Visibilità

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Oggi Italo Calvino avrebbe compiuto 90 anni. Vorrei ricordarlo attraverso una delle sue Lezioni americane meno note, quella sulla Visibilità che leggo con i miei studenti ogni anno all’inizio del corso universitario che tengo alla Sapienza. Visibilità: forse la più urgente fra le proposte da prendere in considerazione per il nostro millennio. Gianni Rodari, nella sua Grammatica della Fantasia ha scritto: “Un giorno, nei Frammenti di Novalis (1772-1801) trovai quello che dice: Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”. La lezione sulla Visibilità è parte di una Fantastica ancora tutta da scrivere.

“C’è un verso di Dante nel Purgatorio (XVII, 25) che dice: “Poi piovve dentro a l’alta fantasia”.
La mia conferenza di stasera partirà da questa costatazione:
la fantasia è un posto dove ci piove dentro”.

 

La storia è nota: il 6 giugno del 1984 Italo Calvino viene invitato a tenere un ciclo di lezioni all’Università di Harvard, sei per l’esattezza. Il tema, come si evince dal nome delle Lectures (Charles Eliot Norton Poetry Lectures), è quello della poetry, ovvero di ogni forma di espressione che in ambito letterario, musicale, figurativo sia ascrivibile allo spazio della comunicazione poetica.

Racconta la moglie Esther: “Presto diventarono un’ossessione, e un giorno mi disse di avere idee e materiali per almeno otto lezioni, e non soltanto le sei previste e obbligatorie”. In realtà non riuscirà a chiudere neanche la sesta, Consistency, che appare scolorita nell’elenco, segno visibile e in qualche modo profetico del suo destino sospeso.
Alcune delle Lezioni americane diventeranno classici citatissimi, la Leggerezza per esempio, o la Rapidità che inizia con la meravigliosa storia dell’imperatore Carlo Magno innamorato, per effetto di un anello magico, di una donna, di un vescovo e di un lago. Altre, come la Visibilità, avranno minore circolazione, forse perché all’apparenza meno universale e immediata, più ricca di spunti appartenenti a un immaginario privato dello scrittore, una sorta di ricognizione autobiografica sull’educazione sentimentale dell’autore attraverso l’universo delle immagini.
Eppure Visibilità è, fra le Lezioni, forse la più attuale perché pone un tema, che è quello dell’immaginario, e delle sue fonti, che riguarda, oggi, chiunque si avvicini alla scrittura in qualsiasi ambito, letterario, o divulgativo, poiché ci indica un modo per ragionare sulla fantasia e sul luogo, reale o metafisico, da cui piovono le immagini che la generano.

Italo Calvino, dunque, parte da Dante e dalla sua Commedia: “Siamo nel girone degli iracondi e Dante sta contemplando delle immagini che si formano direttamente nella sua mente, e che rappresentano esempi classici e biblici di ira punita; Dante capisce che queste immagini piovono dal cielo, cioè è Dio che gliele manda”.
La visione di queste immagini è una visione interiore, e si impone alle nostre facoltà e alle nostre volontà anche nostro malgrado poiché “nel ciel s’informa”. Punto luminoso e isolato nell’etere, distante e separato dalle immagini del quotidiano e dell’esperienza. “Ma per il poeta Dante – scrive Calvino – tutto il viaggio del personaggio Dante è come queste visioni; il poeta deve immaginare tanto ciò che il personaggio vede, quanto ciò che crede di vedere o sta sognando”.
Il cammino verso il Paradiso diventa, dunque, occasione per ragionare sulla fantasia, quella generata dalle parole, e quella generata dalle immagini, in un movimento uguale e contrario. Un “cinema mentale” che non cessa mai di proiettare immagini alla nostra visione interiore.

Dante non è certo l’unico che si interroga sul valore dell’immaginazione visiva nell’elaborazione del nostro pensiero; lo fa, per esempio anche sant’Ignazio nei suoi Esercizi spirituali: bisogna procedere, secondo il filosofo di Ippona, a una vera e propria “composizione visiva” del luogo nel quale contemplare Cristo, un luogo nel quale perdersi ma entro una cornice disegnata, ben delimitata, mai mistica. Visualizzare per giungere alla vicinanza di Dio, come se rivendicasse “per ogni cristiano la grandiosa dote visionaria di Dante e di Michelangelo”. Dipingere il divino nella mente per raggiungerlo in senso quasi fisico “Il primo punto è vedere le persone, ossia vedere Nostra Signora e Giuseppe e l’ancella e il bambino Gesù appena nato, facendo di me stesso un poveretto, un infimo indegno schiavo, guardandoli, contemplandoli e servendoli nelle loro necessità, come mi trovassi lì presente, con tutta la devozione e riverenza possibile; e poi riflettere su me stesso per ricavarne qualche profitto”. Da questa idea scenografica del rapporto con il divino nasce la grandiosità dell’iconografia della controriforma, ma, dice Calvino, “si trattava sempre di partire da un’immagina data, proposta dalla Chiesa stessa, non immaginata dal fedele”.

Questo affresco che ogni uomo può dipingere nella sua fantasia per raggiungere Dio è la libertà.
Una libertà sempre più rara a mano a mano che le immagini date, come quelle della Controriforma, pervadono il nostro paesaggio visivo; come si forma, infatti, l’immaginario in un’epoca nella quale immagini imposte da altri dispositivi piovono nella nostra mente.

caverna

“Dante aveva giustamente un alto concetto di se stesso, tanto da non farsi scrupolo di proclamare la diretta ispirazione divina delle sue visioni. Gli scrittori più vicini a noi (tranne qualche raro caso di vocazione profetica) stabiliscono collegamenti con emittenti terrene, come l’inconscio individuale o collettivo, il tempo ritrovato nelle sensazioni che riaffiorano dal tempo perduto, le epifanie o concentrazioni dell’essere in un singolo punto o istante”.
Processi che, pur non avendo un’ispirazione divina, sfuggono al nostro controllo: Calvino dunque compie un breve viaggio nella storia del concetto di immaginario, a partire da Jean Starobinski passando per Jung fino ad arrivare alla neuroscienza a lui contemporanea. Le dialettiche dell’immaginario indicate dalla Lezione rimandano a una tradizione filosofica che risale a Platone e al suo mito della caverna che Calvino legge in modo ambivalente: il visibile rischiara la conoscenza e le dà forma, il visibile abbaglia e riporta la mente nel caos come in un labirinto.

Come districarsi dunque in questo labirinto di immagini date?
“Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici, di pensare per immagini”.

 

Serve una pedagogia dell’immaginazione che aiuti a districarsi dalle immagini che piovono continuamente nella nostra fantasia. Calvino indica una strada possibile: riciclare le immagini in un nuovo contesto che ne cambi il significato, indicazione post moderna. Oppure fare vuoto per ripartire da zero: tendere al grado zero del racconto cercando di evitare ogni visualizzazione possibile. Moderni esercizi spirituali, utili nella didattica, utili nella scrittura. Difficile, per dire, scrivere di storia del ‘900 senza rifarsi a qualche immagine data dall’enorme repertorio visivo del secolo breve.
Oppure fare come Gianni Rodari, che ne La grammatica della fantasia ha scritto: “Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace e nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profondità, in tutte le direzioni mentre il sasso precipita smuovendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, sommuove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. (…) Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta, suoni, immagini, analogie, ricordi, significati e sogni”.
Immagini come sassi gettati nello stagno della nostra fantasia. Da riconoscere e rielaborare.

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Vanessa Roghi

Storica del tempo presente, ricercatrice indipendente, autrice di programmi di storia per Rai Tre. Bodini Fellow presso l’Italian Academy della Columbia University dal 2020 al 2021. Ha pubblicato, per Laterza, nel 2017 “La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole“, nel 2018 “Piccola città. Una storia comune di eroina“, nel 2020 “Lezioni di fantastica. Storia di Gianni Rodari“, nel 2022 “Il passero coraggioso. Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica“; nel 2021 per Einaudi Ragazzi “Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola”, nel 2022 per Mondadori “Eroina“.

Su twitter è @VaniuskaR

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