Sono solo canzonette? Musica italiana e letteratura #1

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Quello tra musica e letteratura è un rapporto di lunga durata, che risale alle origini della poesia europea e alle nove Muse. Oggi quel dialogo sembra essersi interrotto, ma può rivivere nelle canzoni più o meno direttamente ispirate ai capolavori della tradizione.
Judi Bowker e Graham Faulkner in un fotogramma di “Fratello sole, sorella luna”, film del 1972 di Franco Zeffirelli.

La settimana sanremese è un momento di giubilo per la discografia italiana, che al festival propone i vari generi musicali del momento, dai più tradizionali e melodici a quelli della scena indipendente. La pluralità espressiva ha eroso definitivamente la monoliticità della lirica d’amore e il pubblico può così godersi anche brani civili, polemici, talvolta fracassoni. Dal cantautorato italiano, del resto, provengono testi di notevole spessore letterario, che rivelano quel legame antichissimo tra musica e parole risalente alla lira dei mitici Lino e Orfeo, a Omero, a Esiodo, a Saffo, ai cori delle tragedie e delle commedie. Le nove Muse, da cui appunto «musica», suggellavano la vocazione poetica con un dono: la capacità di ammansire le fiere, la vista vera (la cecità), l’alloro e soprattutto la memoria (le Muse, figlie di Mnemosine, sono connesse con il verbo greco mimnésko, che significa «ricordare»).

La poesia antica nasce dunque, in tutti i sensi, «musicata» e la lettura a cui la sottoponiamo oggi ha ridotto drasticamente la sua fruizione originaria; le stesse parole «sonetto», «canzone», «canzonetta», «ballata», che identificano il metro delle poesie italiane fino alla rivoluzione novecentesca, nascono proprio dal fatto che quei testi venivano in origine cantati e suonati. Non è un caso che Leopardi, rifacendosi a questa tradizione, abbia intitolato Canti la sua raccolta poetica, composta di testi quasi esclusivamente lirici, nell’edizione Piatti del 1831 (la precedente, del 1826, prima della svolta di A Silvia, si intitolava più genericamente Versi). L’eredità musical-letteraria è stata in parte raccolta dai cantautori e dalle cantautrici che non solo propongono testi secondo precise regole di ritmo e di rima, ma spesso si ispirano alla letteratura.

Ripercorriamo alcuni esempi, senza pretesa di esaustività, per fornire qualche proposta operativa in classe; l’ascolto delle canzoni, infatti, rientra nell’obiettivo di un apprendimento inclusivo, volto cioè a sostenere un coinvolgimento alternativo alla pura e semplice lettura e analisi dei testi e nel quale non è impiegato solo il senso della vista. In questa prima parte ci occuperemo delle canzoni che hanno tematizzato figure o testi della letteratura; nella seconda analizzeremo le modalità liriche a cui le canzoni fanno ricorso sul modello delle opere letterarie più note.

Musica francescana

San Francesco d’Assisi ha intuito precocemente le potenzialità della musica in sinergia con il suo messaggio di armonia cosmica e di povertà radicale. Il Cantico di frate Sole, che celebra tutti gli esseri, viventi e non, della natura, compresa la morte, presupponeva (lo dice il titolo) una notazione musicale, così come altri testi del francescanesimo: Preghiera semplice, Dolce è sentire, La canzone di San Damiano. Messi in musica da Riz Ortolani e cantati da Claudio Baglioni, queste tracce fanno da colonna sonora al film Fratello sole, sorella luna (1972) di Franco Zeffirelli, dedicato appunto al santo assisiate. Gli episodi salienti della sua biografia, inoltre, sono ripercorsi nell’album L’infinitamente piccolo (2000) di Angelo Branduardi, i cui brani rivisitano le fonti francescane ma anche l’elogio del «sole» Francesco nel Paradiso di Dante (canto XI).

De André e i versi di Spoon River

La lettura dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters nella traduzione italiana dell’amica Fernanda Pivano ispirò a Fabrizio De André l’album Non al denaro, non all’amore né al cielo (1971) – come già a Guccini la canzone L’albero ed io (1970). De André non era nuovo a queste trasposizioni, dotate di un andamento narrativo proprio della terzina dantesca e inserite in una solida e compiuta rete di brani (come nella Buona novella, dai vangeli apocrifi). Una canzone-cornice (La collina) spiega l’ambientazione, il cimitero di Spoon River, nel quale sono sepolti i personaggi che parlano in prima persona: il matto-poeta incompreso, il giudice deriso e poi temuto, il bestemmiatore vittima dell’autorità, il cardiopatico che rischia la vita a ogni slancio emotivo, il medico spiantato, il chimico alienato dal mondo, l’ottico visionario, infine il musicista Jones. Attraverso molte di queste figure De André riflette sul ruolo del poeta (e del cantautore), sulla sua capacità di creare («poeta» significa letteralmente «facitore») un mondo nuovo, libero, alternativo a quello ordinario e comunemente percepito.

Di Non al denaro, non all’amore né al cielo è stata proposta una rivisitazione molto fedele da Morgan, nel 2005, in un album dallo stesso titolo.

Un burattino con le sembianze di Pinocchio.

Il Pinocchio postmoderno di Bennato

La trama e gli indimenticabili personaggi delle Avventure di Pinocchio di Collodi ricompaiono nell’album Burattino senza fili (1977) di Edoardo Bennato. Qui il protagonista del romanzo sembra rimpiangere la sua condizione di burattino con fili, perché allora si sentiva più libero; diventato essere umano, Pinocchio è invece esposto a dinamiche di potere che riescono a manovrarlo, inducendolo al conformismo, all’omologazione, alla schiavitù morale. I gesti che in Collodi erano di disobbedienza (la vendita dei libri, la compagnia di Lucignolo), in Bennato sono interpretati come atti di appassionata ribellione, che salvarono temporaneamente Pinocchio dai membri del comitato di pietra a capo della società del consumismo. Dopo aver avuto un’anticipazione delle regole del gioco umano nell’incontro con il Gatto e la Volpe, Pinocchio è entrato nella nuova dimensione dell’oggi: è diventato «proprio come uno di noi» e non può tornare indietro.

Gli esclusi e le escluse di Guccini

A quattro celebri personaggi letterari sono dedicate altrettante canzoni di Francesco Guccini: Ophelia (dall’album Due anni dopo, 1970) è l’impazzita signora Amleto rappresentata da Shakespeare e ripresa da Guccini attraverso i versi di Rimbaud; Signora Bovary, dall’album omonimo (1987), dà voce al torpore, all’apatia, alla monotonia che attanaglia la madame di Flaubert «fra addormentarsi e morire»; Cirano (da D’amore di morte e di altre sciocchezze, 1996) si rifà alla commedia di Rostand, a sua volta basata su Cyrano de Bergerac, noto nasone e spadaccino, che in Guccini diventa il ribelle a un mondo di «signori imbellettati» vacui e inconsistenti come il loro nasino e le loro maschere facciali; Don Chisciotte (2000) inscena un dialogo tra il protagonista del romanzo di Cervantes e il fidato Sancho Panza, ovvero tra un iper-idealista e un iper-realista. Sono tutte figure di emarginazione, di esclusione, sulla soglia tra follia e realtà, tra società autoritaria e rappresentazione negata, che Guccini carica di emozioni e valori problematici anche nell’età contemporanea.

Capossela tra Michelangelo, Omero e Primo Levi

Esempio di artista contemporaneo che continua a guardare ai classici della letteratura europea è Vinicio Capossela. Il cantautore, nato in Germania da genitori italiani, ha stabilito da tempo un dialogo proficuo con i testi letterari, fino a farne l’oggetto dei suoi arrangiamenti: è quanto accaduto con sette sonetti di Michelangelo (2007), tra cui Fuggite, amanti, Amor, fuggite ’l foco. Profondamente omerico è l’album Marinai, profeti e balene (2011), che canta i personaggi dell’Odissea: Ulisse (già nel gucciniano Odysseus), Achille, Tiresia, Calipso, l’aedo Femio, le sirene animano i brani insieme con testi ispirati a Céline, alla Bibbia, a Melville. Da Se questo è un uomo di Primo Levi è invece tratta Suona Rosamunda (2010): questa richiama una «canzonetta sentimentale» eseguita da una banda nel campo di Auschwitz-Birkenau; sappiamo che i nazisti arruolavano i musicisti e le musiciste deportate, costringendoli/e a suonare sotto le intemperie, anche per fare mostra di un trattamento fintamente umano dei prigionieri e per intrattenere i bagordi delle SS.

Buffalmacco, Un gruppo di giovani in un giardino, particolare del Trionfo della Morte, 1336-41, affresco (Pisa, Camposanto Monumentale).

Il Decameron in ballata di Riondino

Nel 2016, il poeta e attore David Riondino ha pubblicato Bocca baciata non perde ventura anzi rinnova come fa la luna, album fin dal titolo ispirato al Decameron (è una citazione dal proverbio finale della novella di Alatiel: II.7). Le sette novellatrici e i tre novellatori della brigata amano la musica e infatti ogni giornata si chiude con una «ballatetta». Riondino ha musicato, con una notevole aderenza al testo e alle melodie medievali, sia il proemio e la cosiddetta cornice sia i personaggi di alcune novelle: tra loro, introdotti da una citazione del Decameron, frate Puccio, Ghismonda e Tancredi, Federigo degli Alberighi, oltre ad Alatiel. L’intrattenimento musicale, con canti e danze, traspare dagli affreschi medievali, in cui si vedono giovani in cerchio oppure radunati insieme mentre suonano gli strumenti musicali del tempo, come il salterio; non c’era solo il canto gregoriano dei monaci…

Un brano di Riondino ricostruisce persino la scoperta dell’autografo boccacciano (il codice Hamilton 90, ora a Berlino), fortunosamente esaminato a Venezia negli anni della Guerra fredda da Vittore Branca insieme con Pier Giorgio Ricci.

Vecchioni leopardista

L’ultimo album del professor Roberto Vecchioni richiama fin dal titolo il canto più famoso di Leopardi: L’infinito (2018). In realtà i testi celebrano alcune vicende della cronaca recente, come la passione sportiva di Alex Zanardi (Ti insegnerò a volare), il caso di Giulio Regeni (Giulio), l’uccisione della guerrigliera Ayse Deniz Karacagil da parte dell’Is (Cappuccio rosso). Leopardiano è piuttosto il loro soffermarsi sui temi cari al poeta di Recanati e spesso fraintesi dalla critica: la malinconia, lo slancio vitale, lo sguardo aperto sul mondo e su tutti i suoi più o meno sopportabili problemi. Vecchioni, che ha insegnato letteratura nelle scuole superiori, sa bene quello che nei testi di Leopardi colgono i/le adolescenti e per questo si avverte un rispecchiamento simbolico del poeta ogni volta che nelle sue canzoni troviamo la parola «ragazzo». I versi «io conosco poeti / […] naviganti infiniti» di Sogna ragazzo sogna (1999) fanno dialogare un giovane disarmato di fronte alla negatività dell’oggi con chi ha saputo immaginare «interminati / spazi» oltre una siepe: sentiamo Leopardi in entrambi.

(continua)


Per approfondire

F. Ciabattoni, La citazione è sintomo d’amore: cantautori italiani e memoria letteraria (Carocci, Roma 2016)

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Johnny L. Bertolio

Si è diplomato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e ha conseguito il PhD alla University of Toronto, dove ha maturato una variegata esperienza nella didattica dell’italiano. Attualmente collabora con Loescher come autore e redattore nell’ambito umanistico.

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