La nostra associazione, EUROCLIO, è una fondazione con sede a L’Aia che riunisce più di settanta organizzazioni locali di docenti di storia ed educazione civica sparse in tutto il continente europeo. Si occupa di facilitare l’introduzione delle più recenti innovazioni didattiche nell’insegnamento della storia, dello sviluppo dei curricola scolatici, della formazione degli insegnanti, del controllo della qualità dei libri di testo e dei materiali per i docenti.
Già dall’epoca della sua fondazione, nel 1993, EUROCLIO aveva la consapevolezza che, al di là delle specifiche differenze nazionali, l’insegnamento della storia non era supportato da una comune coscienza europea. Tutt’altro: all’inizio degli anni Novanta i testi scolastici di alcuni Paesi presentavano ancora un inconfondibile approccio nazionalistico. La controprova venne in quegli anni del terzo convegno internazionale di EUROCLIO, dedicato all’analisi della conferenza di Potsdam del 1945, in cui gli insegnanti non riuscirono a superare le divergenze nazionali sulla valutazione di quell’episodio storico.
Ciò nonostante, la strategia dell’organizzazione era in quel periodo finalizzata a sviluppare la coscienza dell’importanza dell’insegnamento della storia senza per questo tentare di introdurre elementi di generalizzazione universalmente validi. EUROCLIO si limitava a diffondere buone pratiche didattiche, così come auspicato dalle Raccomandazioni per i Professori di Storia emanate nel 2001 dal Consiglio d’Europa. Un lavoro compiuto di concerto con EUstory, il progetto nato nel 2001 su iniziativa della Fondazione Körber di Amburgo, diventato ora una rete di ventidue fondazioni, finalizzato a promuovere l’educazione alla democrazia e alla cittadinanza europea attraverso lo studio della storia contemporanea.
Questi interventi di ordine didattico generale si dimostrarono però del tutto inadeguati. Dalle inchieste periodicamente condotte da EUROCLIO risultò che a partire dal 2000 l’interesse politico per un approccio storiografico di tipo nazionale era andato crescendo nei curricola scolastici di molti Paesi, con una conseguente diminuzione d’interesse per le tematiche europee. Divenne quindi evidente la necessità di un impegno politico in favore di progetti che ponessero la dimensione europea direttamente al centro dell’insegnamento.
La revisione critica dei manuali
Se esaminiamo retrospettivamente quanto è stato fatto in questo campo, bisogna in primo luogo citare il lavoro di comitati per la revisione dei manuali operanti in Paesi con una storia fortemente apparentata. Vi sono stati due importanti esempi storici di questo tipo di attività. Il primo è stata la Commissione Franco-tedesca per le Questioni Controverse nella Storia d’Europa, creata nel 1951. Il secondo è stato il Comitato Polacco-tedesco, che nel 1975, dopo un lavoro molto lungo e contrassegnato da amare controversie, ha messo a punto le Raccomandazioni per gli estensori dei manuali di geografia e storia nella Repubblica Federale Tedesca e in Polonia. Un lavoro importante, anche se l’implementazione effettiva di queste raccomandazioni era lasciata alla discrezione degli autori e degli editori.
L’attività di questi comitati è stata poi recepita dall’Istituto per la Ricerca Internazionale sui Libri di Testo, con sede a Braunschweig in Germania. Dedicata a Georg Eckert, un pedagogista tedesco attivo nella resistenza contro il nazifascismo, questa fondazione svolge analisi sui manuali scolastici di numerose discipline in Paesi sparsi in tutto il mondo ed ha come eminente scopo statutario quello di offrire alle autorità politiche ed educative suggerimenti per far sì che i testi scolastici diventino uno strumento efficace nel superare le barriere sociali e le incomprensioni fra gli Stati.
Le pubblicazioni sovranazionali
La vera sfida nella didattica della storia sarebbe però produrre manuali scolastici e risorse per gli insegnanti di tipo sovranazionale. Ma questa è una questione molto complessa, in cui entrano in gioco numerose variabili. La prima è che gli esperti del Consiglio Europeo si sono sempre opposti all’idea di un testo comune per tutti i Paesi dell’Unione, anche se d’altra parte, seguendo un approccio denominato “costruire la fiducia è importante”, lo stesso Consiglio Europeo si è fatto promotore di due testi unificati a livello regionale, relativi cioè ad aree particolarmente problematiche.
Il primo, pubblicato nel 1999 con il titolo History of the Baltic Countries, descrive la storia di Estonia, Lettonia e Lituania. Ben disegnato, pensato per un vasto pubblico e tradotto in tutte le lingue locali (estone, lettone, lituano e russo) oltre che in tedesco e in inglese, offre informazioni sia sulla storia dei Paesi baltici sia sul rapporto fra questi e il resto dell’Europa.
Dal punto di vista dei contenuti, però, non è stato un successo, soprattutto perché si è voluto mantenere la scansione cronologica tipica dei manuali tradizionali e ciò ha di fatto impedito agli autori di sviluppare una visione comune, dato che le tappe decisive della storia lituana sono cronologicamente sfalsate rispetto a quelle dei Paesi confinanti. Un insuccesso che ha insegnato come per questo tipo di testi sia preferibile un approccio tematico, più duttile e efficace nel delineare la mappa delle diversità e delle appartenenze comuni.
Il secondo testo pubblicato dal Consiglio d’Europa è stato The Black Sea, A history of Interaction, del 2004, un’attrattiva opera di divulgazione, sfortunatamente però disponibile solo in inglese, che tenta di unificare le vicende di Bulgaria, Georgia, Moldavia, Romania, Russia, Turchia e Ucraina. Anche in questo caso, però, nonostante lunghe discussioni, gli autori non sono riusciti ad abbandonare l’approccio tradizionale e sviluppare quindi un testo veramente condiviso; un insuccesso dovuto anche alla carenza di risorse economiche e ai lunghi tempi di esecuzione, due variabili veramente importanti in progetti internazionali e multilinguistici di questo tipo. Il risultato è un miscuglio di capitoli dedicati a tematiche nazionali presentate in un mero ordine cronologico.
Nonostante queste critiche, rimane l’eccezionalità di queste pubblicazioni, uniche nel loro genere per aver messo a confronto insegnanti di storia in aree geografiche in cui non esiste una tradizione di confronto culturale e anzi le relazioni fra gli Stati sono spesso altamente conflittuali, come nel caso del Caucaso.
Testi scolastici per la riconciliazione
Importante è stato anche il lavoro del Centro per la Democrazia e la Riconciliazione nel Sud Est europeo (CDRSEE), che sin dalla sua fondazione alla fine degli anni Novanta si interessa in particolare del ruolo giocato dai libri di storia scolastici nell’area dei Balcani. A partire dal 2005 ha prodotto tre testi di storia regionale: The Ottoman Empire; Nations and States in Southeast Europe; The Balkan Wars and TheSecond World War. Tutti editi a Tessalonica, dove si trova la sede del Centro, sono per ora pubblicati in inglese, anche se si spera di renderli disponibili in tutte le lingue parlate nella regione.
Per costituire un gruppo di lavoro variegato ma coeso, gli autori, tutti accademici universitari, hanno lavorato assieme a insegnanti di storia nei licei locali. Anche in questo caso, tuttavia, i risultati sono notevoli solo dal punto di vista meramente quantitativo, perché i testi sono corredati da una grande quantità di materiali, risorse e attività didattiche riguardanti la storia dell’area balcanica nel suo complesso. Rispetto alla qualità dei contenuti, invece, non si può dire che i singoli capitoli, affidati ognuno a un autore, riescano a integrarsi proponendo una visione comune dei fenomeni.
Ciò nonostante, nei primi anni l’uso di questi testi nelle scuole balcaniche è stato ostacolato dalle autorità politiche locali e osteggiato dall’opinione pubblica. Le resistenze hanno cominciato a venir meno solo dopo il 2007, tanto che l’ultima e recente edizione non ha suscitato ulteriori polemiche.
Problemi linguistici quasi insuperabili
Anche EUROCLIO ha prodotto testi a uso scolastico su scala sovranazionale. Il primo, New Ways to The Past, è stato pubblicato nel 2000 in estone, lettone e russo. Affronta due grandi questioni: la storia dei totalitarismi europei dal 1920 al 1940, affidata a un gruppo di insegnanti dell’Estonia, e il racconto delle conseguenze del regime sovietico sui Paesi del Baltico dal 1945 al 1991, affidato ai lettoni. Nonostante questa ripartizione tematica dei compiti e una revisione durata ben due anni, il risultato non è riuscito a superare i punti di vista nazionali.
Un secondo testo elaborato a cura di EUROCLIO tra il 2000 e il 2003 riguarda l’area dei Balcani: Change and Continuity in Everyday Life in Albania, Bulgaria and Macedonia 1945-2000, disponibile in albanese, bulgaro, macedone e inglese. In questo caso si è scelta una diversa strategia editoriale, affidando ogni capitolo a esperti di tutti gli Stati coinvolti: Albania, Bulgaria e Macedonia.
Nel 2003, infine, EUROCLIO ha prodotto Ordinary People in an Extraordinary Country, EveryDay Life in Bosnia and Herzegovina, Croatia and Serbia, una serie di venti lezioni sulla storia della Iugoslavia dal 1945 al 1990, proposte come testo scolastico comune per Bosnia, Erzegovina, Croazia e Serbia.
L’obiettivo era fornire un comune punto di vista sulla storia della Jugoslavia, un Paese che ormai non esiste più. Il risultato in questo caso può essere considerato positivo, dato che si è raggiunto un punto di vista unitario su alcune questioni altamente controverse, quali la violazione dei diritti umani durante la guerra, le atrocità commesse dai comunisti durante il secondo conflitto mondiale e la questione del Kosovo.
Problemi seri sono invece nati a proposito della lingua. Dopo lunghe discussioni si è deciso di usare per i testi autoriali le lingue nazionali (bosniaco, croato e serbo) e di lasciare i documenti storici di corredo nella loro lingua originale, aggiungendo note esplicative in latino.
La storia d’Europa (che non c’è)
Bisogna comunque ricordare che tutti i testi sinora considerati non sono in nessun caso veri e propri manuali scolastici ma materiali didattici a uso degli insegnanti. È un limite che ha soprattutto cause legali, perché in molti Paesi europei le pubblicazioni bi-multilinguistiche non sono ammesse dalle autorità scolastiche come libri di testo per gli studenti.
È una regola, questa, che finora ha visto una sola ma importante eccezione: il manuale Modern History after 1945: Histoire/Geschichte, Europa und die Welt seit 1945, pubblicato a Lipsia in edizione tedesca e francese e oggi usato come testo scolastico in numerosi istituti di entrambe le nazioni.
Vi è stato sinora un solo tentativo di sviluppare un testo scolastico di storia su scala europea. Risale al 1992 e fu promosso non da un’istituzione ma da un banchiere francese, Ferdinand Delouche, il quale prese l’iniziativa di organizzare un gruppo di dodici storici in rappresentanza di altrettanti Stati europei. Il risultato è Storia dell’Europa. Popoli e Paesi, in francese nell’edizione originale, la lingua che tutti gli autori hanno convenuto di utilizzare.
Organizzata secondo i tradizionali metodi didattici, senza l’ambizione di introdurre novità metodologiche, è stata un grande successo editoriale, tanto da essere stata tradotta in quindici lingue. Ma proprio in queste traduzioni si può rilevare la sopravvivenza di antiche abitudini patriottarde. L’esame comparativo eseguito dall’Istituto Eckert ha mostrato infatti piccole ma significative differenze: alcune immagini sono diverse, certe edizioni riportano determinate affermazioni e altre no. Attraverso l’adattamento linguistico riemergono a tratti l’orgoglio nazionale e un amor patrio che enfatizza le glorie e sottace le colpe storiche.
Tratto da: J. van der Leeuw Roord, A common textbook for Europe? Utopia or a Crucial Challenge?, in P. Bauer et al., Geschichtslernen, Innovation und Reflexion, Centaurus, Herbolzheim 2008.
Traduzione di Francesca Nicola.