Quanto (poco) sappiamo degli stili cognitivi
L’indirizzo tradizionale e ancor oggi più frequentato in pedagogia si fonda su competenze sequenziali, verbali e logico-matematiche elaborate dall’emisfero sinistro del cervello (West, 1997). Vi sono però individui che durante i processi cognitivi attivano prevalentemente le aree cerebrali dell’emisfero destro, in cui si organizzano competenze spaziali e non verbali, e possono essere in difficoltà nell’adeguarsi a uno stile pedagogico non confacente alle loro capacità.
Liu e Ginther definiscono lo stile di apprendimento cognitivo come «una predisposizione strutturale e caratteristica di ogni individuo a percepire, ricordare, organizzare ed elaborare i dati del pensiero in un particolare modo». Aggiungono che lo stile di apprendimento costituisce il principale fattore di differenza fra gli studenti e che si otterrebbero grandi vantaggi se i materiali didattici e gli stili di insegnamento fossero coordinati con il loro peculiare modo di imparare. Tuttavia, sebbene risulti con evidenza che gli individui si differenziano nel privilegiare l’uno o l’altro emisfero cerebrale, la ricerca scientifica non ha ancora chiarito il grado di questa polarizzazione e Mentre la maggior parte delle persone tende a pensare in termini verbali e non visivi, l’uso di visualizzare i concetti sembra essere crescente nella società contemporanea.soprattutto le sue conseguenze sulle modalità verbali e non verbali del pensiero (West).
Nonostante queste difficoltà interpretative, rimane la problematica evidenza che, mentre la maggior parte delle persone tende a pensare in termini verbali e non visivi, l’uso di visualizzare i concetti sembra essere crescente nella società contemporanea.
Un tema molto trattato in queste ricerche riguarda il modo in cui le competenze visive, in qualunque modo le si voglia definire, possano essere sviluppate. Le prime ipotesi, elaborate da Tuckey e Selvaratnam, mettevano in luce la centralità della pratica e delle esperienze concrete. Altre più recenti, tuttavia, sottolineano l’importanza della preparazione di base dello studente, un fattore decisivo per l’efficacia della strumentazione didattica visiva. Studenti con uno scarso dominio concettuale della materia possono trovarsi in grave difficoltà nell’interpretare espressioni grafiche non del tutto evidenti.
Da non dimenticare, infine, che i linguaggi visivi giocano un ruolo importante nell’educazione di alunni sofferenti di disabilità linguistiche e disordini dell’udito, così come si dimostrano molto utili quando vi sono da superare barriere linguistiche.
Le (tante) definizioni di visual literacy
Dell’alfabetizzazione visiva sono state elaborate numerose definizioni. Wileman la intende come «la capacità di leggere, interpretare e capire le informazioni presentate in immagini pittoriche o grafiche», ponendola in stretta relazione con il pensiero visivo, a sua volta descritto come «la capacità di trasformare ogni tipo di informazione in immagini, schemi grafici o forme di comunicazione non verbale».
La ERIC (Education Resources Information Center) fornisce questa spiegazione: «un gruppo di competenze che permette agli esseri umani di discriminare e interpretare i dati visibili che incontrano nel loro ambiente di vita, costituiti da azioni, oggetti, simboli naturali o culturalmente costruiti». Robinson propone invece di considerare la visual literacy come «una capacità di prevalente tipo organizzativo, utile per promuovere la comprensione, la conservazione e la memorizzazione della grande quantità di concetti veicolati dall’educazione accademica». Sinatra, infine, ponendo l’accento sulle forme dell’attività cognitiva, la intende come «la capacità di integrare la propria L’alfabetizzazione visiva è la capacità di leggere, interpretare e capire le informazioni presentate in immagini pittoriche o grafiche.passata esperienza percettiva con i nuovi messaggi visivi ricevuti dall’ambiente, così da essere in grado di capirne il significato».
Andando oltre queste problematiche sintesi di fenomeni forse troppo complessi, Emery e Flood fanno notare che l’uso e l’interpretazione delle immagini costituiscono in ogni caso un linguaggio specifico, nel senso che le rappresentazioni visive sono oggi molto utilizzate per comunicare messaggi che devono essere decodificati in modo da avere un senso. Ma se consideriamo la visual literacy al pari di una lingua, sorge la necessità di saper comunicare usando tale linguaggio, il che implica la consapevolezza delle sue dinamiche specifiche. Come quella linguistica, anche l’alfabetizzazione visiva è culturalmente determinata, sebbene esistano forme simboliche universali e immagini interpretate ovunque allo stesso modo.
La natura delle competenze visive
Branton propone due interessanti domande: «L’uso delle moderne tecnologie richiede particolari competenze visive?». E d’altra parte: «Può la stessa tecnologia essere utilizzata per migliorare le capacità del pensiero visivo?». Secondo questa ricercatrice la questione dell’alfabetizzazione visiva va inquadrata all’interno di una pedagogia costruttivista, intesa come «una teoria dell’apprendimento per la quale gli individui acquisiscono conoscenze attraverso l’interazione delle capacità innate con i dati forniti dall’ambiente». E oggi questa interazione avviene soprattutto nell’uso della tecnologia, in particolare delle interfacce grafiche introdotte dal WEB, che richiedono la competenza di interpretare ed usare creativamente una crescente simbologia visiva.
Heinich nota come in generale vi siano due approcci allo sviluppo di queste competenze. Il primo sta nell’aiutare gli studenti a leggere i messaggi visivi attraverso tecniche di analisi pratica al fine di acquisire i codici culturali e spesso convenzionali che ne permettono la decodifica. Il secondo sta nell’invitare gli studenti a usare essi stessi forme grafiche e visive come strumento di comunicazione. Sebbene siano in parte sovrapponibili, si tratta di due competenze molto diverse, accomunate però dallo svilupparsi solo attraverso l’esercizio pratico. Entrambe, comunque, dotate di un alto grado di complessità, perché come il pensiero verbale usa parole, frasi e paragrafi per ottenere uno stile particolare, così quello visivo raggiunge un equivalente grado di significanza con l’uso combinato di oggetti, spazi, luci, forme grafiche e suggestioni di tipo emotivo.
L’uso delle moderne tecnologie richiede particolari competenze visive? Può la stessa tecnologia essere utilizzata per migliorare le capacità del pensiero visivo?Che il dominio delle competenze visive sia importante anche per migliorare l’apprendimento verbale è stato sostenuto da Flattley. Dato che nello sviluppo umano l’alfabetizzazione verbale segue quella visiva, è in questa che vanno cercate le fondamenta di quei processi di pensiero che poi si esprimono nella lettura e scrittura. Berger così sintetizza il concetto: «Il vedere precede il parlare. Il bambino guarda e riconosce prima di usare le parole». Del resto è proprio questo il significato del celebre Cono dell’esperienza proposto dal pedagogista americano Edgar Dale (1900-85): l’apprendimento si svolge dal concreto all’astratto e i simboli visivi costituiscono rappresentazioni non verbali che precedono quelle verbali.
Sono quindi le attività e i comportamenti pratici a fornire le basi concrete per l’uso astratto di simboli, anche quelli atti a definire e spiegare le attività stesse. Questa Come diceva Van Gogh, una buona immagine è equivalente a una buona azione.cognitività materiale precede la capacità di osservazione che è a sua volta seguita da quella di formulare rappresentazioni astratte. È un processo che facilita la riconcettualizzazione e la comprensione di determinate esperienze prima ancora che ne siano fornite descrizioni verbali. In breve: proprio perché sono in fondo elementi d’esperienza, immagini e illustrazioni sono in grado di catturare e comunicare tratti della realtà vissuta in una grande varietà di modi. Come diceva Van Gogh: «Una buona immagine è equivalente a una buona azione».
Le ricerche sperimentali
Per pensare e imparare visivamente in sostituzione o in aggiunta alle lezioni tradizionali e alle descrizioni verbali sono necessari cambiamenti nelle tecniche di apprendimento e di insegnamento.
Gli studenti hanno bisogno di imparare visivamente e gli insegnanti hanno bisogno di imparare a insegnare visivamente.West, ad esempio, ha proposto un innovativo approccio alla matematica in cui gli studenti “fanno” la disciplina piuttosto che “guardarla”. È una tecnica che predilige gli strumenti della grafica interattiva alle concettualizzazioni verbali. Come afferma lo stesso autore: «Le parole sono in grado di esprimere un’idea solo dopo che questa si è già ben formata nella mente».
Altre ricerche suggeriscono che l’integrazione di apparati visivi alle lezioni ordinarie migliora l’apprendimento con vari gradi di successo. Chanlin ha indagato come lezioni senza grafica, corroborate da una grafica statica oppure ancora da animazioni grafiche, influenzino gli studenti in base ai loro differenti livelli di conoscenza generale dei problemi, determinando in particolare il modo in cui elaborano forme di conoscenza procedurale e descrittiva.
Quando le conoscenze di base sono scarse, tutte le rappresentazioni grafiche, sia fisse sia animate, funzionano meglio delle lezioni verbali nell’apprendimento di conoscenze descrittive, ma non sembrano influire in modo rilevante su quelle procedurali. D’altra parte, quando gli studenti sono già ben preparati, sono le animazioni grafiche a fornire gli stimoli migliori negli apprendimenti descrittivi, ma le competenze procedurali si avvantaggiano soprattutto delle forme statiche di grafica.
Quando le conoscenze di base sono scarse, tutte le rappresentazioni grafiche, sia fisse sia animate, funzionano meglio delle lezioni verbali nell’apprendimento di conoscenze descrittive, ma non sembrano influire in modo rilevante su quelle procedurali.Anche le ricerche di Chanlin suggeriscono che studenti con differenti livelli di conoscenza preliminare rispondono in modo diverso alle specifiche forme di presentazione, concludendo che l’efficacia del visual design per l’apprendimento è strettamente dipendente dal grado di conoscenze preventive degli studenti. Le animazioni non sono superiori alla grafica statica e possono anche essere fonte di forte distrazione, se azioni e movimenti non sono strettamente coerenti con significati precisi e con le modalità con cui gli studenti elaborano le informazioni visive. In un ulteriore studio, lo stesso autore suggerisce che la proposizione di animazioni visive favorisce l’apprendimento soprattutto nei maschi.
Kleinman e Dwyer hanno dimostrato che l’uso di grafica a colori nei materiali didattici è più efficace di quella in bianco e nero, in particolare nell’apprendimento concettuale. Questi risultati, tuttavia, sono in contrasto con uno studio di Myatt e Carter, secondo i quali, sebbene la maggior parte degli studenti preferiscano immagini a colori, la presenza di questi non ha un impatto significativo sul livello di apprendimento. I due ricercatori notano poi che, sebbene i giovani studenti preferiscono immagini semplici e quelli più grandi rappresentazioni più complesse, le forme grafiche meno elaborate sono di solito più efficaci indipendentemente dalla fascia di età. Inoltre, non necessariamente gli studenti imparano meglio dai tipi di immagini che preferiscono visualizzare.
Testi orali, visivi e misti a confronto
In un’interessante sperimentazione, Mayer ha confrontato la ricezione di uno stesso contenuto, la descrizione di un processo, presentato in due modi diversi: da una Una presentazione multimediale è più efficace di una meramente verbale, e lo è ancor più quando contiene una piccola quantità di testo piuttosto che una grande.parte un testo di seicento parole, dall’altra una sintesi multimediale costituita da una sequenza di illustrazioni, ognuna dotata di una breve dicitura. I risultati suggeriscono che una presentazione multimediale è più efficace di una meramente verbale, e lo è ancor più quando contiene una piccola quantità di testo piuttosto che una grande. Gli studenti possono imparare in modo più efficiente da sintesi concise, in particolare quando parole e illustrazioni sono strettamente connesse. I soggetti esaminati in questo studio, tuttavia, avevano un basso livello di conoscenza della materia e gli stessi ricercatori fanno notare che probabilmente i risultati sarebbero diversi con studenti esperti.
Queste evidenze corroborano le già citate intuizioni di Chanlin relative sia al maggiore impatto delle elaborazioni visive sugli studenti più inesperti, sia alla efficacia di integrare immagini e parole nel favorire lo sviluppo di connessioni mentali utili all’apprendimento.
Sia lo stile cognitivo degli studenti sia la loro esperienza nella materia sono stati considerati da McKay (1999) in una ricerca comparativa sulla ricezione di materiali didattici esclusivamente verbali con altri supportati da elementi grafici. I soggetti classificati come studenti alle prime armi e dotati di uno stile cognitivo verbale hanno ottenuto risultati migliori combinando testi e grafica, mentre, in contrasto con le aspettative, gli stessi risultati non sono stati raggiunti da novizi individuati quali possessori di uno stile cognitivo visivo. Tuttavia, tutti gli studenti hanno mostrato miglioramenti nei punteggi dei test quando hanno ricevuto materiali didattici misti. Inoltre, tutti gli studenti alle prime armi di entrambe le categorie di apprendimento cognitivo hanno mostrato un miglioramento maggiore nei punteggi rispetto ai discenti esperti. Infine, Roshan e Dwyer hanno provato a sottoporre agli studenti vari tipi di grafica statica (mappe, schemi, reti concettuali, ecc.), non trovando rilevanti differenze nella loro efficacia. Decisivo appare invece il tempo dedicato alla loro osservazione.
Tratto da: S. Stokes, Visual Literacy in Teaching and Learning: A Literature Perspective, in «Electronic Journal for the Integration of Technology», 2001.
Traduzione a cura di Francesca Nicola.