13: lotta al cambiamento climatico

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Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico è l’obiettivo 13 dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Il cambiamento climatico interessa i paesi di tutti i continenti. Esso sta sconvolgendo le economie nazionali, con costi alti per persone, comunità e paesi oggi, e che saranno ancora più gravi un domani.
Le persone stanno sperimentando gli impatti significativi del cambiamento climatico, quali ad esempio il mutamento delle condizioni meteorologiche, l’innalzamento del livello del mare e altri fenomeni meteorologici ancora più estremi. Le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dalle attività umane, sono la forza trainante del cambiamento climatico e continuano ad aumentare. Attualmente sono al loro livello più alto nella storia. Se non si prendono provvedimenti, si prevede che la temperatura media della superficie terrestre aumenterà nel corso del XXI secolo e probabilmente aumenterà di 3°C in questo secolo – alcune aree del pianeta sono destinate a un riscaldamento climatico ancora maggiore. Le persone più povere e vulnerabili sono le più esposte.
Attualmente ci sono soluzioni accessibili e flessibili per permettere ai paesi di diventare economie più pulite e resistenti. Il ritmo del cambiamento sta accelerando dato che sempre più persone utilizzano energie rinnovabili e mettono in pratica tutta una serie di misure che riducono le emissioni e aumentano gli sforzi di adattamento.
Tuttavia il cambiamento climatico è una sfida globale che non rispetta i confini nazionali. Le emissioni sono ovunque e riguardano tutti. È una questione che richiede soluzioni coordinate a livello internazionale e cooperazione al fine di aiutare i Paesi in via di sviluppo a muoversi verso un’economia a bassa emissione di carbonio. Per far fronte ai cambiamenti climatici, i paesi hanno firmato nel mese di aprile un accordo mondiale sul cambiamento climatico (Accordo di Parigi sul Clima).

Obiettivo 13 dell’Agenda 2030 dell’ONU

Il testo che descrive l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 13 specifica fin dalla prima riga uno degli aspetti più significativi del cambiamento climatico in corso, e cioè che è globale (interessa i paesi di tutti i continenti). Infatti esso sta interessando il 98% della superficie del pianeta.
E c’è di più: oltre a essere dappertutto, si sta verificando anche in modo sincrono, nello stesso momento. Si tratta di due specificità importanti dei cambiamenti climatici recenti rispetto a quelli delle epoche passate.
Clima che cambia significa non solo aumento della temperatura ma anche tutte le modifiche a catena nell’atmosfera (ad esempio l’aumento delle condizioni che portano ad eventi meteorologici estremi), negli oceani (il cui livello sale a ritmi sempre maggiori e che stanno diventando sempre più acidi), nella criosfera (i ghiacci stanno diminuendo in maniera significativa, nelle zone polari come in montagna), nella biosfera (stiamo assistendo a una drastica diminuzione della biodiversità, motore dell’evoluzione).
Gli ecosistemi stanno perdendo la loro capacità di fornire servizi essenziali per le società che da essi traggono sostegno come acqua, aria pura, legname, protezione. Ecco quindi che i cambiamenti nel clima si traducono in impatti diretti sul territorio in cui viviamo, e rischi concreti per la nostra salute e la nostra vita.

Cosa fare per evitare che la situazione peggiori in futuro? Se c’è qualcosa che l’epidemia di Coronavirus ci ha insegnato è che quando ci troviamo di fronte a un’emergenza che sentiamo vicina (è presente sul nostro territorio e ci sconvolge la quotidianità) sappiamo agire come individui e come collettività in modo compatto. L’ostacolo forse maggiore che abbiamo davanti nell’affrontare con la stessa determinazione anche i cambiamenti climatici è che essi non sono percepiti come un rischio vero e già presente, nonostante ne abbiamo già avuto diversi assaggi negli ultimi anni e la scienza ci dica da tempo che questa nostra percezione è sbagliata.
Allora forza: abbiamo poco tempo per evitare che la situazione precipiti verso condizioni climatiche finora mai esplorate e di possibile non ritorno, ma abbastanza per riuscirci se facciamo tutti insieme le cose giuste, seguendo le strade che la scienza ci indica.


L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.

Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

Obiettivo 13: fatti e cifre

Grazie al Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change) sappiamo che:

• Dal 1880 al 2012 la temperatura media globale è aumentata di circa 0,85°C. Per rendere l’idea, per ogni grado in aumento, il raccolto del grano cala del 5% circa. Tra il 1981 e il 200, a causa del clima più caldo, la produzione di mais, di grano e di altre coltivazioni principali è diminuita in maniera significativa a livello globale di 40 milioni di tonnellate all’anno

• Gli oceani si sono riscaldati, la neve e il ghiaccio sono diminuiti e il livello del mare si è alzato. Dal 1901 al 2010, il livello globale medio dei mari si è alzato di 19 cm, dato che gli oceani si sono espansi a causa del riscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacci. L’estensione del ghiaccio dell’Artico si è ritirata in ogni decade a partire dal 1979, con una perdita di 1,07 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio in ogni decade

• Si presenta per tutti un unico scenario: date le attuali concentrazioni e le continue emissioni di gas serra, è molto probabile che entro la fine di questo secolo, l’aumento della temperatura globale supererà 1,5°C rispetto al periodo dal 1850 al 1990. Gli oceani si riscalderanno e i ghiacci continueranno a sciogliersi. Si prevede che l’aumento medio del livello del mare raggiunga i 24-30 cm entro il 2065 e i 40-63 cm entro il 2100. Molti aspetti del cambiamento climatico persisteranno per molti secoli anche se non vi saranno emissioni di CO2

• Dal 1990 le emissioni globali di diossido di carbonio (CO2) sono aumentate del 50% circa

• Le emissioni sono aumentate più velocemente dal 2000 al 2010 rispetto alle tre decadi precedenti

• È ancora possibile limitare l’aumento della temperatura media a 2°C rispetto ai livelli pre-industriali utilizzando una vasta gamma di misure tecnologiche e modificando il nostro comportamento

• Un cambiamento istituzionale e tecnologico considerevole offrirà una possibilità migliore che mai che il riscaldamento globale non superi questa soglia.

Traguardi

13.1 Rafforzare in tutti i paesi la capacità di ripresa e di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali

13.2 Integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali

13.3 Migliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, la riduzione dell’impatto e l’allerta tempestiva

13.a Rendere effettivo l’impegno assunto dai partiti dei paesi sviluppati verso la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, che prevede la mobilizzazione – entro il 2020 – di 100 miliardi di dollari all’anno, provenienti da tutti i paesi aderenti all’impegno preso, da indirizzare ai bisogni dei paesi in via di sviluppo, in un contesto di azioni di mitigazione significative e di trasparenza nell’implementazione, e rendere pienamente operativo il prima possibile il Fondo Verde per il Clima attraverso la sua capitalizzazione

13.b Promuovere meccanismi per aumentare la capacità effettiva di pianificazione e gestione di interventi inerenti al cambiamento climatico nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, con particolare attenzione a donne e giovani e alle comunità locali e marginali

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Elisa Palazzi

È ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche e professoressa associata presso l’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca è incentrata sullo studio dei cambiamenti climatici nelle regioni di montagna, come le Alpi o le regioni Himalayane, con particolare attenzione ai cambiamenti osservati e attesi nel ciclo idrologico montano e agli impatti del riscaldamento sulle risorse idriche.

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