I libretti di Mal’Aria di Arrigo Bugiani, poeta – #2

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Alla scoperta di una delle più originali e solide iniziative editoriali del Novecento italiano, opera del lavoro ultratrentennale di un solo uomo supportato da una fitta comunità di lettori, di autori, di artisti e di tipografi. In questo secondo articolo (qui il primo) analizziamo l’opera e l’idea di arte ad essa connessa.
Documenti di Arrigo Bugiani conservati all’archivio A. Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze.

Architettura dell’opera
Ciascun libretto, al quale è dedicata la cura necessaria alla realizzazione di un libro di normali dimensioni, trova il suo posto all’interno di un progetto editoriale complesso, disegnato da Arrigo Bugiani, ideatore e realizzatore di ogni singolo pezzo del mosaico così come della sagoma che le tessere compongono nel corso del tempo.

La successione dei numeri, da 1 a 500 e poi, all’indietro, da 500 meno 1 a 500 meno 70 (con due soli buchi: il meno 62 e il meno 68), non corrisponde quindi alla successione cronologica. L’editore seguiva un suo piano e ogni libretto aveva una vicenda editoriale a sé stante, che poteva durare anche anni, come documentano le cartelle preparatorie raccolte oggi e conservate dall’Archivio contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Vieusseux di Firenze.

Ha raccontato Orso Bugiani nella Breve storia di Arrigo Bugiani poeta che i libretti “erano suddivisi in gruppi prima di sei, poi di dieci (verso la fine, però, l’ordine cedette al caso), omogenei per genere, o poesia o curiosità. Accadeva così che, secondo le disponibilità di materiale, due, tre o quattro gruppi fossero lavorati insieme, ciò che faceva sì che molti libretti restassero indietro, stampati appresso a quelli che nella numerazione venivano dopo”.

Al lettore di oggi i libretti appaiono organizzati in sei diverse centurie, ciascuna dotata di una sua particolare linea grafica. I libretti da 1 a 100 hanno la scritta che identifica l’appartenenza alla collezione collocata in basso e al centro del frontespizio, in carattere corsivo e con la parola MAL’ARIA tutta in maiuscolo.

L’editore seguiva un suo piano e ogni libretto aveva una vicenda editoriale a sé stante, che poteva durare anche anni.Il colophon dei libretti della prima centuria si basa su una medesima formula, di volta in volta personalizzata: “Di questo 1° libretto della rivista maremmana MAL’ARIA sono state impresse 500 copie in carta millerighe, ad opera della stamperia Lombardo di Genova. | Tutti i diritti sono riservati”.

I libretti della seconda centuria (da 101 a 200) variano nel frontespizio: la scritta I LIBRETTI DI MAL’ARIA, collocata sempre in basso e al centro, è tutta in carattere corsivo maiuscolo, e il numero di serie è collocato su un’altra riga, in numeri romani, preceduto e seguito da una linea lunga. Nel colophon scompare il riferimento alla rivista maremmana e si parla semplicemente di “libretto”. Da segnalare che nel caso del libretto 101, eccezionalmente, il numero di collana è spostato nella quarta di copertina.

Nella terza centuria i numeri d’ordine dei libretti tornano a essere arabi, e cambia la formula del colophon, che può iniziare con l’indicazione della data o della tipografia (“Al principio dell’anno 1975, nella stamperia di Colombo Cursi e Figlio editori in Pisa, sono state impresse cinquecento copie di questo libretto su carta a filigrana”). Il testo è centrato, e non più giustificato come nelle centurie precedenti. Il libretto 201 contiene nella quarta una lettera di Arrigo a Libero De Libero, con la quale l’editore dedica l’intera centuria all’amico poeta, riconoscendone un ruolo fondamentale “nella condotta dei libretti”.

Con la quarta centuria l’indicazione di collana diventa una sorta di logotipo, collocato in basso e al centro del frontespizio, col numero d’ordine ancora più in basso a sinistra, disallineato, oppure, in alcuni casi, allineato al centro.
I libretti da 401 a 500 portano il nome in alto, tutto minuscolo e su una linea, col numero arabo in basso centrato.
Con l’ultima centuria, quella dei 500 meno, la scritta torna in basso, su una riga, in caratteri maiuscoli, seguita, al centro della riga sottostante, dall’indicazione del numero (500 meno 1, 500 meno 2, eccetera).

Arrigo Bugiani e Amleto Pompili.

All’interno di ogni centuria ci sono le serie o collane. I primi sei libretti pubblicano documenti accompagnati da un’immagine stampata sul frontespizio; la seconda sestina, dal 7° al 12°, raccoglie pezzi di scrittori contemporanei; la terza, di nuovo, documenti, e poi ancora testi di autori contemporanei. Più rigoroso l’impianto della seconda centuria, che inizia con dieci documenti in riproduzione anastatica o trascritti, e prosegue con una collanina dialettale: dieci poesie d’autore (Firpo, Malabotta, Dell’Arco, Pierro, Luciani, Morandini e Marin) o anonime. In una nota di Carlo Betocchi al libretto 117 si trova un riferimento esplicito all’architettura della serie: “Tra i dieci foglietti dialettali che concorrono a formare la Centuria Seconda de «I Libretti di Mal’Aria»…”. Ci sono poi le collane dedicate alle arti visive, generalmente collocate all’inizio della seconda metà della centuria (da 151 a 160, da 251 a 260, da 351 a 361), ma anche altrove (da 481 a 490), perché i libretti da 451 a 460 sono dedicati a “Dieci ricche parlate nel paese Italia” (stampato in alto nella quarta di ciascun libretto). Altrettanto evidenti sono le serie Le lingue mozzate (da 361 a 370) e Filòlogo: s.m., amante della varia letteratura (da 441 a 450). I libretti da 311 a 320, addirittura, sono tenuti insieme da una custodia di cartone, hanno un titolo comune, Manipulus florum – a Eugenio Garin, e sono accompagnati da un indice dei testi: dieci scritti di altrettanti allievi del professore di storia della filosofia del Rinascimento della Scuola normale superiore di Pisa. Stessa cosa per i libretti da 500 meno 1 a 500 meno 10 (titolo comune Gli dei emergono dal mare), del marzo 1989, nei quali l’archeologo Paolo Enrico Arias pubblica il resoconto della scoperta di un tesoro sottomarino rinvenuto nel golfo di Piombino.

Se ne ricava, alla fine, la sensazione di un’opera unitaria, complessa, frutto dell’invenzione di un singolo editore-autore che per un periodo di tempo molto lungo, attraverso l’interazione attiva e partecipe con molte decine di persone, ha dato forma a un vero e proprio mondo di carta.

Diversi tipi di carta usata da Bugiani per confezionare i Libretti.

Un’idea di arte
Quando Arrigo Bugiani inizia a interessarsi di arte, verso la fine degli anni Venti del Novecento, domina l’idea che l’arte sia dissociata dalla vita. È un’idea condivisa dalle poetiche dell’arte per l’arte e dalle avanguardie storiche, le prime basate sulla convinzione che l’esperienza artistica trascenda l’esperienza comune, le seconde sull’opinione che l’arte dovesse creare le condizioni della sua stessa ricezione, rivoluzionando il senso stesso della vita e anticipando così un mondo migliore.

Per Bugiani la fruizione dell’arte sembra ricondotta sempre a un’esperienza comune, quotidiana, che riguarda tutti e tutte, poiché chiunque può vivere un’esperienza estetica.Cresciuto alla scuola degli scrittori cattolici della rivista «Frontespizio», assai vicina allo stato maggiore dell’ermetismo fiorentino (soprattutto a Carlo Bo), e assai distante dalle logiche e dalle politiche delle avanguardie, Bugiani sembra rimanere estraneo a questa visione di un’arte pura, assoluta, separata, assente. Per lui, anzi, la fruizione dell’arte sembra ricondotta sempre a un’esperienza comune, quotidiana, che riguarda tutti e tutte, poiché chiunque può vivere un’esperienza estetica – e per questo i suoi libretti nascono come opere popolari, fogli volanti, almanacchi, l’opposto dei libri d’artista, degli oggetti da collezione – e, inoltre, chiunque può produrre arte, se con questo termine si intende semplicemente un prodotto che sia in grado di far provare un’esperienza estetica ai suoi fruitori.

Dopo la seconda guerra mondiale, in Francia, l’artista Jean Dubuffet ha cominciato a proporre un’idea nuova, che consisteva – e consiste ancora – nel dare visibilità e senso alle opere d’arte degli alienati: persone spesso recluse in strutture manicomiali, che non pensano di produrre arte per il mercato o per il pubblico, ma che usano i linguaggio dell’arte (il disegno, la poesia, la scultura, la pittura…) per un proprio bisogno che non cerca riconoscimento. È l’idea di art brut espressa con chiarezza dallo stesso Dubuffet, oggi sostenuta con forza e coerenza dalla Collection de l’Art Brut di Losanna, in Svizzera. “Io credo falsa l’idea, pur molto diffusa, – afferma Dubuffet nel 1951 – secondo la quale solo pochi uomini, segnati dal destino, avrebbero il privilegio d’un mondo interiore che valga la pena di venire esternato. Non è la capacità di invenzione personale che manca: questa è la merce più diffusa nel mondo, ovunque ci siano uomini. Quel che manca a tutti coloro che vogliono fare dell’arte è prima di tutto il saper ricorrere ad essa”. All’arte, dunque, si ricorre non per stare sul mercato o per rivoluzionare – sempre stando sul mercato – le idee degli uomini e anticipare così l’utopia del futuro. All’arte si ricorre, in definitiva, per stare bene qui e ora, nel mondo. Sia come creatori, sia come fruitori.

Io credo falsa l’idea, pur molto diffusa, secondo la quale solo pochi uomini, segnati dal destino, avrebbero il privilegio d’un mondo interiore che valga la pena di venire esternato. Non è la capacità di invenzione personale che manca. Quel che manca a tutti coloro che vogliono fare dell’arte è prima di tutto il saper ricorrere ad essa. Jean DubuffetDistante dalle teorizzazioni estetiche e psicologiche di quegli anni, Bugiani tuttavia ha condotto la sua originale attività di editore-autore in un modo che potremmo avvicinare alle idee di Dubuffet piuttosto che a quelle dei suoi sodali ermetici.
Ne possiamo trovare conferma nell’uso disinvolto – e sempre coerente, perfettamente calato nel progetto dei libretti – delle opere dei bambini. Questi artisti inconsapevoli sono infatti una delle molte risorse – tutte messe sullo stesso livello, l’una accanto all’altra, e adoperate secondo il bisogno del compositore-tipografo-editore – a cui Arrigo ricorre per costruire i suoi libretti.
Il libretto 43, intitolato Anni dieci, raccoglie quattro “composizioni infantili collezionate da Fiore Mascheroni”, uno dei suoi eteronimi. Sono pezzi raccolti e conservati nell’arco di due decenni. Questa è una poesia del figlio Orso, datata 1945:

Divaga tra i monti
la nebbia,
e un violino
suona tra le case.

La nipote di sei anni Lucia è la protagonista del libretto 70, con due disegni e un micro racconto commentati dall’altro eteronimo, Basco Lazzeretti. E poi ci sono i disegni infantili usati per accompagnare testi in versi e in prosa (libretti 247, 389, 475).
Occorre essere pronti a toccare, annusare, guardare e poi osservare e leggere ciascun libretto. Alla ricerca di un senso che deve passare attraverso la concentrazione e il godimento. Proprio come se fossimo dei bambini.Tutti possono entrare nella collezione dei libretti, tutti devono poter fruire dei benefici della loro visione e lettura, senza preclusioni di età o di cultura, purché siano disposti ad accettare quest’unica regola: che chiunque può partecipare all’esperienza estetica. Per questo occorre essere pronti a toccare, annusare, guardare e poi osservare e leggere ciascun libretto. Alla ricerca di un senso che deve passare attraverso la concentrazione e il godimento. Proprio come se fossimo dei bambini.

Leggi anche I libretti di Mal’Aria di Arrigo Bugiani, poeta – #1

(continua)

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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