Note a margine di un recente libro, dove si propone l’identificazione della tomba del mitico re cretese.
Note a margine di un recente libro, dove si propone l’identificazione della tomba del mitico re cretese.
Partirò da una premessa fondamentale. Io credo che il re cretese Minosse – quello del Labirinto e del Minotauro, tanto per intenderci – non sia mai esistito. O almeno non lo sia nelle forme che il mito e una certa storiografia ci hanno tramandato. E la stessa cosa penso di Teseo, fondatore di Atene. O del “nostrano” Romolo, nonostante i recenti, eccezionali, scavi di Andrea Carandini sul Palatino: ma se già dubitava della sua esistenza Tito Livio, non vedo perché ci dovremmo intestardire noi moderni…
Allora il lettore potrebbe subito chiedermi perché recensisco questo libro di Rosamaria Rita Lombardo, L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse, Fara Editore, Rimini, 2013. Un libro, cioè, il cui titolo è in evidente conflitto con quanto appena affermato!
Lo faccio perché il grande studioso Marcel Detienne sostiene che il mito sia la “scatola nera dell’umanità” e dunque penso che ogni riflessione che da questo si origini sia un passo importante per capire da dove veniamo.
E poi perché – a prescindere dalla storicità o meno del suo protagonista e dalle conclusioni dell’Autrice – il libro è affascinante e si muove con eleganza (e con una prosa un po’ “barocca”, stilisticamente alta) tra passato e presente, tra fantasia e concretezza archeologica, tra testi greci classici e filastrocche popolari.
Ma veniamo al dunque. In numerose fonti antiche (tra le quali Erodoto, Diodoro Siculo, Aristotele, Strabone) si racconta che il re cretese Minosse morì (ucciso a tradimento in una vasca da bagno) in Sicilia, presso il re sicano Cocalo. Lì era giunto per “inseguire” il fuggitivo Dedalo: sì, proprio lui, l’architetto costruttore del Labirinto, l’infelice padre dello sfortunato Icaro.
L’Autrice localizzerebbe la tomba del grande re cretese nell’Agrigentino, e in particolare nell’area di alcune grotte – che lei ritiene siano state adibite a sepolcreto – sul monte Guastanella, che è da anni di proprietà della sua famiglia. Non posso che restare stupefatto davanti ad alcuni racconti che sono stati da lei catturati dalla cultura popolare locale, come quello del “re Mini-Minosse” sepolto in loco, oppure dello stesso personaggio evocato come una sorta di “uomo nero” che viene a spaventare i bambini cattivi (mi sembra di sentire echi danteschi: stavvi Minos orribilmente, e ringhia, Inf., V, 4). E non si può negare che la toponomastica abbia più di qualche reminiscenza cretese: tra tutti la presenza in quei pressi di una località di nome Mallia, lo stesso di un importante centro minoico.
Credo però che l’identificazione in situ di una sorta di trono, come pure quella di figure scolpite che ricordano tori, asce bipenni o addirittura figure femminili a seno nudo a mo’ degli affreschi di Cnosso abbiano bisogno di maggiori riscontri; e – soprattutto – di fotografie migliori, o almeno di disegni o rilievi decifrabili.
Per ora è tutto un po’ troppo “sulla fiducia”… e di questo l’Autrice è ben consapevole, chiamando (molto correttamente) a verificare le sue ipotesi gli archeologi militanti.
Sarebbe opportuno che il vostro recensore (che quelle grotte non ha mai visto) a questo punto sospendesse ogni altra considerazione. Ma l’immaginazione vola, davanti al mistero di una antichità tanto “fisicamente vicina” come quella che la Lombardo ci prospetta, e dunque butto lì un paio di riflessioni, che mi piacerebbe discutere con l’Autrice.
Che dire – ecco la prima – se tale memoria cretese fosse non così antica (cioè del II millennio a.C.), ma dipendente dalle fonti classiche che di Minosse in Sicilia parlano?
Insomma, gli stessi sicelioti, convinti in età storica della sua esistenza, avrebbero costruito ex post delle forme di culto eroico nei suoi confronti: da qui la toponomastica e le (eventuali) manifestazioni iconografiche.
Ed ecco la seconda, del tutto diversa, e pertanto alternativa alla precedente. Che dire di un contatto col mondo cretese ma “mediato” dai quei Micenei che ad un certo punto dominarono Creta, e che di sicuro sono attestati in transito (e non solo) nella Sicilia antica?
Ma qui mi fermo, perché non vorrei che per colpa mia la “scatola nera” diventasse uno “scatolone” pieno di azzardi. Non senza, però, lodare lo zelo di Rosa Maria Lombardo, e la passione con la quale ha analizzato il materiale che ci presenta: sono infatti sicuro che se il suo spunto sarà supportato da mezzi (anche tecnologici) adeguati, qualcosa verrà fuori. Magari non si tratterà di Minosse, e neppure di Dedalo, ma di qualche anonimo marinaio miceneo…
Poco importa: quel luogo magico che è la Sicilia ne sarà comunque ulteriormente valorizzato.
E dalle colonne de La ricerca mi permetto pertanto un appello. Perché Rosa Maria Lombardo, che è una collega di Liceo ma ha solida formazione archeologica, non apre le porte del feudo della sua famiglia a giovani specializzandi o dottorandi in Archeologia? Potrebbero aiutarla nel suo lavoro di riscontro del dato archeologico, e fungere da tramite con le Università dove essi studiano e laddove insegnano archeologi esperti: l’Autrice – con la memoria storica di cui è detentrice – diverrebbe dunque (se lo vorrà) il fulcro di una fruttuosa e affascinante triangolazione culturale.