Ruolo docente: ipotesi e dietrofront, in attesa del 15 luglio

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In attesa che il 15 luglio sia resa nota la bozza del “Cantiere Scuola” del PD, che dovrà fungere – pare – da base per più o meno immediati interventi legislativi, si è scatenato il putiferio per alcune dichiarazioni improvvide del sottosegretario Roberto Reggi, il quale (come apprendo dalla sua scheda biografica sul sito del MIUR), nella vita civile fa l’ingegnere e lavora nel ramo dell’energia elettrica. Sarà dunque per qualche inesperienza dell’ingegner Reggi su questioni di scuola, sarà per un – sempre possibile – travisamento giornalistico di alcune sue affermazioni, sarà per un calcolato tentativo del governo di “vedere l’effetto che fa” sulla pubblica opinione, ma ne è venuta fuori una situazione kafkiana.

 

Andiamo però con ordine. Su Repubblica del 2 luglio Corrado Zunino intervista Reggi, che sembra – da quelle colonne – ergersi a fustigatore della classe docente: definisce la scuola attuale un ammortizzatore sociale, afferma che i docenti italiani lavorano poco rispetto ai colleghi europei, pone paletti (che certo non dovrebbero spettare solo al governo) sui rinnovi contrattuali. Poi parla delle possibili 36 ore di lavoro dei docenti, pensando sì al riconoscimento delle attività lavorative al di fuori dell’orario di cattedra, ma – poiché la formulazione non era chiara – lasciando trapelare che tali ore potrebbero diventare un obbligo.
L’effetto che fa è stato immediato, e in questo clima (un po’) da pensiero unico politici di ogni schieramento hanno plaudito al “pugno di ferro nei confronti dei docenti”. Anzi, chi più ne ha più ne metta, perché si è pure parlato di pieni poteri ai Dirigenti Scolastici o di scuole aperte d’estate e, udite udite, frequentabili tutti i giorni dalle 7 alle 22, non solo da studenti, ma anche da anziani o persone in cerca di socialità. Raccolgo qui il sunto di varie interviste giornalistiche (parole in libertà, avrebbe detto Marinetti), ma anche di tweet che ho ricevuto e letto con attenzione; così come ho ricevuto (e pure scritto) tweet di insegnanti che si lamentavano di queste ipotesi di riforma: e questo proprio perché non sono vere ipotesi di riforma, ma suggestioni estemporanee, alcune tecnicamente inattuabili nonché francamente lesive della dignità professionale docente.
L’onorevole Simona Malpezzi – che fa l’insegnante – ha poi costretto Reggi a un parziale dietrofront rispetto alle sue affermazioni, e spero che un po’ abbiano contribuito a ciò proprio i tweet che io e altri le abbiamo inviato in questi giorni. Dietrofront – quello del sottosegretario – nel complesso piuttosto deciso, tanto che a parlare non sembra più il Reggi “castigamatti” del 2 luglio, ma un politico conciliante, che invoca saggiamente la necessaria formazione dei docenti e dice tra l’altro con “democristiana” prudenza: col senno di poi la potrei ridire così: saranno riconosciute attività a scuola fino ad un massimo di 36 ore.
Io non so cosa davvero conterrà la bozza del 15 luglio, e quando sarà nota la commenterò. Però contesto – e in forma davvero forte – il modo del governo (e non solo) di approcciare la questione, e cioè ponendo sul piatto soprattutto tematiche “quantitative” (ore di lavoro, apertura delle scuole etc.) e non qualitative, come quella del reclutamento dei docenti e dei Dirigenti, delle loro formazione e valutazione (sì, cari colleghi, valutazione…) permanenti, e di una riflessione complessiva sul rapporto tra scuola e società, saperi e vita reale. Chi, come me, ha appena terminato (forse officiato?) la “liturgia” degli Esami di Stato (più bizantini o feudali? Apro il dibattito…) non può non chiedersi queste cose: troppa sciatteria nelle prove ministeriali, troppo nozionismo, troppi commissari inadeguati. Ed è solo un esempio.
Invece il governo (o i “perfidi” giornalisti travisatori) ha scelto di cominciare ipotizzando a breve la trasformazione dei professori in impiegati con tanto cartellino, o in baby sitter e/o badanti low cost. Ma questo piace a quei genitori che scrivono ai giornali chiedendo: dove metto mio figlio a luglio e agosto? Oppure accontenta quelli che tuonano contro i tre mesi di ferie dei docenti… Spero che Matteo Renzi – almeno sulla Scuola – provi a partire da questioni culturali, formative e pedagogiche, e non dagli umori della piazza. E, come vedete, nella mia riflessione di oggi, non ho mai parlato né di soldi aggiuntivi né di stipendi aumentati: la scuola aperta sempre, i docenti onnipresenti, etc. non potrebbero infatti essere “provvedimenti a costo zero”. Solo chi non ha visto (dal di dentro) la decurtazione pazzesca dei “Fondi d’Istituto” nell’ultimo anno può pensare che ci siano i quattrini per farlo davvero; tanto più quando si legge che il Provveditore di Genova chiede alle scuole di chiudere il sabato per risparmiare sul riscaldamento, e che tale ipotesi è allo studio di vari Uffici Scolastici. E allora – chiudo con una battuta – per compensare la chiusura di sabato terremo aperto fino a mezzanotte dal lunedì al venerdì?

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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