I rapporti tra le opere di Daphne du Maurier e il cinema sono stati intensi. Alfred Hitchcock ha attinto ai suoi libri per la stesura dei soggetti di La taverna della Giamaica (1939), Rebecca – La prima moglie (1940) e Gli uccelli (1963). Ed è proprio con Rebecca -La prima moglie che Rachel ha più assonanze, sia per il ruolo centrale del personaggio femminile, che per l’atmosfera di sfuggente ambiguità psicologica e le lugubri connotazioni noir. Tuttavia non mancano rimandi e citazioni a un altro grande classico del maestro del brivido, Notorius – L’amante perduta (1946). Del capolavoro interpretato da Ingrid Bergman e Cary Grant ritroviamo l’incolmabile e misteriosa distanza che pervade ogni l’intimità di coppia, mirabilmente messa in scena anche da Kubrick in Eyes Wide Shut (1999), e il tema del lento avvelenamento dell’amata, quasi a simboleggiare come l’amore stesso e la vicinanza eccessiva siano non solo pericolosi, ma addirittura una subdola e inconscia forma d’intossicazione, quantomeno psicologica.
Siamo sulle coste della Cornovaglia all’inizio dell’800. Philip, rimasto orfano da bambino, è stato allevato dall’anziano cugino Ambrose. Ormai adulto, riceve dall’Italia alcune accorate lettere del cugino che lo turbano profondamente. Ambrose non sta bene e sospetta che la causa del suo malessere psicologico e del suo progressivo decadimento fisico sia la giovane moglie Rachel. Quando Philip arriva a Firenze Ambrose è morto e Rachel ha già lasciato la città. Philip torna a casa covando un sentimento d’odio e vendetta verso la misteriosa cugina. Ma quando Rachel lo raggiunge in Cornovaglia, la sua bellezza e il suo fascino destabilizzeranno l’ingenuo e sprovveduto Philip, facendolo cadere in un profondo tormento psicologico.
Da questo preambolo si dipana la storia del film, tutta incentrata sull’ambiguo rapporto, di contrastanti sentimenti, tra Philip e Rachel, su quella zona d’ombra che s’insinua in modo maligno tra ragione e istinto. Una metastasi che annebbia la vista, corrode il pensiero, spinge a ricorrere le pulsioni fino al margine nero dell’abisso. Chi è veramente Rachel? La spietata e lucida opportunista che ha sposato e poi portato alla morte Ambrose o la fragile e sensibile fanciulla, ingenua e bisognosa di protezione? Il giovane Philip sembra cadere nella schizofrenica trappola di quest’antitetico dualismo, fino a smarrire non solo l’identità, ma anche la ragione. L’odio si trasforma in amore, anzi in una passione cieca e devastante, che rischia di sconfinare nell’autolesionismo patologico.
Il film esprime anche sul piano iconografico il tema centrale dell’ambiguità, presente non solo nei sentimenti e nelle parole, ma anche nella visione. Le inquadrature che ritraggono Rachel, sotto la superficie ammaliante e seducente di una classicheggiante bellezza, contengono sempre in controluce una trama torbida, che suggerisce il lato oscuro e misterioso del suo carattere e delle sue azioni. I suoi sguardi, carichi d’innocente erotismo e di sensuali promesse, restano algidamente trattenuti da un atteggiamento di formale distacco.
Sono queste increspature della visione che ci portano dentro i sentimenti di Philip, in empatia con il suo naufragare disperso nel cangiante rincorrersi di percezioni distoniche, incongruenti e conflittuali. Le atmosfere cupe, nere e luttuose prendono possesso della scena, e le fioche luci delle candele sono solo illusori e fuorvianti momenti di speranza, nel profondo buio delle tenebre.
Il nero diviene così non solo una scelta estetica della messa in scena, ma anche colore simbolo della narrazione. Segno e significato semantico della storia, che sembra nutrirsi dell’oscurità fino a offuscare completamente i lumi della ragione. Philip insegue questa intricata trama di distorti e luttuosi arabeschi, perdendosi in un labirinto senza vie d’uscita, dove Rachel si diverte a giocare, come in un caleidoscopico straniante, i ruoli di vedova, cugina, amica, amante, vittima e carnefice. Una perfetta dark lady, che con il potere della sua bellezza e della sua sessualità, attraversa l’esistenza camminando pericolosamente sul filo della lama del suo fascino manipolatorio.
Rachel
Regia: Roger Michell
Con: Rachel Weisz, Sam Claflin, Holliday Grainger, Iain Glen, Pierfrancesco Favino, Vicki Pepperdine, Chris Gallarus, Andrew Knott
Produzione: USA, 2017
Durata 106 minuti