Tra i tanti record che possono essere attribuiti a Il materiale e l’immaginario possiamo annoverare: il numero di recensioni e di citazioni sui quotidiani e sulle riviste letterarie, la qualità e la notorietà dei recensori, e perfino la ricchezza di aggettivi e metafore usate per descrivere l’opera, definita di volta in volta «radicalmente innovatrice», «elitaria», «utilissima», una «bomba tra le pareti scolastiche»1, «un’autentica provocazione», «una brillante radiografia della cultura europea», «innovazione radicale», «svolta coraggiosa», «coraggioso tentativo», «materiale prepotente», «magazzino di lavoro», «caos iperculturalistico», «puzzle da costruire», «labirinto», «labirintico laboratorio», «grande enciclopedia dell’immaginario», «enciclopedismo postmoderno», «progetto culturale nuovo e ambizioso», «progetto politico», «utopia concreta», fino ad arrivare all’estremo barocchismo di «una bancarella carica di centinaia di camicie e verdure, accatastate e rimescolate con ciabatte e cornici e topi morti e sacchetti di plastica», degno della penna di un grande scrittore come Alberto Arbasino.
Quotidiani, riviste e conversazioni
Il discorso pubblico su quest’opera, uscita in tre diverse versioni (la grigia, la rossa e la blu), per un totale di ventuno volumi, tra il 1979 e il 1993, inizia nel 1980 con un articolo di Massimo Romano sul supplemento «Tuttolibri» del quotidiano «La Stampa» di Torino. Il pezzo, intitolato Per smontare la letteratura, individua alcune delle principali novità dell’opera: il superamento e l’integrazione dell’opposizione di antologia e storia della letteratura; l’attenzione al rapporto tra opera letteraria e strutture sociali, ideologiche e mentali del suo tempo; il linguaggio privo di compiacimenti retorici, «chiaro e aggiornato nella terminologia critica ma senza concessioni alle espressioni di moda»; la flessibilità didattica, che richiede al docente di ritagliare dei percorsi di lettura e di coinvolgere gli studenti in percorsi di ricerca.
Il primato della recensione accademica spetta alla giovane ricercatrice Lucienne Kroha, che nel 1981 sulla rivista ufficiale della Canadian Association for Italian Studies ricostruisce le basi teoriche del lavoro di Ceserani e De Federicis e ne descrive accuratamente la struttura, mettendone in evidenza alcune delle principali implicazioni, tra cui il venir meno della distinzione tra autori maggiori e minori, e tra autori e critici, storici o sociologi.
A Umberto Eco, inoltre, dobbiamo la prima occasione di confronto pubblico tra Ceserani e De Federicis con Alessandro Castellari ed Emilio Pasquini, a loro volta autori di un meno fortunato manuale di letteratura. Nel 1983, sulla rivista «Alfabeta» esce un lungo articolo intitolato La scolastica, nel quale il grande semiologo e scrittore rivolge ai suoi interlocutori una domanda che rivela tutta la sua ammirazione per l’opera – da lui definita «non solo un’antologia, ma un magazzino di lavoro» – e, anche, una legittima preoccupazione per il suo uso didattico:
Ora, chi pensate debba usare uno strumento di tale complessità? Io dico subito che questa vostra antologia per me è sovente uno strumento di consultazione. Ma, in un liceo classico o scientifico, chi lo usa? Lo studente con una lettura libera e forsennata, “decostruttiva” e “desiderante”? Lo usa un professore assai dotato, che sa manovrare questo materiale, o chi, o come?
La fiducia nel pubblico, l’ottimismo, la carica riformatrice
De Federicis e Ceserani non hanno esitazioni; la loro opera si presenta come un organismo flessibile, in cui le singole parti sono interconesse in modo da favorire la creazione di una molteplicità di percorsi: una «combinatoria» che invita ogni lettore e lettrice a esercitare il proprio diritto di scelta e a seguire la propria curiosità, lasciandosi guidare dalla segnaletica fornita dagli autori.
Ha ragione dunque Guido Almansi, uno dei critici più severi del lavoro di Ceserani e De Federicis, quando in un suo articolo su «La Repubblica» del 1988 scrive che forse «questa antologia è fondamentalmente elitaria, perché richiede ottimi insegnanti e studenti vivaci e interessati». Il materiale e l’immaginario – si legge in un lungo articolo di Nicola Merola uscito su «Belfagor» nel 1995 – è un’opera che invita il suo fruitore «a una simulazione di ricerca» poiché
Anziché porgergli su un piatto d’argento e comunque in forma di narrazione già organizzata i risultati delle proprie indagini, gli autori hanno predisposto tutta la documentazione utile e l’hanno corredata di una essenziale segnaletica per un primo orientamento, oltre che presentata commentata collegata alla rete.
L’autentico shock causato dal Materiale e l’immaginario, ha osservato acutamente Paolo Giovanetti in un importante saggio intitolato A chi servono le antologie (1991),
è stato quanto di più benefico si potesse chiedere per gli endemici mali della scuola italiana, ha costituto un’autentica provocazione che ha indotto molti insegnanti a rivedere i propri parametri e ad aggiornarsi.
E il milione di copie vendute, dunque, testimonia una fiducia ben riposta dagli autori e dall’editore, che hanno creduto che fosse possibile soddisfare i bisogni di un pubblico di docenti e studenti interessati a provare un’esperienza di apprendimento inedita e tuttavia alla portata di tutte e di tutti.
Paolo Giovannetti: La distruzione delle certezze
Se un giorno verrà scritta una storia del libro scolastico in Italia, un lungo e articolato capitolo dovrà essere dedicato, senza alcun dubbio, a quell’antologia della letteratura italiana «per i trienni delle scuole medie superiori» che porta il titolo Il materiale e l’immaginario. Difficile spiegare esattamente non tanto (o non solo) come quest’opera è fatta, ma soprattutto quale impatto ha avuto sulla scuola, quali reazioni ha suscitato presso i docenti e gli studenti. Improvvisamente, gli autori-curatori Remo Ceserani e Lidia De Federicis distruggevano quasi tutte le certezze su cui l’insegnamento scolastico della letteratura si era fin lì fondato. Paolo Giovannetti, A chi servono le antologie, in Tirature ’91, a cura di V. Spinazzola, Einaudi, Torino 1991, pp. 119-125, a p. 119. |
Una nuova generazione di libri di testo?
Già alla metà degli anni Ottanta, quando ancora non sono usciti tutti e dieci i volumi, agli addetti ai lavori risulta chiaro che Il materiale e l’immaginario ha inaugurato una nuova generazione di libri di testo. Raul Mordenti, uno dei primi studiosi italiani di didattica della letteratura, assegna un ruolo decisivo a quest’opera in un suo articolo intitolato Il dibattito sulla didattica della letteratura in Italia (1982-1986). In quello che Mordenti definisce un «quinquennio di pacificazione», poiché coesistono, nel dibattito pubblico e nei manuali scolastici e universitari, diverse tendenze critiche, l’opera di Ceserani e De Federicis rappresenta il testo più significativo della «seconda generazione» di manuali, che nonostante le sue imperfezioni e contraddizioni «sembrava aver segnato un “punto di non ritorno” per la manualistica scolastica e sancito l’esaurimento della forma grande-narrativa della storiografia letteraria ad uso scolastico nonché del suo inevitabile e coerente supporto antologico».
In realtà, come nota lo stesso Mordenti, non è stato così, e dopo questo coraggioso tentativo si assiste a una ripresa graduale dei caratteristici generi letterari della storia letteraria e dell’antologia.
Pro e contro la contemporaneità
L’uscita dell’ultimo volume della prima edizione, intitolato La ricerca letteraria e la contemporaneità (1988), scatena le reazioni più disparate, dalla rabbia all’entusiasmo, dalla preoccupazione alla riconoscenza.
Il primo ad accorgersi – con fastidio – della novità rappresentata da questo libro è lo scrittore Alberto Arbasino, che dedica all’argomento un elzeviro sul quotidiano «La Repubblica». Inesperto di scuola e di didattica, Arbasino dice di aver provato a mettersi «nelle scarpe dei piccoli utenti», rappresentati in maniera stereotipata come soggetti refrattari allo studio letterario e quindi incapaci di apprezzare questo «sterminato volume»,
884 pagine, di un colossale Laboratorio di analisi che coinvolge e processa i dati materiali, i soggetti sociali, le istituzioni, i modelli culturali, il sistema delle forme letterarie, il lavoro critico. Ed è pieno di indicazioni difficili, come nelle hamburgerie informatiche: Mat 157, T119a, T119b… Piaceranno, ai giovani che gradiscono per lo più la televisione, il computer, il rock? O loro non reagiranno come quando, alla loro età, si veniva trascinati e obbligati a pregare sulla tomba della beata in una cripta gelida, a tirar di scherma con maschera di fil di ferro ai comandi di un ex-ufficiale dell’esercito, ad applaudire l’Iris e la Loreley in un palchetto all’opera, a ballar la polka con le compagne più racchie al Circolo?
Nonostante l’impressione che parlare del libro sia soprattutto il pretesto per compiere un esercizio di stile, Arbasino rivela il suo fastidio per la grande mole di materiali non letterari che documentano la storia culturale degli anni Sessanta e Settanta, offrendone un ritratto farraginoso, in cui lo scrittore non si riconosce.
L’articolo, che esce il 25 marzo del 1989, è seguito da un elzeviro di segno opposto, scritto e pubblicato – forse a titolo di risarcimento? – da una delle firme più prestigiose del giornale, Beniamino Placido, che attacca il suo pezzo con queste parole inequivocabili:
Come tutti, ho salutato anch’io con gioia l’arrivo del nono ed ultimo volume di quell’utilissima antologia-enciclopedia della Letteratura che è Il materiale e l’immaginario di Remo Ceserani e Lidia De Federicis, pubblicata dalla Loescher. Dopo averlo accuratamente soppesato (pagg. 884, lire 36.400), e dopo averlo sistemato al suo posto fra i volumi, ottavo e decimo, già usciti da tempo, l’ho affettuosamente sfogliato. C’è tutto. Tutto quello che può interessare, come annuncia il sottotitolo, La ricerca letteraria e la contemporaneità. La Scuola di Francoforte e quella di Barbiana. Il Gruppo 47 (tedesco) e il Gruppo 63 (italiano). Le avanguardie, le rivoluzioni e le contestazioni: del ’68 e del ’77. C’è anche una sezione dedicata alle comunicazioni di massa (come potrebbe non esserci?).
Il 26 aprile è il turno del poeta e critico Franco Fortini, che sul «Corriere della Sera» pubblica un articolo intitolato Un materiale prepotente, nel quale questo nono volume del Ceserani-De Federicis è senza mezzi termini definito come
opera di tale impegno, complessità e incidenza sociale che in un Paese meno distratto del nostro dovrebbe ricevere triplicata l’attenzione che si regala al primo premiatissimo romanzetto. Vi si propone ai giovani nientemeno che una sistemazione storica e ideologica dello scorso venticinquennio.
Tuttavia, pur riconoscendo tra l’altro il merito di costringere l’insegnante ad affrontare criticamente il problema dell’insegnamento della contemporaneità, Fortini non risparmia critiche all’opera, il cui pluralismo liberaldemocratico è considerato inaccettabile.
Sono argomenti che anticipano le posizioni di Emanuele Zinato e di Romano Luperini, che dalle pagine della rivista «Allegoria» metteranno alla berlina l’ideologia postmoderna che sarebbe sottesa all’impianto dell’opera. Il materiale e l’immaginario, scrive Luperini in un suo articolo del 1993 poi ripubblicato nel 2000 nel suo libro Insegnare la letteratura oggi,
si presenta anche come un progetto politico per le scuole: un progetto “illuminato”, una sorta di enciclopedismo postmoderno, in cui ogni dettaglio viene squadernato accanto agli altri, in un grande e ordinato caos, senza “profondità” e senza “spessore”, e tuttavia con un’aspirazione alla completezza.
Tornando al 1989, il 24 maggio ancora su «La Repubblica» interviene l’anglista Guido Almansi, anch’egli irritato da quella che definisce una «tuttologia pseudo-scientifica», per cui
il grande romanzo, la poesiola sessantottina, il film di fantascienza, il documento politico di un gruppo rivoluzionario, il testo di una canzone di Bob Dylan, Samuel Beckett e Malcolm X, Eugenio Montale e Goffredo Fofi, Picasso e Paolo Poli, il film L’arancia meccanica e Giorgio Manganelli, tutto è messo nello stesso raccoglitore.
Di tenore analogo è la stroncatura di Giorgio Bàrberi Squarotti, che su «Tuttolibri» del 24 giugno pubblica un articolo dal titolo emblematico: Polvere di idee nell’antologia dell’ultimo ventennio. L’autore – che aveva espresso apprezzamento per i primi volumi – sembra particolarmente infastidito di fronte al volume sull’età contemporanea, sia perché dà troppo spazio a materiali non letterari, sia per il fatto stesso che tratti la contemporaneità:
Gli autori hanno un bel dire che ci troviamo in un tempo di rapidi mutamenti, di accelerate trasformazioni, ma mi sembra proprio che nulla, negli ultimi vent’anni o poco più, giustifichi tanta attenzione, tanta cura, soprattutto tante messe di testi antologizzati, commentati, presentati, proposti alla discussione. Non amo per nulla l’ottica del microscopio, applicata alla contemporaneità più vicina.
Indisposti soprattutto dalle critiche di Bàrberi Squarotti e di Almansi, Ceserani e De Federicis rispondono alle critiche su «Tuttolibri» del 1° luglio, contribuendo anche loro ad alimentare un dibattito che testimonia la straordinaria vitalità del loro progetto.
Romano Luperini: Una speranza e una fiducia nella scuola
L’opera era gigantesca – dieci volumi, migliaia di pagine – e si presentava come un laboratorio e, insieme, come un labirinto, ma un labirinto ordinato e strutturato, una sorta di immenso catalogo e di grande enciclopedia dell’immaginario. Dell’enciclopedia illuministica ha l’ottimismo, la carica innovativa e riformatrice, che rivela ancora una speranza e una fiducia nella scuola. L’ideologia della complessità, con il suo carattere intricato, aperto, pluridisciplinare e pluriprospettico, la percorre dall’inizio alla fine. Era il momento d’oro del postmodernismo ideologico, e il manuale ne condivide le illusioni e gli entusiasmi. Romano Luperini, Ceserani e la scuola, «Between», III, 6, novembre 2013. |
Una straordinaria vitalità
Il progetto editoriale e culturale che prende il nome di Il materiale e l’immaginario si chiude formalmente nel 1994, con la presentazione degli ultimi volumi dell’edizione blu – ritenuta da tanti una sorta di ritrattazione o di ammorbidimento di quanto realizzato in precedenza – e con il dialogo tra Remo Ceserani e Lidia de Federicis pubblicato sulla rivista «Belfagor» e riprodotto sul fascicolo speciale de «La ricerca» alle pp. 19-26. Si legge in un articolo di Alberto Papuzzi su «Tuttolibri» del 9 aprile:
Amata e odiata, esaltata e bistratta, è l’opera che rappresenta il maggiore sforzo di rinnovamento didattico nell’insegnamento della letteratura e che proprio per questo ha provocato un vivacissimo dibattito tra gli studiosi.
D’ora in avanti, fino ad arrivare ai giorni nostri, sarà materia di studio per chi si occupa di didattica della letteratura e di storia dell’istruzione, come Nicola Merola e Guido Armellini, e continuando periodicamente a destare l’attenzione dei giornalisti (sarà il caso di Mirella Serri su «Tuttolibri» nel 1998, poi di Francesco Erbani su «La Repubblica» nel 2006).
Il volume Un «osservatore e testimone attento». L’opera di Ceserani nel suo tempo, a cura di Stefano Lazzarin e Pierluigi Pellini, uscito nel 2018 in memoria di Ceserani – che fino all’ultimo giorno di attività è stato impegnato nella realizzazione del nuovo Il materiale e l’immaginario – rende ancora omaggio al Materiale e l’immaginario con un saggio di Emanuele Zinato e con tanti inevitabili riferimenti a questo progetto culturale così fecondo e duraturo.
Giulio Ferroni: Una spinta dinamica e fiduciosa
A ripensarci oggi, da parte di chi come me ne ha tratto molti insegnamenti e stimoli, Il materiale e l’immaginario si qualificava proprio per la sua eccezionale apertura, per il modo così chiaro e concreto con cui raccoglieva la spinta conoscitiva degli anni Sessanta e Settanta, quel fervore teorico e metodologico che animava allora gli studi letterari italiani, con l’aspirazione a una storiografia letteraria a più dimensioni, tra semiotica, strutturalismo, marxismo critico, nuova storiografia (in primo luogo quella delle Annales), antropologia, psicoanalisi, ecc. Pur fra tante contraddizioni, ci si trovava in un orizzonte culturale in cui era ancora resistente il rilievo pubblico e scolastico della letteratura: e Il materiale e l’immaginario vi si inseriva con una spinta dinamica e fiduciosa, suggeriva nuovi sviluppi e possibilità. Giulio Ferroni, Per Remo: curiosità sempre in viaggio, in Un «osservatore e testimone attento». L’opera di Ceserani nel suo tempo, a cura di S. Lazzarin e P. Pellini, Bologna, Mucchi Editore, 2018, pp. 503-509. |
NOTE
- M. Serri, «Tuttolibri», 17 settembre 1998.
Approfondire
- Massimo Romano, Per smontare la letteratura, «Tuttolibri», 19 aprile 1980.
- Lucienne Kroha, Remo Ceserani e Lidia De Federicis, Il materiale e l’immaginario, 4 voll., Torino: Loescher, 1979, «Quaderni di Italianistica», 2, 1, aprile 1981, pp. 101-103.
- La scolastica. Conversazione di Umberto Eco con Remo Ceserani, Alessandro Castellari, Emilio Pasquini, Lidia De Federicis, «Alfabeta», 5, 48, maggio 1983, pp. 27-29.
- Giorgio Bàrberi Squarotti, La letteratura non s’addice ai sociologi, «Tuttolibri», 18 giugno 1983.
- Raul Mordenti, Il dibattito sulla didattica della letteratura in Italia (1982-1986), «Bollettino di Italianistica», III, 1-2, 1985, pp. 20-32.
- Guido Almansi, L’Orlando noioso, «La Repubblica», 23 aprile 1988.
- Alberto Arbasino, La creatività, che strazio, «La Repubblica», 25 marzo 1989.
- Beniamino Placido, Qui si tratta di distratti, «La Repubblica», 9 aprile 1989.
- Franco Fortini, Un materiale prepotente, «Corriere della Sera», 26 aprile 1989.
- Guido Almansi, Pesta i libri nel crogiuolo, «La Repubblica», 24 maggio 1989.
- Giorgio Bàrberi Squarotti, Polvere di idee nell’antologia dell’ultimo ventennio, «Tuttolibri», 24 giugno 1989, p. 2.
- Remo Ceserani, Lidia De Federicis, Giorgio Bàrberi Squarotti, È letteratura o ideologia se il materiale diventa immaginario?, «Tuttolibri», 1 luglio 1989.
- S.G., I ragazzi si annoiano? Dipende da chi insegna, «La Repubblica», 12 novembre 1989.
- Paolo Giovannetti, A chi servono le antologie, in Tirature ’91, a c. di V. Spinazzola, Einaudi, Torino 1991, pp. 119-125.
- Paolo Giovannetti, Un lettore selvaggio sulle tracce di Dante, «Il Manifesto», 13 marzo 1992.
- Simonetta Fiori, Paolo Di Stefano, Quando i professori eravamo noi, «La Repubblica», 28 gennaio 1992 [Intervista a Carlo Dionisotti, Gesualdo Bufalino, Lalla Romano e Attilio Bertolucci].
- Emanuele Zinato, Il laboratorio del labirinto: per una storicizzazione di «Il materiale e l’immaginario», «Allegoria», V, 13, gennaio-aprile 1993, pp. 105-117.
- Anna De Palma, Libri separati a scuola, «Belfagor», XLVIII, 4, 31 luglio 1993, pp. 481-486.
- Franco Fortini, Nel labirinto delle antologie, «Il Sole 24 Ore», 29 agosto 1993.
- Anna De Palma, Alla ricerca del libro di testo, «Belfagor», XLVIII, 5, 30 settembre 1993, pp. 585-594.
- Romano Luperini, Manuali e storie letterarie. Appunti per un bilancio, con qualche proposta, «Allegoria», V, 14,
maggio-agosto 1993, pp. 59-71 (poi in Id., Insegnare la letteratura oggi. Nuova edizione accresciuta, Manni, Lecce 2002). - Alberto Papuzzi, Meglio i testi o la storia?, «Tuttolibri», 9 aprile 1994.
- Nicola Merola, La critica torna. Tra manuali e didattica, «Belfagor», L, 4, 31 luglio 1995, pp. 435-449.
- Mirella Serri, Verso il ’900, di corsa, «Tuttolibri», 17 settembre 1998.
- Francesco Erbani, Sapegno e i suoi nipotini, «La Repubblica», 31 maggio 2006.
- Guido Armellini, Dalla “letteratura” alle letterature. Un confronto di programmi e paradigmi (2003), in Id., La letteratura in classe, Unicopli, Milano 2008.
- Romano Luperini, Ceserani e la scuola, «Between», III, 6, novembre 2013.
- Emanuele Zinato, L’utopia concreta del Materiale e l’immaginario, in Un «osservatore e testimone attento». L’opera di Ceserani nel suo tempo, a cura di S. Lazzarin e P. Pellini, Mucchi Editore, Bologna 2018, pp. 93-106.
- Giulio Ferroni, Per Remo: curiosità sempre in viaggio, in Un «osservatore e testimone attento». L’opera di Ceserani nel suo tempo, a cura di S. Lazzarin e P. Pellini, Mucchi Editore, Bologna 2018, pp. 503-509.
- Romano Luperini, Un libro per Ceserani: Il materiale e l’immaginario e il problema del postmoderno, «La letteratura e noi», 17 luglio 2019.