Tre shiai per l’insegnamento della filosofia

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Finiti da poco i miei tre shiai per la filosofia, credevo di aver chiuso il discorso. Fatto appena in tempo ad assaporare la situazione, mi sento afferrato e gettato in aria da un articolo sull’abolizione dell’insegnamento della filosofia. Il combattimento ricomincia.

Non credo che l’abolizione dell’insegnamento della filosofia sia un’effettiva intenzione del ministro Stefania Giannini. Di recente ha preso sulla scuola posizioni di buon senso e voglio sperare che anche su questa materia si atterrà a quella linea. Le sue dichiarazioni («Più che l’idea di tagliare una materia di qua o di là, vorrei si ragionasse di più su un approccio interdisciplinare delle materie, che mi sembra la vera questione da approfondire») sembrano più una prudente risposta politica, data da chi deve cominciare un lavoro, che un programma abolizionista. In ciò che segue sono perciò mosso da una preoccupazione culturale: il fatto stesso che qualcuno ipotizzi certe cose merita una riflessione. Vediamo il primo shiai di cui ho già anticipato l’inizio.

T.: L’insegnamento nella secondaria superiore della filosofia è importante. Lo studio e l’esercizio delle forme del ragionare, la disciplina del pensare conseguiti attraverso la riflessione concettuale e l’acquisizione critica e personale di modelli speculativi ed esistenziali sono momenti di crescita e maturazione fondamentali. Mi pare perciò necessario che tali percorsi vengano compiuti almeno da coloro che nella società avranno verosimilmente compiti di leadership. Anche l’abolizionista non può non desiderarlo per i propri figli, perché allora privarlo ai figli di tutti?

O.S.: Hai ragione. Ma in ciò che hai detto nulla porta a concludere che la filosofia debba essere insegnata nell’ambito di un contesto disciplinare unitario e tematico. La filosofia può benissimo rientrare nell’insegnamento delle diverse discipline. Perciò, ad esempio, il docente di italiano terrà un modulo di filosofia della letteratura, quello di matematica un modulo di filosofia della matematica, quello di fisica parlerà di filosofia della fisica e così via. Se anche muore la filosofia (come insegnamento specifico), vivono le idee filosofiche: questo è ciò che conta. Non serve avere un insegnante che infligge agli studenti una filastrocca di opinioni: morte all’ectoplasma storicistico!

Il colpo è pertinente e risulta doloroso. 1-0, ma – di nuovo – l’incontro non è ancora finito.

T.: Potrei obiettare che l’attuale personale docente non è pronto a trattare, nelle molte discipline, la filosofia. Questo però porterebbe a schermaglie lunghe e poco incisive. Il mio primo punto perciò è che una scomposizione dell’insegnamento in moduli slegati comunica idee filosofiche, ma non forma una mente filosofica. Proprio moltiplicando la filosofia nei moduli disciplinari delle molte materie, si finirebbe col moltiplicare gli ectoplasmi storicistici. Ciò avverrebbe perché nello spazio breve di un modulo non si riuscirebbe a insegnare la filosofia, ma si finirebbe col presentare la filastrocca delle posizioni sostenute in quell’ambito. Ironicamente: per evitare un male, si finirebbe col moltiplicarlo a dismisura.

Terzo shiai:

T.: Lasciamo dunque morire l’ectoplasma storicistico: evocandolo, non mi si attacca e anzi – lo si è visto – ci si mette in difficoltà. L’insegnamento della filosofia attuale consente di ripercorrere lo sviluppo del pensiero e di incontrare in maniera organica il pensiero dei classici. Queste due pratiche oggi ordinarie hanno, tra l’altro, la funzione di strutturare il pensiero, creano una forma mentis e consolidano il radicamento del giovane nella propria cultura. Rinunciarvi, adottando un insegnamento modulare e scomposto, significa anteporre i valori dell’istruzione sulla formazione, le esigenze dell’informazione su quelle della cultura. Bisogna essere consapevoli che la tecnologia già mette a portata di mano molta informazione, la scuola può allora specializzarsi, puntando sulla formazione. Non si tratta di escludere niente, ma di orientare sensatamente l’agire, identificando le priorità. Quando si è giovani è il momento migliore per conseguire un’attitudine alla concettualizzazione e alla problematizzazione, alla riflessione razionale e all’interiorizzazione di scelte mature e personali. Si tratta di modi di essere che si conseguono col lavoro sulle idee, nel confronto con gli altri, guidati da esperti: serve tempo, tempo, e ancora tempo. Rinunciando all’insegnamento disciplinare della filosofia nella corsa affannata ad accumulare nozioni, le idee filosofiche diventano curiosità da QuizDuello. Esse perdono quello spessore che educa l’umano, forgiando un modo essere, un modo di porsi di fronte alle cose e a se stessi. Salviamo ciò che ora funziona nella scuola, preserviamolo, difendiamolo con passione: avremo bisogno di punti fermi per ricostruire.

Con questo spirito ho firmato volentieri l’Appello per la filosofia.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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