In effetti, campane e campanelli scandiscono la nostra vita quotidiana: dai campanili, dalle torri civiche, ma anche nei passaggi a livello, sulle navi e sulle biciclette, al collo degli animali, una volta nelle case. È un campanello quello che usa il Presidente della Camera dei Deputati per dare inizio alle sedute e richiamare all’ordine; era il suono di un campanello quello che i cani di Pavlov associavano alla presenza del cibo nel famoso esperimento sui riflessi condizionati e, se ci facciamo caso, è l’icona di una campanella quella che ci indica sui social network, da Facebook a Youtube, se ci sono notifiche per noi.
Ci sono varie espressioni che rimandano alle campane nel linguaggio quotidiano, pensiamo a “ascoltare tutte e due le campane” per indicare la necessità di sentire due versioni diverse dello stesso fatto prima di farsi un’opinione, “sordo come una campana”, “campanello d’allarme”; senza dimenticare i pantaloni a campana (o a zampa di elefante) e le maglie con le maniche scampanate, di gran moda negli anni Sessanta e Settanta, ma ciclicamente riproposti negli anni, anche di recente.
Troppo lungo sarebbe l’elenco delle campane presenti in poesia e letteratura: da Pascoli a D’Annunzio, Trilussa, Apollinaire, Rimbaud, Baudelaire, Edgar Allan Poe, per non parlare di Victor Hugo e del suo campanaro deforme in Notre-Dame de Paris; e campane sono rappresentate nell’arte: dall’Angelus di Jean-François Millet (1858-1859), dove sono idealmente presenti, alla Melancholia I o Melencolia (1514) del grande incisore e pittore tedesco Albrecht Dürer, opera ricca di riferimenti simbolici ed esoterici, alla campanella spesso presente nelle rappresentazioni di Sant’Antonio Abate, al prezioso campanello cesellato nel bellissimo ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici (il futuro Clemente VII) e Luigi de’ Rossi di Raffaello (1518 ca.).
Eppure non pensavo che esistessero musei dedicati alle campane, come il Museo Veneto delle Campane “Daciano Colbachini”, che raccoglie campane di epoche diverse provenienti da varie parti del mondo, ponendosi come la più ricca collezione in Italia e ai primi posti in Europa.
- Muvec, il Museo Veneto delle Campane ospitato nella Villa Fogazzaro Roi Colbachini, Montegalda (VI)
- Muvec, Montegalda (VI), panoramici suoni.
- Muvec, Montegalda (VI), passeggiata nel parco.
- Muvec, Montegalda (VI), una delle sale espositive.
Il Muvec, che pure non è il museo di rappresentanza di una particolare fonderia, sorge grazie alla Fonderia Colbachini, nata nel 1745 e nel 1898 insignita del titolo di Fonderia Pontificia. Istituito nel 2002 a Montegalda, in provincia di Vicenza, sotto la guida della prima direttrice, Chiara Donà, è un museo in controtendenza, senza particolari supporti multimediali, senza realtà virtuale, senza realtà aumentata e videogiochi (strumenti per altro molto utili in altri casi), a dimostrare che, se un museo sa comunicare e sceglie bene i suoi operatori, non ha bisogno di ricorrere a chissà quali mezzi per presentarsi.
E di sicuro non avevo mai pensato che c’è chi suona (e ama) le campane. Un vecchio sacrestano – al massimo mi poteva venire in mente Don Camillo – ma certo non immaginavo che esistessero scuole campanarie, e sicuramente non mi sarei aspettata di trovare giovani e anche giovanissimi campanari (nella Scuola Campanaria di San Marco a Vicenza, il mio preferito: Daniele, di 11 anni).
- Muvec, Montegalda (VI), il concerto dei campanelli. Da sinistra: Livio Zambotto, Giulia dalla Montà, Nicola Ferraro, Daniele Maculan, Francesco Marangon e Fabio la Neve.
- Muvec, Montegalda (VI), il concerto dei campanelli. Da sinistra: Livio Zambotto, Giulia dalla Montà, Nicola Ferraro, Daniele Maculan.
Il museo presenta una ricca offerta didattica e culturale, con itinerari specifici rivolti alle scuole, come la caccia al tesoro tra le campane “Alla ricerca del Santo”, l’esperienza sensoriale tra le piante del parco o quella ai tasti del carillon, e propone attività diverse a seconda della stagione: in novembre l’iniziativa San Martino e la zucca fiorita, e, prevista per il 29 dicembre, Dodici giorni di Natale. Musiche e racconti.
E così, in settembre, ho partecipato alla giornata Panoramici suoni, un insieme di musica, arte, letteratura e natura, per cercare di capire qualcosa in più su questo mondo a me sconosciuto.
Ed è proprio un Maestro campanaro, Livio Zambotto, a introdurci nel vivo dell’argomento con il suono del carillon, un’invenzione belga di cinque secoli fa che consiste in un insieme di campane suonate per mezzo di una tastiera meccanica collegata ai battagli. Non solo musica sacra, l’Ave Maria di Lourdes, Sei la gioia mio Signore di Bach, ma anche Dolce Sentire, e poi un valzer, La Canzone del Piave e addirittura il Can Can.
- Muvec, Montegalda (VI), all’interno del museo, Livio Zambotto racconta come nasce una campana.
Come ci ricorda Livio Zambotto, le campane, nate in Cina in piena età del bronzo, rappresentano un modo di comunicare. E l’Italia, unificata solo da 157 anni, si distingue dagli altri paesi perché ha mantenuto le differenze locali nel modo di suonarle. Ascoltiamo come si suonano le campane nelle diverse regioni d’Italia e così scopriamo anche che in molti film e telefilm, Don Matteo compreso, il suono delle campane non corrisponde a quello reale della località, e che nel Dottor Zivago, ambientato in Russia, il suono delle campane è quello all’inglese. Si salva, per fortuna, proprio il mio amato Don Camillo: il suono delle campane è effettivamente quello di Brescello. Suggestivo da sentire, e bello anche da veder suonare, il carillon diventa un’attrazione irresistibile per i bambini che vi si affollano intorno.
Si parte quindi alla scoperta della natura intorno al museo, ospitato nella Villa Fogazzaro Roi Colbachini, circondata da circa 95.000 m2di parco. Un parco letterario: è qui che Antonio Fogazzaro, più noto per Piccolo Mondo Antico e Malombra, ha ambientato parte di Piccolo Mondo Moderno. Ed è lo zio dello scrittore vicentino, don Giuseppe Fogazzaro, che ritroviamo nel romanzo nel personaggio di don Giuseppe Flores.
La storica dell’arte Daniela Giordani ci racconta la storia del parco e della villa conducendoci verso la cima del Monte Roccolo, dove ci attende la Scuola Campanaria di San Marco (soddisfazione femminile, c’è anche una ragazza!), con un concerto di campanelli. Una tradizione inglese, quella degli handbells, portata in Italia circa 30 anni fa e di cui la Scuola di San Marco di Vicenza, che quest’anno celebra il centenario della fondazione, è attualmente l’unica rappresentante italiana.
Il suono dei campanelli, tanto più se ascoltati seduti nell’erba, è rilassante. A un certo punto Livio Zambotto ci chiede di chiudere gli occhi, ascoltare i campanelli e lasciare spazio alle immagini. Io non ho detto a nessuno cosa avevo visualizzato: un paesaggio di ghiaccio pieno di vita, con tanto di castello di ghiaccio e persone che pattinavano su un laghetto. Mancava solo Frozen: una fiaba, insomma.
Ben organizzata, e rispettosa degli orari proposti nel programma, la visita si conclude all’interno del museo. Qui scopriamo come nascono le campane, la loro storia, la differenza di forme e dimensioni, accompagnati ancora una volta da Daniela Giordani, Livio Zambotto e dal nuovo direttore del museo, Francesco Donà. Mi soffermo davanti al pannello relativo alle requisizioni di campane in tempo di guerra per recuperarne il metallo a fini bellici, il campo che mi è più familiare. La visita è finita e mi ha lasciato un misto di soddisfazione e serenità. Ho imparato cose nuove da persone competenti e appassionate, ho fatto una passeggiata in un bellissimo parco, ho sentito suonare campane e campanelli.
Penso che abbia ragione la mia amica: il suono delle campane è talmente radicato nella nostra vita quotidiana che probabilmente ce ne accorgiamo soltanto quando ci manca.
Nel mio caso, le campane hanno influito sulla mia vita scolastica. Quando ero piccola guardavo mio fratello, maggiore di 4 anni, che faceva i compiti. E così studiavo anch’io, e imparavo a scrivere per conto mio, senza controllo. Finché i miei genitori scoprirono che stavo sì imparando a scrivere, ma da destra a sinistra. Visto che sono nata in febbraio, decisero di mandarmi a scuola un anno prima, a 5 anni. Il motivo della loro decisione era stato un disegno con accanto la scritta “nid nod”. Ma le parole andavano lette da destra a sinistra, “din don”: avevo disegnato campane.
Museo Veneto delle Campane
Villa Fogazzaro Colbachini
Via A. Fogazzaro, 3
36047 Montegalda (VI)
Tel. +39 0444 737526
Fax +39 0444 735623
https://www.facebook.com/muvec/
Per approfondire:
Muvec. I capolavori dell’Arte Fusoria, a cura di Manuel Brun, Muvec, 2018.
Francesco Soletti e Livio Zambotto, Vicenza campane e campanari, Treviso, ZeL edizioni, 2018.