Trezzo sull’Adda è un popoloso centro tra Milano e Bergamo, sito laddove il maestoso fiume lombardo si incrocia quasi ortogonalmente con l’A4, una delle strade più trafficate d’Europa. Natura e Civiltà (sic!) si incontrano quindi creando uno dei tanti “ossimori” della Lombardia, dove il cielo sarebbe pure così bello quando è bello, come diceva Manzoni, ma è spesso offuscato dall’inquinamento che talora vela tutta la nostra Padania (concetto unicamente geografico, si badi!); e laddove il fiume ha davvero la voce di un amico, d’un fratello, d’un salvatore, come pensava Renzo Tramaglino in fuga dal Ducato di Milano: ma è una voce che deve competere oggi con l’assai meno amichevole rombare dei TIR che transitano sull’autostrada…
Eppure Trezzo è località carica di storia e di cultura, come attesta il castello visconteo ancora visibile (opera di Bernabò Visconti nel 1370 ca.) e come suggerisce l’eco dei soggiorni di Leonardo, che – al seguito degli Sforza – sostò a lungo da queste parti, trasferendo nei suoi quadri più famosi echi del paesaggio fluviale.
E che dire della letteratura? A parte il Renzo manzoniano (già citato prima) che, durante la fuga, sentiva in quel vasto silenzio rimbombare / i tocchi d’un orologio: m’immagino che dovesse essere quello di Trezzo (Promessi Sposi, XVII), vi è un intero romanzo storico qui ambientato, scritto quasi “in parallelo” al capolavoro di Manzoni. Si tratta del Castello di Trezzo (1827), che il “nostrano” Giambattista Bazzoni ideò sulla falsariga delle opere di Walter Scott, e che ottenne presso il pubblico di allora un grande successo: di ciò fanno fede le ben dodici edizioni del romanzo, un vero best seller d’altri tempi!
Ma veniamo all’oggi. A Trezzo sull’Adda, proprio di questi tempi (lo scorso 15 marzo, per la precisione), è stata aperta al pubblico la Quadreria della storica “Collezione Crivelli”, nelle sale della Villa Comunale, sede della Biblioteca “Alessandro Manzoni” (via Dante 12). Si tratta di una raccolta significativa, fatta di dipinti, stampe, arredi e oggetti oggi riportati alla loro antica bellezza grazie a pazienti opere di restauro, messi in sicurezza ed esposti nelle tre sale della Villa, restaurate e riallestite su progetto dell’Arch. Elena Brambilla. Costituisce quel che resta di un collezionismo plurisecolare, che vide coinvolti i membri di una delle più importanti famiglie della nobiltà milanese, i Crivelli: tanto importante da fornire pure un papa (Urbano III, nel XII secolo), cardinali, vescovi e numerose figure di spicco nella vita politica e sociale della Lombardia. Una famiglia che aveva nel lussuoso Palazzo Crivelli di Via Pontaccio 12 a Milano la sua residenza maior, ma che, in tempi più recenti, possedette pure l’attuale Villa Comunale di Trezzo (“Villa Crivelli”, appunto), improntata al gusto del marchese Vitaliano: l’acquisizione da parte del Comune è infatti solo del 1966.
Non farò, in questa sede, l’elenco completo delle opere. Vorrei invece soffermarmi sulle due che mi hanno maggiormente impressionato, e che sono oggettivamente pezzi di rilevanza museale. E lo farò con un aiuto del tutto particolare, poiché ho chiesto ad Alberto Crespi, critico d’arte e autore del Catalogo che censisce l’intero patrimonio della Quadreria, di offrire ai lettori della Ricerca una breve riflessione su entrambe: e di questo lo ringrazio di cuore.
Ed ecco la prima delle due, che si impone nella prima sala per importanza storica e bellezza; è una Madonna con il Bambino, eseguita su tavola (cm. 56 x 47,5), databile all’ultimo decennio del XV secolo ed assegnabile all’ambito leonardesco nella figura del pittore Bernardino de’ Conti (Castelseprio 1465/1470 – Pavia 1523). Dice di questa Alberto Crespi:
La cosiddetta “Madonna Crivelli” è un dipinto su tavola databile attorno al 1490 e assegnato alla mano di Bernardino de’ Conti, importante ritrattista nell’ambiente sforzesco e seguace dei modi leonardeschi nell’iconografia sacra: l’attribuzione è stata ora confermata da Maria Cristina Passoni, Funzionario Storico dell’Arte della Soprintendenza di Milano. Questa Madonna col Bambino è un’opera che, con notevole eleganza formale, fa propri stilemi derivati da opere leonardesche, a partire dalla Vergine delle Rocce. La Madonna trattiene con la mano il Bambino seduto su un affaccio coperto da un tappeto orientale. Tra la mano della madre e quella del figlio passa lo stelo di un fiore, tolto da un vasetto. Sul fogliame sulla sinistra si posa un cardellino. Questa Madonna dev’essere stata per molto tempo legata alla proprietà Crivelli in Trezzo, considerata come bene prezioso lungo le generazioni per le qualità pittoriche espresse nell’ineffabile volto sottilmente chiaroscurato della giovane Vergine dai capelli a riccioli dorati, per la decorazione preziosa ma discreta delle sue vesti e per l’affettuosa partecipazione dell’artista al tema, a lato dei grandi esempi di riferimento, indipendentemente da qualche durezza attinente al suo linguaggio.
La seconda è invece di epoca assi più tarda, ed è la grandissima tela (cm. 494,5 x 291) del noto pittore neoclassico lombardo Giuseppe Bossi (Busto Arsizio 1777 – Milano 1815), raffigurante Edipo cieco che incontra le figlie, esposta nel salone della Biblioteca. Sentiamo, a suo proposito, ancora le parole di Crespi:1
Il quadro, dipinto ad olio su tela, rappresenta l’“Incontro di Edipo cieco con le figlie Antigone e Ismene sullo sfondo della città di Tebe”. L’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia nel Duomo di Milano con la Corona del Ferro della Basilica monzese costituì l’occasione per esporre nel maggio 1805 nel Palazzo di Brera la grande tela a soggetto dell’incontro di Edipo cieco con le figlie, cui Giuseppe Bossi aveva lavorato tra 1800 e 1804. Il dipinto fu acquistato dai Melzi d’Eril per passare nel 1840 alla raccolta di Vitaliano Crivelli, allora consigliere straordinario dell’Accademia di Brera. Il grande quadro rimase stabilmente nel salone al primo piano della Villa di Trezzo fino al 2002 quando fu esposto alla mostra “La Repubblica Italiana e Napoleone 1802-1805” alla Rotonda della Besana. L’opera è un perfetto esempio della portata della tradizione classica alle soglie della rivoluzione romantica. Il soggetto era stato suggerito dalla lezione sull’Edipo Re di Sofocle tenuta da Giuseppe Parini nel Ginnasio di Brera. Riflessi dalla lezione raffaellesca, ammonimenti leonardeschi e suggestioni canoviane si integrano nella scena di Bossi. La gestualità delle mani lega i protagonisti fortemente illuminati al centro del quadro, il coro si dispone pressante e concitato tutt’attorno, lo squarcio teatrale sul fondale architettonico densamente figurato riflette l’eco delle profonde emozioni in gioco.
L’intento dichiarato dalla Amministrazione Comunale, nella persona del Sindaco Danilo Villa e dall’Assessore alla Cultura Italo Mazza, è quello di aprirsi il più possibile alle scuole, e coinvolgere gli alunni e i docenti del territorio in progetti didattici permanenti.
L’idea, ovviamente, mi pare ottima, così come mi paiono ottime l’attuale collocazione degli oggetti, la loro visibilità e fruibilità. Infatti, se mi è lecita una battuta finale (provocatami dal quadro di Giuseppe Bossi), Trezzo sull’Adda non sarà certo il demo ateniese di Colono, ricco di ulivi, che secondo il poeta Sofocle accolse Edipo dopo che gli dèi gli avevano inflitto indicibili sciagure e infinite peregrinazioni. Ma offre anch’essa – e parlo proprio di Trezzo… – una schietta, generosa ospitalità all’eroe tebano: infatti – almeno per quanto concerne il suo quadro – Edipo è oggi accolto in un elegante salotto, come ospite d’onore, e non come il “figlio della fortuna” di quelle tragedie sofoclee che Bossi aveva conosciuto, come Crespi ci ricorda, attraverso le dotte spiegazioni del suo contemporaneo Giuseppe Parini.
Alberto Crespi è storico e critico d’arte. Curatore di numerose esposizioni e autore di articoli e monografie, da molti anni collabora con Istituzioni pubbliche e private in attività volte al recupero e alla valorizzazione del patrimonio artistico lombardo.