Le due Albisole, terre di ceramisti
Stravaganze toponomastiche che ci riportano a errori di trascrizione forse di un secolo fa; ma a tempi ancora più lontani ci riporta la fabbricazione (in entrambi gli attuali comuni) di ceramiche di eccellente fattura (e talora di enorme valore storico-artistico), tanto che gli artigiani locali avevano già nel Cinquecento e nel Seicento una rinomanza di livello europeo, con i celeberrimi stili “calligrafico naturalistico” e “bianco e blu”, ai quali si aggiunsero in seguito peculiari decori come il “Levantino”, gli “uccelli e prezzemolo”, il “Boselli” e altri ancora.
Il “grande” Novecento nelle ceramiche delle Albisole
Ancora oggi questo artigianato artistico “made in Albisola” è uno dei vanti degli Albisolesi, che da un lato riproducono le “vecchie” ceramiche tradizionali, dall’altro possono gloriarsi alcune stagioni straordinarie di “modernità” durante il Novecento, quando l’arte figulina si è sovente sposata con il genio di artisti di prim’ordine. Penso agli anni Venti, quando Manlio Trucco (nella cui casa di Albisola Superiore sorge il Museo della Ceramica a lui intitolato) introdusse lo stile Decò appreso a Parigi, e quando agì in loco il grande Arturo Martini. Ma soprattutto agli anni Trenta, quelli del cosiddetto “secondo Futurismo”, che videro coinvolti – tra gli altri – Filippo Tommaso Marinetti, Fortunato Depero, Nicolaj Diulgheroff, Nino Strada, Farfa e Fillia. E anche ai mitici anni Cinquanta e Sessanta, durante i quali si cimentarono alle fornaci albisolesi figure del calibro di Lucio Fontana (già “albisolese” anche negli anni Trenta), Asger Jorn, Enrico Baj, Sergio D’Angelo, Aligi Sassu, Emilio Scanavino, Wilfredo Lam, Giuseppe Capogrossi, Agenore Fabbri, Piero Manzoni, Sebastian Matta, Roberto Crippa, Ernesto Treccani, Milena Milani: quest’ultima è morta nel 2013, e con lei – già ultranovantenne eppure ancora affascinante come quando Picasso la ritrasse in gioventù – ho avuto anch’io l’onore e il piacere di avere qualche conversazione.
- Marinetti e altri Futuristi alla Manifattura Mazzotti (a destra Tullio d’Albisola)
- Lucio Fontana e Milena Milani ad Albissola negli anni Sessanta
- La casa progettata da Diulgheroff, oggi sede delle Ceramiche Mazzotti
- La sede espositiva della Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903
- Giardino della Casa-Museo della Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903
- Il coccodrillo di Lucio Fontana (Giardino della Casa-Museo Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903)
- Oggetti di ispirazione futurista (Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903)
- Piatto futurista (Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903)
- Vaso di ispirazione futurista (Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903)
- Tradizionali decori bianco-blu (Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903)
La famiglia Mazzotti: la ceramica tra Futurismo e Avanguardie
I ceramisti albisolesi sono tanti, ma forse nessun’altra famiglia ha segnato la storia più recente di quest’arte come quella dei Mazzotti. Nel 1903, infatti, Giuseppe (“Bausin”) Mazzotti all’interno del pittoresco “Pozzo Garitta” di Albissola Marina apre un laboratorio ceramico, poi sdoppiato con una seconda sede ad Albisola Superiore, e quindi trasferito del tutto 1934-35 nella nuova fabbrica alla foce del Sansobbia, dove tutt’ora si può vedere. Protagonisti di questa evoluzione, oltre al fondatore Giuseppe, sono i figli Tullio e Torido, che ormai collaborano col “Bausin”. L’estroso Tullio conosce tra l’altro Marinetti, con lui redige nel 1938 il Manifesto della ceramica e dell’aeroceramica, e viene insignito dall’illustre amico del soprannome di “Tullio d’Albisola”. Splendide sono le sue ceramiche di ispirazione futurista, così come lo sono quelle disegnate dal bulgaro Nicolaj Diulgheroff, architetto, pittore, pubblicitario di grande successo. Diulgheroff, tra l’altro, progetta la casa dei Mazzotti (uno dei pochi esempi concreti di architettura futurista), anche in virtù dei suggerimenti di Tullio. Torido, invece, disegna i nuovi forni e idea, insieme con Diulgheroff, una nuova ala dell’edificio verso il Sansobbia.
Già si è detto del fervore artistico albisolese del secondo Dopoguerra, quando molti degli artisti nominati (e anche molti altri…) bazzicano le “fornaci” Mazzotti, prima di ritrovarsi a discutere nello storico “Bar Testa” sul lungomare. Sono, però, anche gli anni della separazione tra gli eredi di Giuseppe (morto nel 1944), che dal 1959 scelgono di distinguere il loro percorso artistico e professionale: Tullio e la sorella Vittoria da un lato, Torido dall’altro. E ancora oggi l’area tra le due Albisole, dalla quale si intravvede il celebre “Lungomare degli artisti” realizzato – ovviamente in ceramica… – nel 1963 tra la Via Aurelia e la spiaggia (parte di un articolato Museo diffuso) ci mostra la “copresenza” delle due diverse attività, attualmente nelle mani delle più giovani generazioni. Si tratta delle “Ceramiche Mazzotti”, luogo dove oltre a una produzione di ceramiche di altissima qualità, gli eredi Esa Mazzotti e Giovanni Rossello custodiscono la memoria di Tullio d’Albisola, delle cui opere detengono i diritti; e della “Fabbrica Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903”, della quale, in questa sede, intendo parlare più diffusamente. E ciò non tanto per una mia preferenza per una delle due “botteghe”, quanto perché ho di recente visitato più volte questo atelier, e parlato con il suo titolare; in futuro spero di potere fare altrettanto anche con quello in mano all’altro ramo della famiglia.
La “Fabbrica Casa Museo Giuseppe Mazzotti 1903”
Questa sede si configura oggi come una “Fabbrica Casa Museo”: dal 1989, dopo la morte di Torido, è stata condotta dal figlio Giuseppe Bepi e quindi dal nipote Tullio, esponente della quarta generazione dei Mazzotti ceramisti. E non vi è dubbio che questo atelier dubbio abbia, per il visitatore, una suggestione culturale del tutto particolare; e ciò, secondo il parere di chi scrive, almeno per tre motivi.
Il primo è perché sono visibili (e acquistabili, per chi lo voglia…) splendidi oggetti di fattura recente ma ispirati alle collezioni che caratterizzarono il periodo futurista. Davvero fantastici sono – tra l’altro – i servizi da the o caffè realizzati a partire dal disegno di Nicolaj Diulgheroff: ci pare quasi di immaginare Marinetti e soci che vi bevono qualcosa di caldo dopo una caotica e faticosa “aerodeclamazione”…
Il secondo è perché accanto alla fabbrica c’è un giardino musealizzato, con pezzi ceramici di grande impatto e valore storico-artistico: su tutti un enorme coccodrillo realizzato nientemeno che da Lucio Fontana. Sì, un museo all’aperto, che si mescola (e talora si confonde) con il dinamismo della produzione corrente, e che abbatte gli steccati tra fornace ed esposizione: credo perciò potrebbe piacere (se lo potessero vedere) anche a quei Futuristi che i musei volevano distruggere perché simbolo di conservazione, inazione e passatismo.
Il terzo è l’alto livello culturale delle pubblicazioni che la “Fondazione Giuseppe Mazzotti 1903” (istituita come tale nel 2002) ha prodotto anche in tempi recenti: leggendo questi volumi si percorre infatti una storia della ceramica albisolese, ma anche dell’arte italiana del Novecento e – perché no? – dell’Italia stessa, soprattutto negli anni del Fascismo, del Dopoguerra e del boom economico. Un piccolo particolare: sui libri compare, oltre all’anno di edizione, la dizione “Albisola Mare” (con una sola “s”), nome tradizionale che tutti, qui danno ancora a questa bella località, in barba ai refusi di trascrizione!
E, dato che questa è una rivista che si rivolge anche al mondo della scuola, possiamo pure aggiungere un quarto motivo per esplorare questa bottega, e cioè il fatto che sono possibili – per gruppi di studenti – visite guidate alla “Fabbrica Casa Museo”, per scoprire, oltre alle bellezze artistiche, anche l’aspetto tecnico e operativo di quel mestiere del ceramista che i Mazzotti onorano da più di un secolo.