La conoscenza di Remo Ceserani risale alla fine degli anni Settanta.
Con Lidia De Federicis avevamo progettato una storia letteraria per le scuole superiori di nuovo genere, per la quale era necessario individuare un coautore capace e disponibile. Proprio in quegli anni la rivista «Belfagor» presentava interventi diversi sul modo di affrontare l’insegnamento della letteratura. Quello proposto da Ceserani si avvicinava molto alle nostre aspettative.
Decisi di interpellarlo, e andai a incontrarlo a Pisa. Fu subito intesa, e da allora iniziarono incontri periodici a Torino, che si protrassero felicemente per anni.
Ne uscì un’opera monumentale, ove si pensi che fino ad allora l’uso contemplava l’adozione di soli tre volumi nel triennio superiore. Il Materiale e l’Immaginario – il titolo fu opera di Remo – constava invece di otto volumi, cui seguirono due volumi di “manuale”. Una rivoluzione, e anche una scommessa editoriale vinta.
Quello con Remo fu certamente tra gli incontri più felici della mia lunga carriera editoriale. La sua disponibilità umana era pari all’acutezza dell’ingegno. La sua amicizia è stata un dono inestimabile e prezioso. La sua fine – imprevista e feroce – una perdita inaccettabile.