questo: accendere una riflessione su un tema inedito a scuola, dove il confronto si facesse via via più motivato e più autonomo. E ciò che è accaduto, osservando i lavori, è che raramente il dialogo si è spento o si è perso tempo, all’interno dei gruppi. Anzi, le idee sono emerse quasi subito, complice il fatto che non c’era bisogno di immaginare una situazione lontana, perché quella situazione era sotto gli occhi di tutti e tutte e tutti i giorni. Casomai, in qualche caso, c’è stato un certo indulgere alla dimensione del gioco, a insistere sul trovare i tempi dello svago. E forse questo è un campanello di allarme che merita di essere ascoltato, su come l’orario delle nostre giornate scolastiche sia veramente stringente nel susseguirsi di tanti docenti e materie diverse. Ho inoltre supportato l’esecuzione materiale dei prodotti, perché non tutti i gruppi erano, sono, esperti nell’usare la tecnologia.

Infine c’è stato un confronto con altre due classi, una dell’IC in cui lavoro, la 1A, della prof.ssa Lucia Vincenzetti, e l’altra, la 3B della prof.ssa Enrica Leone dell’IC Montemiletto di Venticano (AV), che hanno commentato le conclusioni e i lavori dei miei alunni e delle mie alunne.

Nel mio modo di intendere la scuola questa non è un ambiente chiuso e separato dal resto del mondo, dove si vive una realtà estranea alla società, bensì un luogo di crescita e di condivisione, dove si impara la convivenza civile, a conoscere il mondo e a sviluppare il senso critico.

Altri progetti, come quello intitolato Hallo Namibia! che prevede uno scambio epistolare e di filmati, in lingua inglese, con ragazzi e ragazze di una onlus che opera in Namibia, realizzato da qualche anno tra la seconda e la terza, mi hanno permesso di mettere in pratica una didattica fatta di ponti e condivisioni, insieme alla collega di inglese, professoressa Demarchi.

Dal confronto con le due classi di cui parlavo sopra è ripartita la riflessione; i sei gruppi si sono resi conto che molte soluzioni potrebbero essere riviste, e quindi non sono da considerarsi date una volta per sempre. Dal mio punto di vista questo modo di procedere, che rinuncia alla linearità e alla semplicità, ma segue quell’umanità che così pienamente è espressa dai miei alunni e dalle mie alunne, è forse una pratica che più di altre è in grado di affiancare l’insegnante ai/alle giovani come facilitatore, nella libera scoperta e nella lettura del mondo.


Ecco i link ai 6 lavori della 1B, a.s. 2021-’22:

https://www.thinglink.com/scene/1568167887355510787 I Bellini

https://www.thinglink.com/scene/1570883404319162370 I Pinguini

https://www.thinglink.com/scene/1576685812425162754 I Creepers

https://read.bookcreator.com/o34RKcl19YWrqYgBpGiisx190mJ2/VxQ51CEAT8SYMcPisdAuOA I Vixiens

https://read.bookcreator.com/o34RKcl19YWrqYgBpGiisx190mJ2/jzADZb39RuiBUUThBVBbig Gli Arkaplanet

https://view.genial.ly/62729b3db8ed550011ddd914 Gli Umanoidi

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Barbara Lorenzoni

docente presso l’IC “Alighieri-Kennedy” di Torino.

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