Cosimo è un agricoltore che gestisce con il fratello un piccolo allevamento di bufale e un fazzoletto di terra ereditato dal padre. Nonostante le pesanti intimidazioni, rifiuta di svendere la sua proprietà a una potente famiglia, che accanto ai suoi campi gestisce una discarica in cui si smaltiscono abusivamente rifiuti tossici. Quando scopre d’avere un tumore, provocato proprio dalle scorie della “Terra dei Fuochi”, Cosimo continua comunque a lottare contro il malaffare.
Il regista napoletano Diego Olivares, al suo secondo lungometraggio dopo una gavetta di documentari e corti, sceglie un registro narrativo ispirato a un sincero realismo. Olivares non cede alla tentazione di spettacolarizzare la malavita e di rendere commercialmente più appetibile la denuncia sociale seguendo le regole del genere crime o poliziesco. Decide di raccontare una quotidianità senza eroi o gangster, ma abitata da persone comuni, e forse per questo ancora più inquietante.
La messa in scena è volutamente disadorna, l’incedere del racconto quasi documentaristico, le inquadrature non concedono nulla al virtuosismo registico, ma sono solo funzionali a raccontare i fatti nudi e crudi. I dialoghi sono scarni, così spontanei da richiedere spesso i sottotitoli per tradurre il dialetto stretto.
È un cinema per sottrazione, che sente il bisogno di aderire alla realtà senza mediazioni, senza l’uso di artifici, senza il desiderio di confezionare una superficie esteticamente piacevole: tutt’altro. L’incipit del film ci butta subito in faccia le immagini incandescenti di bufale cosparse di benzina e bruciate vive in una stalla, per farci capire in quale universo stiamo entrando.
Lo sguardo della telecamera ci racconta la realtà, una normalità quotidiana distorta da una violenza talmente radicata da non fare più notizia. Così tutto diventa normale, bruciare una stalla, accettare 5.000 euro per portare un camion di rifiuti tossici in una cava o per riversare pericolosi liquami direttamente a terra. In questo piccolo mondo devastato dal malaffare un rispettabile avvocato, candidato sindaco, gestisce senza problemi anche gli interessi criminali della famiglia della moglie.
Il veleno vero di questa terra sembra non essere solo nel sottosuolo, violentato e inquinato, ma anche in una società che ha smarrito qualsiasi riferimento di valori e di etica.
Olivares costruisce un film di taglio realista, che sotto la trama del racconto disvela in trasparenza allusive metafore. Il veleno dei bidoni tossici non ha inquinato solo la terra, ma anche l’anima delle persone ripiegate solo sulla ricerca del denaro facile e della ricchezza da ostentare. Il tumore di Cosimo diventa simbolo del cancro che sta lavorando sottotraccia, minando le basi del territorio e ammorbando le generazioni future. Una metastasi inarrestabile percorre le falde sotterranee del casertano e le coscienze di persone, che forse senza accorgersene, vivono come un malato terminale, senza pensare al futuro, avvelenando addirittura i propri figli.
Questo disperato senso di mancanza di un domani, di diffusa miseria morale, di perdita di senso d’appartenenza a una comunità, di corruzione e indifferenza è il dato più sconcertante del film. Se le terre, forse, si potranno bonificare, quante generazioni ci vorranno per sconfiggere il cancro sociale della criminalità organizzata?
Veleno
Regia: Diego Olivares
Con: Massimiliano Gallo, Luisa Ranieri, Salvatore Esposito, Nando Paone,
Miriam Candurro, Gennaro Di Colandrea, Marianna Robustelli
Produzione: Italia, 2016
Durata: 103 minuti