StemDays: empowerment
 e nuove tecnologie

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A Torino nel 2021 si è svolta la prima edizione di un camp per colmare il gap di genere, usando un approccio scientifico. Intervista a Patrizia Ghiazza e Marzia Camarda

 

Due settimane immersive su temi di empowerment e tecnologia rivolte a 40 ragazze della città metropolitana di Torino, 16-17enni, con 4 laboratori tecnologici che hanno permesso di realizzare strumenti utilizzando l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata, la programmazione con le schede Arduino e con la stampa 3D.

Il camp StemDays è alla prima edizione ed è anche il primo progetto del nuovo corso della Fondazione Human+, che si è occupata per molti anni di ricerca e intervento sul tema dello sviluppo del capitale umano e che in questo ultimo anno ha riorientato la sua missione verso progetti a sostegno della parità di genere.

L’esigenza nasce dall’esperienza professionale della presidente Patrizia Ghiazza, imprenditrice ed esperta di leadership e di ricerca di profili manageriali per aziende di medie e grandi dimensioni, un ambito in cui le dirigenti sono ancora molto rare e la disparità di genere è evidente.

Facciamo qualche domanda a lei e a Marzia Camarda, consigliera di amministrazione della Fondazione ed esperta di questioni di genere.

 

Patrizia Ghiazza: come è nata l’idea di dare vita a StemDays?

L’idea del progetto nasce dal desiderio di avvicinare le ragazze alle competenze “del futuro” necessarie per entrare nel mercato del lavoro con il piede giusto, rimanerci e assumere via via ruoli di responsabilità.

Mi occupo da oltre 20 anni di competenze e di leadership e nel tempo ho maturato un profondo desiderio di vedere un bilanciamento nelle “stanze dei bottoni”, quella diversity in termini di genere e di età che oggi è indispensabile per comprendere e guidare il mondo attraversato dalla rivoluzione digitale e dalla transizione energetica.

Desidero contribuire nel sostenere le più giovani e infondere loro fiducia: le discipline scientifiche non sono fatte per soli uomini, le ragazze possono avvicinarsi, acquisire esperienza, immaginare una carriera, un’autonomia di guadagno e anche di spesa. È davvero arrivato il momento di rottamare il pregiudizio che le ragazze sono più portate per le materie umanistiche.

In che cosa consiste il progetto?

Desideriamo investire in un territorio, nello specifico quello torinese. Il bando era aperto a tutte le scuole superiori della città metropolitana di Torino (circa 100 istituti), hanno mandato la loro candidatura 97 ragazze 16-17enni appartenenti a istituti scolastici diversi e comuni diversi, sono state selezionate sulla base di un video da loro girato e scelte con criteri motivazionali. Le 40 ragazze scelte entrano dentro un percorso di formazione mirato: conoscenza di sé e del proprio potenziale, fiducia nell’altro e nel gruppo di lavoro, decostruzione di stereotipi, parlare in pubblico. Poi si entra nella fase “tecnologica immersiva”, e in sottogruppi si realizza un progetto apparentemente complesso a giudicare dai risultati ottenuti. Il tutto guidato da esperte ed esperti della formazione e dell’imprenditoria, e da startupper.

Abbiamo previsto questo tipo di percorso perché non è mai solo una questione di preparazione (che anzi, spesso le studentesse presentano in misura maggiore rispetto agli studenti), ma soprattutto di consapevolezza di sé, delle proprie scelte, di fiducia nel futuro e di smontaggio di alcuni stereotipi che a quell’età sono già interiorizzati.

Come è andata la prima edizione?

È andata così bene che abbiamo avuto più adesioni del previsto; soprattutto, ci ha sorpresi il livello dei progetti presentati: gli strumenti erano effettivamente e immediatamente utilizzabili, che fossero algoritmi per trovare una canzone o rivelatori di sostanze nocive nell’aria; era evidente la loro volontà di mettersi alla prova e di realizzare qualcosa di utile. Ci ha colpito moltissimo anche la trasformazione e la maturità acquisita: incredibile come in sole due settimane siano sbocciate: sono davvero in gamba! Sembra che queste ragazze stiano soprattutto aspettando delle occasioni per mostrare il proprio valore. Ora stiamo preparando la seconda edizione.

Che cosa vi aspettate per il futuro?

Le richieste sono state così tante che stiamo lavorando per rendere StemDays itinerante: è importante incidere sempre di più a livello numerico per fare davvero la differenza. Tra l’altro, questo farà sì che la sensibilizzazione aumenti a livello generale, nelle diverse scuole, aiutando sempre più studenti e studentesse a ragionare su questo tema e ad ampliare le proprie prospettive e a sviluppare un orientamento consapevole rispetto alle proprie scelte future.

Che caratteristiche dovrà avere secondo lei il lavoratore o la lavoratrice del futuro?

Siamo immersi in un mondo globalizzato, nel pieno di una pandemia, di una rivoluzione digitale, di un cambiamento climatico epocale. La complessità intorno a noi è elevatissima, e gli studi specialistici, verticali, non consentono di dare le giuste risposte. Dobbiamo investire su linguaggi universali, su meta-competenze che ci consentano fare quelle connessioni oggi richieste per affrontare queste sfide. Penso alla filosofia, all’etica, alla scienza, a una nuova ecologia che riscriva il rapporto uomo-natura. Chi oggi si forma così, domani farà Bingo!

 

Marzia Camarda: che cosa l’ha convinta di questo progetto?

Mi occupo di temi di genere da molti anni e credo che ci sia un enorme bisogno di concretizzare le azioni, di passare dalla teoria alla pratica; di parità di genere si parla molto spesso, ma alla prova dei fatti, come raccontava Patrizia, la forbice tra uomini e donne quando si tratta di opportunità lavorative (e non solo) è ancora troppo ampia. Bisogna attivare il più possibile delle azioni concrete e farlo anche in prospettiva (ecco perché, tra l’altro si è deciso di partire da un’età in cui le ragazze devono ancora compiere alcune scelte, per esempio quella dell’università).

Perché partire proprio dalla tecnologia?

Perché la tecnologia è la chiave di volta su cui poggiano le scelte che riguardano il nostro futuro e in generale è un ambiente che va ripensato in termini di equilibri di genere (e non solo).

Le aziende che producono tecnologie sono ancora immerse in una subcultura maschilista, e gli effetti di questo approccio rischiano di generare una società più iniqua; questo è evidente per esempio nel caso degli algoritmi che lavorano sul linguaggio naturale, per cui se l’algoritmo viene addestrato senza correttivi tende a diventare misogino (e razzista), per via dell’abbondanza di questo tipo di materiali circolanti su internet.
Per arrivare a una società più equa è necessario ripensare davvero i modelli culturali che vogliamo applicare alla tecnologia.

Il pregiudizio inconsapevole in ambito scientifico non riguarda solo gli algoritmi, e ha immense ricadute sulla nostra vita quotidiana: dalla medicina, che presenta farmaci con dosaggi standard (ma calibrati sugli uomini) che aumentano gli effetti collaterali per le donne, alla progettazione delle automobili, pensate usando come corpo “medio” il corpo maschile e facendo sì che in caso di incidente le donne abbiano il doppio di possibilità di decesso rispetto agli uomini; e così via (per farsi un’idea più precisa di quanto questa disparità incida in ogni campo nella nostra vita quotidiana consiglio di leggere Invisibili, di Caroline Criado-Perez, Einaudi, Torino 2019). È quindi vitale che le donne partecipino a quei processi decisionali, e per farlo devono conoscerli.

 

In termini di genere, la scelta di riservare il camp alle sole ragazze non rischia di risultare “segregante”?

Siamo partiti dalle ragazze perché esiste, appunto, un tema numerico e, ragionando in prospettiva, è necessario lavorare prima di tutto sulla riduzione del gap tra maschi e femmine in termini quantitativi. Tuttavia stiamo già studiando delle soluzioni combinate con ragazzi e ragazze, perché le ragazze dovranno misurarsi con i loro colleghi maschi ed è in quel momento, nel confronto e nel momento di compiere alcune scelte (come ad esempio quella ancora molto frequente: chi fa carriera, io o lui?) che si scopre davvero se gli stereotipi sono stati superati, ma soprattutto perché in realtà sono i modelli maschili a essere ancora troppo poco decostruiti.

Giustamente si lavora molto sull’empowerment femminile, ma una delle ragioni di questo squilibrio di genere in realtà risiede nel fatto che i modelli maschili (talvolta machisti, purtroppo) sono ancora messi poco in discussione, quindi arriva il momento in cui la giovane donna deve scegliere se conformarsi oppure no alle aspettative del suo compagno, che spesso non immagina neppure di dover ripensare il proprio modello. E accade ancora troppo spesso che le donne, quando desiderano ad esempio avere figli, si vedano costrette a rinunciare al proprio potenziale.

Quali sono le prospettive di questo progetto?

La prima cosa che vogliamo fare è continuare a seguire i progressi di queste ragazze nel tempo: questo progetto infatti ha anche l’obiettivo di raccogliere dei dati (a proposito di approccio scientifico) per capire quanto questa formazione incida sul loro reale percorso professionale e anche su quali siano effettivamente gli snodi cruciali nella vita delle ragazze e in che modo si possano sostenere. Lo scopo di questo progetto è contribuire a favorire un reale empowerment, e questo significa generare un coinvolgimento che non riguardi solo le STEM, ma in generale la consapevolezza di sé e la capacità di fare scelte autonome e ponderate, interrompendo il processo di autocensura preventiva che purtroppo riguarda ancora molte ragazze e giovani donne.

Inoltre il progetto è costruito in collaborazione con le Università di Torino e dell’Aquila: il nostro obiettivo però è ampliare la rete anche dal punto di vista di questo tipo di relazioni, in modo che una cultura tecnologica al femminile si diffonda, e soprattutto che il maggior numero di enti possibile partecipi alla costruzione di un humus culturale che possa dare vita a una società in cui i talenti di tutti e di tutte siano finalmente valorizzati.


L’edizione 2022 si terrà dal 14 giugno al 29 giugno, in presenza. Per iscriversi: https://www.stemdays.it/istruzioni-stemdays-torino-2022

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Marzia Camarda

è consulente indipendente del Gruppo Misto della Camera dei Deputati, consigliera di Piccolindustria, della Fondazione Einaudi, della Fondazione Burzio e della Fondazione Human+, direttrice editoriale di Enne, la rivista del Polo del ‘900, imprenditrice specializzata in AI applicata all’editoria, esperta di didattica e di gender equality.

Patrizia Ghiazza

è presidente Fondazione Human+.

Redazione La Ricerca

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