Un rumore in sottofondo ci introduce nelle sale vuote del museo. Scopriamo a poco a poco l’origine del brusio: stanno lucidando i pavimenti in attesa dell’ingresso dei visitatori. Nessuna musica, nessuna voce fuori campo, nessuna intervista, nessun commento: i rumori che ci accompagnano nella visita sono quelli propri di un museo. Si presenta così National Gallery di Frederick Wiseman, Leone d’Oro alla Carriera alla 71a Mostra Cinematografica di Venezia. Non si tratta di un documentario tradizionale, prodotto pensando a un certo tipo di pubblico, al destinatario finale. Si tratta piuttosto di 180 minuti di visita, selezionati su 170 ore di ripresa, in cui, apparentemente liberi e senza guida, giriamo fra le sale, guardiamo le opere d’arte e le reazioni dei visitatori, scopriamo i problemi di un allestimento e partecipiamo alle riunioni del consiglio di amministrazione, entriamo nei laboratori di restauro, assistiamo a laboratori per non vedenti e a corsi di pittura.
Ci intromettiamo, visitatori invisibili, nelle visite guidate proposte dal museo per i diversi tipi di pubblico. E quindi spazio alla narrazione se si tratta di bambini, con la storia di Mosè attraverso i dipinti, o alle impressioni e alla passione di un’artista contemporanea nella visita di un gruppo di ragazzi: “L’arte parla di musica, di cinema, di filosofia, di matematica, di scienze, della vita: tutto quello che vi interessa si ritrova nell’arte”.
La prima opera su cui ci soffermiamo è l’Incoronazione della Vergine, una pala d’altare del 1371 di Jacopo di Cione e bottega. Non è una scelta scontata, ma è quella che ci permette di ascoltare una suggestiva spiegazione sull’illuminazione dei dipinti. Abituati a vedere i quadri esposti nei musei, con la luce artificiale che rende visibile ogni dettaglio, siamo invitati dalla guida a immaginare l’effetto che doveva fare un dipinto nell’oscurità di una chiesa, illuminato dalla luce tremolante delle candele che faceva risaltare gli inserti d’oro e dava vita alla figure sacre.
- National Gallery, un documentario di Frederick Wiseman
- L’incoronazione della Vergine di Jacopo Cioni, 1371
- Camille Pissarro, Boulevard Montmartre, effet de nuit, 1898
- Jean-Antoine Watteau, La gamme d’amour, 1717
- Frederick Wiseman all’interno del museo
Nel montaggio del documentario, il regista ci rivela più volte il suo interesse per i problemi relativi alla luce e all’illuminazione delle opere. Così come non nasconde il suo interesse per quello che avviene negli orari e negli spazi in cui i visitatori non sono ammessi. Lo stesso Wiseman, infatti, in un’intervista concessa a Arnaud Hée, rivela che durante le riprese, durate circa 12 settimane da metà gennaio a metà marzo 2012, una delle sue preoccupazioni era proprio quella di non perdere momenti importanti della vita del museo.
Spiamo silenziosamente la discussione fra il direttore del museo Nicholas Penny e la responsabile delle relazioni con il pubblico, che si pone il problema di come rispondere alle esigenze dei visitatori, come rendere gli “Antichi Maestri” essenziali per la vita di oggi, come convincere il pubblico ad avvicinarsi al museo. Comprendiamo sia il suo punto di vista che quello del direttore, che non vuole correre il rischio di abbassare troppo il livello delle proposte culturali.
Partecipiamo alle riunioni del consiglio di amministrazione: non ci sorprende sentir parlare di tagli al bilancio e scopriamo che anche un’istituzione prestigiosa come la National Gallery ha presentato un bilancio “prudente” per il 2012-2013, in grado di fronteggiare gli imprevisti.
Assistiamo allo sconcerto del direttore di fronte alla decisione di far coincidere il traguardo di una manifestazione sportiva a scopo benefico, Sport Relief, proprio con l’ingresso del museo, e alle discussioni sul rapporto fra il museo, la città e la cultura popolare.
Negli anni che ci separano da quando Wiseman ha girato queste scene, i costi di gestione del museo sono ulteriormente aumentati.
La decisione di Nicholas Penny di privatizzare alcuni settori del museo ha suscitato l’indignazione del personale del museo che in febbraio è sceso in sciopero. Ed è proprio di questi mesi la notizia che il nuovo direttore della National Gallery sarà Gabriele Finaldi, britannico di origine italiana, la cui nomina era stata appoggiata dallo stesso direttore uscente.
Nel documentario assistiamo a un laboratorio per non vedenti, in cui le mani dei visitatori percorrono, sotto la guida di un operatore, un disegno a rilievo di Camille Pissarro, Boulevard Montmartre la nuit, 1897, per cogliere prospettiva e punto di fuga, e scopriamo che nell’ambito del museo ci sono anche corsi di pittura con copia dal vero di modelli. Ci addentriamo nei laboratori di restauro, dove vengono illustrate le indagini relative al ritratto di Frederick Rihel a cavallo di Rembrandt, 1663 ca., e i moderni criteri del restauro, che deve essere reversibile per non invadere l’opera e lasciare aperta la strada a successivi interventi.
Passiamo da una conferenza all’intaglio di una cornice di legno, dall’allestimento di una mostra all’intervento degli attivisti di Greenpeace sulla facciata del museo in Trafalgar Square con il grande striscione “IT’S NO OIL PAINTING”, contro l’attività della Shell nell’Artico.
Da una mostra di grande richiamo, come Leonardo da Vinci: Painter at the Court of Milan, ci spostiamo alle discussioni in ambito ristretto degli esperti internazionali di Watteau a proposito dello spartito presente nel dipinto La gamme d’Amour (The Scale of Love), 1715-1718: si tratta di un vero spartito? Il pittore sapeva realmente suonare o quanto meno leggere la musica?
Attraversiamo le sale, guardiamo i visitatori esausti, a volte addormentati sui divanetti, o i pittori che copiano i dipinti, una pratica antica. Nel 2012 era ancora vietato scattare fotografie all’interno della National Gallery. Non potendo fronteggiare il dilagare di smartphone e tablet, molti musei hanno concesso l’autorizzazione a scattare foto per uso personale e non commerciale, e anche la National Gallery, nel frattempo, si è adeguata, vietando soltanto, per motivi di sicurezza, l’utilizzo delle pericolose aste per i selfie. Se girasse le stesse scene oggi, probabilmente Wiseman riprenderebbe i visitatori che si fotografano davanti a Rembrandt, sottolineando, con le immagini, come la possibilità di fotografare ed essere fotografati stia promuovendo una cultura del “non guardare”.
Lo scorrere del tempo è scandito dalla cupola di vetro del museo che lascia entrare nelle sale la luce per consentire una visione più naturale delle collezioni. Guardiamo le opere, mentre le opere sembrano guardare noi. Ci uniamo ad alcuni gruppi di visitatori, ci soffermiamo su alcuni dipinti e ne tralasciamo altri, che pure ci interesserebbero. Realizziamo in questo modo che la guida c’è, ed è fortissima: l’interpretazione del regista, che ci porta al centro della vita di una grande istituzione, fra i suoi operatori e il pubblico che la anima, in un dialogo di sguardi fra arte e cinema, fra cinema e museo.