Tra miei più evidenti deficit di modernità c’è l’assenza su facebook, che deriva da molte considerazioni. In primis dalla radicata idea che se anche a mia moglie (che mi propina sempre pastasciutta) non interessa affatto che mi piace il risotto, chissà quanto gliene può importare al resto del mondo (così come del fatto che tengo all’Inter, insegno Lettere, amo viaggiare etc…). In secundis dalla peculiarità del mio mestiere di insegnante liceale: troppa mescolanza (anche virtuale) tra la mia vita e quella dei miei alunni ritengo sia deleteria, e perfino lesiva della qualità delle – finora sempre eccellenti (e sono 25 anni di scuola…) – relazioni mattutine. In tertiis, credo, dall’irritante (per me…) abuso che il mondo di facebook fa della parola amicizia. Quando sento dai miei alunni frasi come “Taldeitali mi ha dato l’amicizia”, oppure – quel che è peggio – “sono amico su facebook del prof. Pincopallino” mi viene l’orticaria… Sarà perché coltivo con gelosia numerose amicizie ultratrentennali, sopravvissute a matrimoni, divorzi, traslochi, litigi… e conosco il faticoso lavorio che sta alla base di tale relazione, che già Cicerone nel De amicitia definiva coniuncta cura de publica re et de privata (“preoccupazione comune per le cose pubbliche e per quelle private”), anticipando la definizione ossimorica dei sociologi moderni di “sentimento sociale”. Sì, perché l’amicizia ha in sé sia l’affetto privato, sentimentale, proprio dell’amore, sia l’obbligo etico di mutua attenzione e solidarietà, proprio delle relazioni sociali a più vasta gittata. Facebook, insomma, ha molto di sociale (forse…, se accettiamo un social virtuale) e nulla di privato e sentimentale: manca pertanto uno dei due piedistalli su cui poggia questo sentimento.
E poi sarà perché frequento da una vita l’epigrafia latina e so che “le parole sono pietre”; non solo: da oltre vent’anni studio il fenomeno dell’amicitia nel mondo romano, avendo prodotto molti (forse troppi) scritti in merito, il più noioso dei quali è ora consultabile anche on line da un link sul portale della mia Università. E ho imparato una cosa che è fondamentale sapere: dalla pietra, così come dal mondo virtuale – me lo dicono gli esperti informatici – non si cancella nulla, se non tramite costose e annose procedure, dagli esiti non sempre garantiti…
Non vorrei mai fare la fine di una simpatica compagnia di produttori o commercianti tessili dell’antica Mediolanum (la mia Milano), la cui stele funeraria, già edita in CIL V, 5923 dal grande Theodor Mommsen, è stata più di recente riletta e integrata grazie all’opera di Antonio Sartori (il mio Maestro) e – in minima parte – mia. Infatti le ultime due righe iscritte risultano evidentemente erase, scalpellate… ma l’occhio allenato non ha potuto non leggere, all’ultima linea, la parola amico (al dativo, dunque). Eh già! Il liberto Gaio Cassio Sopater, un linarius (produttore o mercante di lino), fa preparare da vivo un bel sepolcro per sé, per la patrona (e poi moglie?) Cassia Domestica – linaria anch’ella – per un paio di liberte (Cassia Soave e Cassia Primigenia) e per un amicus, tanto amicus da volerlo con sé nella tomba di famiglia… E poi? Uno screzio? Un litigio? Storie di corna? Magari la “premiata ditta” tessile di famiglia assunse l’amico e poi lo licenziò? Oppure è lui che si è messo in proprio e li ha piantati in asso? O, più semplicemente, l’anonimo amico ha messo su famiglia e ha voluto essere sepolto con i suoi cari? Fatto sta che Gaio Cassio Sopater, titolare del ius sepulchri, ha imposto all’impresario delle pompe funebri una bella scalpellatura: “basta, l’amicus deve sparire, gli tolgo l’amicizia”… sì, gli ha “tolto l’amicizia” su quel social network di pietra che sono le epigrafi latine. Eppure la traccia di quel legame non è del tutto scomparsa – come anticipavo – e il testo si può dunque integrare (per i latinisti più incalliti) così:
[V(ivus) f(ecit)?] / C(aius) Cassius / Sopater linarius / sibi et Cassiae C(ai) l(ibertae) / Domesticae linar(iae) / {A} patronae et / Cassiae Suavi{i} l(ibertae) / et Cassiae Primigen(iae) l(ibertae) / [[et[- – -] ]] / [[amico]].
Morale. Mi pare che l’amicizia su facebook sia fenomeno piuttosto superficiale, e dunque per me poco interessante; per di più mi dispiacerebbe restare legato per saecula saeculorum a qualcuno a cui – con leggerezza – ho concesso l’amicizia, per poi vederlo iscritto a qualche “gruppo” di dubbio gusto: odiatori del latino, avversari dei professori, distruttori di registri, o quel che sarebbe peggio… nemici del risotto o tifosi anti-Inter (gruppo cui so, peraltro, essere iscritto per davvero mio fratello milanista).