A dire il vero, si tratta di un’esigenza diffusa anche tra gli insegnanti di lingue straniere in Italia, espressa in modo chiaro e articolato dagli organizzatori della giornata di studio “Il testo letterario nell’apprendimento linguistico: esperienze a confronto”, che si è tenuta a Bologna il 13 maggio scorso, con il duplice scopo di discutere il ruolo fondamentale che ha l’impiego del testo letterario nello sviluppo delle competenze linguistico-culturali degli studenti della nostra scuola e di indagare l’utilità di un approccio linguistico e traduttologico al testo letterario, sia per l’educazione linguistica sia per la comprensione critica del testo letterario.
Sembra che, finalmente, dopo la svolta già avvenuta nell’ambito della ricerca filosofica e letteraria (recepita nel nostro paese solo in alcuni ambienti, ma non per questo da ritenersi meno rilevante), l’insegnamento letterario stia riuscendo a riscattarsi dal destino che gli era stato riservato alla fine degli anni Settanta dagli studi linguistici, quando si affermò il principio – legittimo in un certo senso – che l’educazione linguistica fosse propedeutica all’educazione letteraria e che l’insegnamento della letteratura andasse considerato una sorta di specializzazione dell’educazione linguistica, quasi fosse una sorta di microlingua. Dopo una tradizione secolare di insegnamento della lingua scritta attraverso lo studio e l’imitazione delle opere della letteratura, secondo il modello classico e poi umanistico, nelle moderne democrazie, e quindi anche nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, si è consumata una vera e propria guerra tra linguisti e letterati, conclusasi con la separazione degli ambiti di ricerca e di insegnamento, che, come si sente ancora dire da alcuni linguisti, dovrebbero essere separati anche nella persona dell’insegnante. Da una parte gli insegnanti di lingua, con una loro specifica formazione; dall’altra gli insegnanti di letteratura, che dovrebbero intervenire al momento opportuno con gli studenti che proseguono gli studi e vogliono acquisire competenze specificamente “letterarie”.
Ed ecco che invece, negli anni dieci del terzo millennio, gli insegnanti di lingua iniziano a chiedere di insegnare non tanto “la letteratura”, bensì la lingua “con la letteratura”, per usare una formula che ho cercato di chiarire alcuni fa nel mio Insegnare con la letteratura (Zanichelli 2011). Perché d’altronde è evidente che, per quanto la letteratura sia stata cordialmente messa alla porta, essa è poi rientrata dalla finestra, sotto forma di filastrocche, fiabe, canzoni, novelle e brani di romanzo che fin dalla scuola primaria gli insegnanti usano per imbastire attività didattiche basate sulla memorizzazione, sull’ascolto, sul lavoro di gruppo e, in generale, sullo sviluppo della creatività. Per qualcuno si tratterebbe di “letteratura per l’infanzia”, un settore specifico che in Italia è affidato alle cure dei docenti di letteratura italiana e che è oggetto di insegnamento nelle facoltà di Scienze della formazione.
Il punto è proprio questo. Per rispondere ai bisogni di chi chiede di usare la letteratura nei percorsi di studio – e io dico che non dovrebbe limitarsi alle questioni linguistiche, poiché, come sostiene Martha Nussbaum con l’avallo della ricerca scientifica, la fruizione delle opere della letteratura è alle fondamenta dello sviluppo dell’immaginazione narrativa e dell’empatia – occorre innanzitutto uscire dai confini disciplinari, contaminando le proprie idee e i propri strumenti almeno con quelli della pedagogia, della sociologia, dell’antropologia, della psicologia e delle neuroscienze. La linguistica stessa, per esempio, ha conosciuto uno straordinario sviluppo grazie alla contaminazione con la psicologia cognitiva e con le neuroscienze, mettendo a disposizione degli studiosi di letteratura interessati alla didattica nuovi strumenti concettuali per la comprensione dei processi cognitivi e fisiologici che sono alla base della lettura, come cercherò di illustrare in un prossimo articolo.
Insomma, in questo clima di rinnovamento, di fronte al cambiamento profondo del rapporto tra insegnamento e apprendimento, è possibile e auspicabile mettere a punto soluzioni che consentano di valorizzare al massimo le risorse disponibili. La letteratura è una di queste, e occorre usarla con maggior cura ma anche con maggiore efficacia.