Storie naturali dell’inganno #2

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Nel primo articolo ci siamo immersi nelle acque hawaiiane in compagnia di un piccolo calamaro bioluminescente. Poi abbiamo intrapreso una passeggiata nelle foreste temperate di Cile e Argentina, dove un’insospettabile pianta rampicante è stata in grado di mimetizzarsi con tale maestria da rimanere inosservata per anni. Le tecniche che gli esseri viventi impiegano per vivere sono sorprendenti. Osservare da vicino, condividere l’esperienza, prestare attenzione ci porta a scoprire mondi inesplorati e a prendere consapevolezza delle sconfinate capacità che possiedono. Se tutto ciò non fosse bastato per incuriosirvi, possiamo continuare per qualche momento la nostra camminata in compagnia di questi affascinanti esseri non-umani.

In amore niente regole

Sebbene le forme di mimetismo nel mondo vegetale siano meno note, le piante sono delle vere campionesse nell’arte dell’inganno. Abbiamo visto come B. trifoliata sia in grado di eccellere in questo campo, camuffando il proprio aspetto si nasconde con la massa per sopravvivere. “Semplicemente” vivere, però, a volte non è sufficiente. Una fase cruciale della vita di un individuo è quella della perpetrazione della propria discendenza. Non desta stupore, quindi, che grande impegno venga profuso nel tentativo di portare avanti la specie. Per raggiungere l’obiettivo, a volte occorre adottare delle tecniche molto raffinate e dal nostro punto di vista forse anche un po’ subdole. Avete presente quando si dice “in amore niente regole”? Ecco, alcune orchidee hanno fatto di questa frase il proprio mantra. Non guardano in faccia nessuno, o meglio, sanno cosa vogliono e fanno di tutto per ottenerlo.

Questi fiori, che sovente abbelliscono le nostre case di sfumature variopinte, hanno bisogno dell’impollinazione per la fecondazione. Questo processo può avvenire in due modi: tramite autoimpollinazione, il fiore è in grado di impollinare sé stesso, o impollinazione incrociata, il polline di un fiore deve essere trasportato sullo stigma di un altro (di una pianta diversa o della stessa). In questo caso è necessario qualcuno o qualcosa che faccia da “corriere” (vettore), solitamente insetti, animali, vento o acqua. Alcune orchidee, appartenenti al genere Ophrys, hanno scelto specifici gruppi di insetti per questo obiettivo e hanno adottato uno stratagemma davvero particolare per invogliarli a posarsi sul fiore. Le orchidee devono convincere l’insetto a fermarsi sul proprio labello, il petalo su cui atterrano. In questo modo verranno cosparsi di polline che poi sarà portato su un altro fiore.

Come si può essere così convincenti? Le orchidee del genere Ophrys ricorrono all’inganno. Mostrano agli insetti qualcosa che desiderano ardentemente. Il labello dell’orchidea assume la forma, il colore e la consistenza dell’addome della femmina dell’impollinatore. In questo modo il “corriere”, vittima dell’inganno, pensa di starsi per accoppiare con un individuo della propria specie, mentre in realtà sta sprecando importanti energie e allo stesso tempo viene ricoperto di polline. L’insetto non si accorge di essere caduto in trappola, anche perché la pianta può secernere dei feromoni sessuali in grado di attrarlo. Così quando volerà via e si poserà su un altro fiore, l’orchidea avrà ottenuto ciò che voleva e l’inganno non sarà stato scoperto, in modo da potersi ripetere. Insomma, in amore niente regole! E per ora sembra funzionare.

Maculate come insetti

Se il momento della riproduzione è di estrema importanza, sopravvivere rimane l’imperativo fondamentale da seguire. Abbiamo già visto qualche stratagemma impiegato dalle piante per raggiungere questo fine, ma ve ne sono molti altri che meriterebbero qualche istante della nostra attenzione.

Purtroppo, completare questo cammino nella storia naturale dell’inganno è impossibile qui. Allora, come quando abbiamo poco tempo ma una certa voglia di trascorrere qualche ora immersi nella natura, accorciamo il giro e godiamoci quel che resta del percorso.

L’ultimo esempio che vorrei proporre riguarda ancora una volta un singolare stratagemma che il mondo vegetale utilizza per difendersi dai predatori.

Nel 2002 gli studiosi Simcha Lev-Yadun e Moshe Inbar stavano studiando il mimetismo nelle piante. Incuriositi anche loro dall’argomento, e consapevoli della maggiore attenzione data al mondo animale, hanno cercato di evidenziare alcune tecniche che le piante utilizzano in questo senso. Al termine della ricerca sono arrivati a una conclusione e hanno ipotizzato che nell’elenco degli stratagemmi impiegati dalle piante per ingannare si trovino, sorprendentemente, anche le macchie.

In che modo le piante usano le macchie per questo scopo?

L’inganno sembra essere meno misterioso di quello adottato da B. trifoliata, ma comunque funzionale. Alcune specie vegetali ricoprono parti del proprio corpo di maculazioni scure o molto appariscenti. Si tratta di un messaggio lanciato dalla pianta, un bluff che mira a prendersi gioco di qualcuno da cui ci si vuole difendere. Le macchie, di pochi millimetri di grandezza, servono a ingannare la vista dei predatori erbivori. Per questo devono sembrare qualcosa di “pericoloso”. A seconda dei casi, il pericolo che le macchie imitano varia: può trattarsi di gruppi di formiche, afidi o di altri nemici potenziali che occupano la pianta. Il vento, inoltre, svolge una funzione importante. Muovendo gli steli, i rami e le foglie dà la sensazione che gli insetti si spostino e siano vivi, in allerta. Alcune specie di legumi selvatici invece imitano i colori, la forma e la dimensione di alcuni bruchi grazie ai loro baccelli e alle macchie che vi compaiono. Alcuni bruchi sono dotati di peli urticanti e irritanti, oppure celano tossine all’interno del corpo, per questo i predatori evitano di mangiarli. Imitarli, per la pianta, significa ridurre il rischio di essere predati. Le formiche, dal canto loro, sono delle ottime guardie del corpo. Difendono, mordono e pungono. Per questo molte piante cercano di attirarle fornendo nettari extrafiorali, riparo, alimentazione e molto altro. Le formiche sono un ottimo deterrente: gli erbivori sono avvisati, dove si avvistano questi combattenti sarà difficile avere la meglio. La mirmecofilia, ossia il legame con le formiche, è un patto che le piante hanno stretto in più occasioni. Così, se le formiche non ci sono, imitarle diventa un’ottima soluzione.

Prestare attenzione

Nel primo articolo dicevamo che imparare da e con gli altri è una pratica efficace per affacciarci nel mondo di oggi. Le nostre vite sono sempre più frenetiche, autoriferite, individualiste. L’antropocentrismo si impone come visione dominante, sebbene qualche movimento decentratore sia in atto. L’Io lascia poco spazio all’altro, ma soprattutto poco tempo, anche per la mole di input e compiti impellenti a cui siamo sottoposti.

Prestare attenzione e condividere esperienze di vita con altri – soprattutto se appartengono al mondo vegetale, che ha ritmi totalmente differenti dai nostri – richiede tempo e pazienza, capacità di osservazione e disponibilità a vestire i panni di qualcuno.

Dati gli esempi proposti di storie naturali dell’inganno, potreste pensare che la mia intenzione sia quella di invitarvi a praticare questi escamotage. Ci tengo a precisare che non è questo il mio intento. Come sappiamo anche la storia umana è costellata da episodi di questo genere e non sempre hanno avuto esito positivo, anzi. Anche nel mondo non-umano, solo le tecniche più raffinate, funzionali e capaci di individuare la vittima migliore hanno successo. È un gioco rischioso e non è detto che finisca bene.

Piuttosto, ciò che vorrei sottolineare è la varietà di capacità che si celano dietro a individui che tentano di mimetizzarsi. Specie che cercano di non essere viste, di mescolarsi con la massa, di apparire come qualcun altro. Questi individui sono dotati di caratteri particolari e straordinari. La loro unicità sta proprio nella capacità di rimanere mascherati, più sono bravi a farlo e meglio è. Entrare in contatto con le tecniche e le capacità di questi esseri non-umani è sorprendente e aiuta a comprendere quanti siano gli stratagemmi e le doti nascoste che appartengono a specie differenti dalla nostra. Simcha Lev-Yadun e Moshe Inbar affermavano che le macchie sulle piante erano in grado di ingannare anche loro fino alla distanza di un metro. Prestare attenzione in questi casi diventa ancora più importante. Un po’ come accade per i trucchi di magia, l’intenzione non vuole essere quella di smascherarle, ma quella di aprire gli occhi e osservare attentamente per lasciarci sorprendere dal prossimo spettacolo.


Bibliografia

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S. Mancuso, Plant Revolution, Giunti Editore, Firenze-Milano 2017.
A. Nocera, Educazione vegetale, “La ricerca” online, 31 agosto 2022.
S. Lev-Yadun, M. Inbar, Defensive ant, aphid and caterpillar mimicry in plants?, in “Biological Journal of the Linnean Society”, Vol. 77, No. 3., 2002, pp. 393-398.
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Andrea Nocera

è laureato in Storia e in Antropologia. Negli ultimi anni, anche grazie al Master “Futuro Vegetale”, si è avvicinato al mondo delle piante, da cui trae ispirazione per indagare i rapporti umano-non umano e immaginare modi di abitare più integrati.

Oggi lavora nel gruppo di ricerca della Fondazione Futuro delle Città di Firenze, collabora come autore e revisore di testi per Lœscher Editore e altre case editrici ed è co-fondatore dell’Associazione Fungi CollectIF.

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