La crescente attenzione rivolta alle analisi comparative internazionali sui livelli di apprendimento e sulle caratteristiche dei sistemi di istruzione ha da tempo sollevato una serie di interrogativi riguardanti le modalità e gli strumenti di insegnamento ed apprendimento che caratterizzano le nostre scuole e le dimensioni temporali dell’apprendere. Comunque li vogliamo chiamare o caratterizzare, è un fatto che gli studenti che frequentano oggi le nostre scuole hanno un modo del tutto diverso di comunicare, percepire, rapportarsi al mondo e alla conoscenza. Per usare le parole di Michel Serres: «Senza che noi ce ne rendessimo conto, e in un breve intervallo di tempo, è nato un nuovo tipo di essere umano. Questo ragazzo o questa ragazza, non ha lo stesso corpo né la stessa aspettativa di vita di chi lo ha preceduto; non comunica secondo le stesse modalità, non percepisce lo stesso mondo, non vive nella stessa natura né abita il medesimo spazio […]. Queste trasformazioni, che chiamo ominescenti e che si verificano molto raramente nella storia, creano nel bel mezzo della nostra epoca e dei nostri gruppi una spaccatura talmente estesa ed evidente che solo in pochi sono riusciti a valutarne la portata. Una spaccatura paragonabile a quelle createsi nel neolitico, agli albori della scienza greca, all’inizio dell’era cristiana, alla fine del Medioevo e del Rinascimento. Sul margine inferiore di questa fenditura si trovano i giovani, ai quali pretendiamo di dispensare degli insegnamenti sulla base di schemi che risalgono a un’epoca in cui loro non si riconoscono più: edifici, cortili di ricreazione, aule, anfiteatri, campus, biblioteche, laboratori e le conoscenze stesse sottintendono contesti risalenti a un’epoca e poi adattati in un’altra, in cui uomini e mondo erano ciò che non sono più».
Si pongono quesiti nuovi relativamente alle competenze in uscita richieste ad alunni e studenti che completano i cicli dei sistemi nazionali di istruzione: per permettere a tutti un pieno godimento dei diritti di cittadinanza, ma anche per garantire livelli adeguati di flessibilità in un mercato del lavoro globalizzato che valorizza professionalità in continuo cambiamento. Sono competenze che delineano una sorta di curricolo nascosto e sotteso a quello esplicito formalizzato nei sistemi istituzionali, che seleziona i giovani pronti ad affrontare le sfide delle nuove professionalità e di una società partecipativa. Secondo Thomas Friedman (2005), autore di The world is flat, queste capacità, necessarie per ricoprire le professionalità richieste da un’economia globalizzata, possono essere così sintetizzate: collaborate, synthesize, explain, leverage, adapt, personalize, localize. Secondo Jenkins (2006) si tratta invece di: play, performance, simulation, appropriation, multitasking, distributed cognition, collective intelligence, judgment, transmedia navigation, networking, negotiation.
Ripensare l’idea di tempo-scuola
Su questa linea si stanno sviluppando, a livello internazionale, numerose direttrici d’analisi finalizzate a fornire ai ministeri dell’istruzione indicazioni utili per supportare l’innovazione e il cambiamento nel sistema scolastico (Brown e altri, 2009, Commissione Europea, 2010, CEDEFOP, 2010, Eurydice, 2010). In particolare è al centro dell’attenzione l’ambiente di apprendimento e nello specifico il concetto di aula e di tempo-scuola, due parametri spazio-temporali da ripensare alla luce di nuove esigenze e priorità.La società e il mondo del lavoro richiedono giovani in grado di accedere e attingere all’informazione disponibile e di collaborare efficacemente con gli altri, sintetizzare, presentare, spiegare, sfruttare al meglio le potenzialità delle risorse tecnologiche e umane a disposizione, adattare competenze avanzate a obiettivi specifici diversificati, personalizzare, localizzare (Friedman, 2005) e di agire le competenze chiave (Unità Italiana di Eurydice, 2007) in un contesto pervaso da tecnologie digitali. Questo contesto ridimensiona l’importanza storicamente attribuita alla facoltà umana di immagazzinare un corpus vasto di nozioni e informazioni afferenti a diversi ambiti disciplinari (Burden, 2010).
Assieme all’intelligenza connettiva (De Kerckhove, 1997) anche la memoria diviene connettiva: «Come nel passato i contenuti essenziali della cultura sono stati raccolti in libri, biblioteche, musei e monumenti di ogni tipo, così oggi essi stanno passando alle reti, prima di tutto con i media. […] Il Web offre l’accesso al contenuto di una specie di memoria comune, alla quale ogni internauta, a suo modo, partecipa. […] In questa memoria bisogna sapersi muovere. All’occorrenza, dovremo attenderci dal Web lo stesso grado di pertinenza, per non dire di istantaneità, che ci attendiamo dal nostro pensiero» (De Kerckhove, 2008). Una tale visione stride con le consuetudini e le regole in cui la scuola si è a lungo involontariamente arroccata e che considerano le fonti e gli archivi di informazioni (la rete, i libri) e gli strumenti in grado di accedervi (i dispositivi tecnologici) come un elemento marginale rispetto all’apprendere quotidiano e ai momenti delle prove di verifica di tali apprendimenti. I metodi e gli strumenti di verifica degli apprendimenti ricalcano in molti Paesi ancora forme e modalità del tutto obsolete rispetto a quanto richiesto e diffuso nelle comunità in cui viviamo (Anderson e altri, 2000). Spesso sono le stesse aziende che operano nel settore dell’Information Technology (IT) a promuovere iniziative volte a sollecitare interventi e riforme in grado di introdurre sistemi di valutazione in linea con le esigenze e le modalità di valutazione che si verificano nella vita quotidiana, sociale e professionale.In questo quadro la Danimarca rappresenta un interessante caso di sistema che ha sviluppato iniziative diversificate ma complementari a supporto dell’innovazione, in particolare rispetto agli ambienti e alle modalità di verifica degli apprendimenti.
I piani nazionali per la modernizzazione delle scuole
Dal 1985 Uni-C, l’agenzia nazionale che promuove servizi tecnologici per la ricerca e il settore educativo, ha supportato costantemente i processi d’innovazione e riforma del sistema scolastico, creando una base solida per il fiorire di sperimentazioni, buone pratiche e iniziative pilota che sono guardate con grande interesse dal resto dell’Europa. Con i suoi oltre 300 ricercatori dislocati nelle tre sedi di Copenhagen, Lyngby e Aarhus, Uni-C ha guidato il processo di modernizzazione del sistema accompagnando le iniziative su larga scala che dal 1995 hanno interessato le scuole:
• ICTs in the education system (1998), un piano quinquennale per diffondere la connettività, le risorse digitali per la didattica e il rinnovamento della pratica didattica;
• Denmark’s strategy for education, learning and ICT (2001), un’iniziativa volta a promuovere il cambiamento attraverso il rinnovamento del curricolo, la formazione degli insegnanti e la creazione di un sistema di knowledge sharing tra le scuole del territorio;
• ICTs in state education (2004-2008), per l’introduzione delle LIM, lo sviluppo di un portale nazionale di risorse per la didattica (EMU) e l’introduzione della certificazione delle competenze degli alunni;
• Denmark in the global economy (2006), specificamente rivolto alla formazione degli insegnanti nell’ambito delle nuove tecnologie;
• National Strategy for ICT-supported learning (2007), per introdurre nuove forme di flessibilità nell’organizzazione spazio-temporale della didattica.
Con queste e altre iniziative minori il governo ha voluto garantire le premesse necessarie per lasciare poi alle scuole la responsabilità di sviluppare autonomamente i propri servizi educativi per il territorio prendendosi cura dei propri ambienti di apprendimento nel quadro di una didattica moderna e al passo con una società in rapido cambiamento.
Delle circa 2300 scuole danesi il 98% possiede una connessione a banda larga e il 67% ha dotato i propri studenti di computer in ogni classe. Solo il 15% dei computer in dotazione delle scuole è destinato a laboratori specifici, e la tecnologia è presente trasversalmente in tutte le discipline di insegnamento. Le scuole utilizzano un sistema di Virtual Learning Environment (VLE) messo a disposizione da Uni-C e composto dalla piattaforma Skolekom che registra 600 000 iscritti fornendo un sistema di comunicazione e messaggistica scuola-scuola e scuola-famiglia per il personale degli istituti di ogni ordine e grado, per gli alunni e le loro famiglie. Il portale nazionale EMU (Electronic Meeting Place for the Educational World) fornisce risorse formative ed informative per docenti e famiglie. Skoleintra è invece un sistema di Intranet ad accesso protetto che include una serie di sotto-ambienti dedicati riservati ad attività specifiche: la visualizzazione delle attività degli alunni da parte dei genitori, l’area di lavoro per docenti e studenti, l’area di condivisione per gli enti locali, l’area per l’organizzazione delle attività dei docenti. Le scuole sottoscrivono un abbonamento annuale di 1500 euro per usufruire di un sistema tecnologico in grado di soddisfare le diverse esigenze attraverso la completa digitalizzazione delle procedure.
Tecnologie e modalità di verifica
Tale quadro è la premessa per alcune iniziative particolarmente interessanti che vorremmo leggere alla luce delle considerazioni fatte a proposito dei due temi centrali individuati: le caratteristiche dell’ambiente e le modalità di verifica degli apprendimenti degli studenti. I due temi sono strettamente correlati: l’introduzione delle tecnologie e dei contenuti digitali nella didattica quotidiana è in grado di produrre degli effetti di innovazione stabili se integrati in un percorso organico e coerente e dunque se si è in grado di superare il carattere di episodicità della sperimentazione. È necessario che anche le prove di fine anno scolastico siano strutturate in modo organico e coerente al percorso sviluppato durante l’anno. Da questo punto di vista è interessante soffermarsi sull’iniziativa pilota promossa dal ministero dell’istruzione danese che si sta estendendo a un numero crescente di scuole. Quattordici scuole secondarie di secondo grado hanno svolto una sperimentazione nel 2010 in cui gli studenti potevano accedere liberamente a Internet durante lo svolgimento delle prove scritte degli esami di fine ciclo. Per il 2011 tutte le scuole danesi sono state invitate ad aderire al nuovo sistema Web-based promosso dal governo. L’allora ministro dell’istruzione danese Bertel Haarder dichiarava: «I nostri esami devono permettere alle classi scolastiche di rispecchiare la vita di tutti i giorni. Internet è indispensabile, anche nello svolgimento degli esami. Sono sicuro che in pochi anni anche gli altri Paesi europei dovranno allinearsi».
Frequentare on-line, da casa
Agli studenti non viene richiesto di memorizzare fatti e nozioni: l’enfasi è posta sulle capacità di comprendere, analizzare e rielaborare in un contesto di comunicazione multimodale. L’iniziativa non nasce come misura drasticamente rivoluzionaria ma come evoluzione di un percorso che dal 1997 ha introdotto gradualmente l’uso del computer nelle prove d’esame di tutte le discipline degli indirizzi secondari tecnici e commerciali. In discipline quali economia, matematica, fisica, inglese e danese, dal 2001 le prove sono assegnate tramite CD-ROM sebbene senza l’uso di Internet. L’utilizzo di filmati, risorse web e contenuti multimediali per lo svolgimento di test e prove di valutazione, cosi come l’integrazione delle TIC negli ambiti curricolari, sono realtà acquisite da tempo. È interessante notare, tra l’altro, come il sistema scolastico preveda che fino al 25% del monte ore annuale possa essere svolto in modalità on-line con gli studenti connessi dalla biblioteca, da casa o da qualunque altro luogo. In questa ottica l’apertura alla connessione Internet si configura come una naturale evoluzione verso un sistema che valorizza le nuove competenze di cui abbiamo parlato nella prima parte della nostra trattazione.
Il coinvolgimento di tre ambiti disciplinari dei percorsi di scuola secondaria non a indirizzo tecnico o professionale è il segnale dell’estensione della sperimentazione ad ambiti tradizionalmente più resistenti al cambiamento: danese, matematica e scienze sociali sono le prime discipline ad affrontare la sfida dell’accesso alla rete durante le prove. Le misure per fronteggiare le problematiche più diffuse non differiscono dai sistemi tradizionali: l’esclusione dalla prova, il controllo rispetto a situazioni di plagio, la verifica dei logfiles del traffico Internet e così via.Lo scenario che la docente Sanne Yde Schmidt si trova di fronte la mattina dell’esame nella sua scuola Greve High School è esemplificativo: il pavimento dell’aula dell’esame è coperto di cavi e gli esperti informatici sono impegnati nel supportare gli studenti per verificare che i computer funzionino correttamente. I fogli delle prove e i CD-ROM sono distribuiti assieme, è l’esame di lingua danese. Un docente in piedi spiega ai ragazzi le regole: possono usare Internet per rispondere a tutte e quattro le domande poste; possono usare anche Facebook ma non possono usare servizi di instant messenging o e-mail con i compagni o persone esterne. La Danimarca offre interessanti spunti anche riguardo il tema della riorganizzazione degli spazi e dei tempi della didattica.
Nel 2003 è nata una delle prime scuole senza classi, la Hellerup Skole, recentemente visitata da un gruppo di ricercatori ANSAS per documentarne i caratteri innovati e le fasi di sviluppo. Si tratta di una Folkeskole, un istituto comprensivo, che accompagna gli alunni dall’età di 6 a 16 anni e che ospita 750 alunni.La scuola nasce da un progetto promosso dal comune di Gentofte e rientra in un piano più ampio del comune, SKUB–The School of the Future, iniziato nel 1998 e volto a modernizzare le scuole del proprio territorio e le metodologie di insegnamento/apprendimento. La scuola di Hellerup è l’unica struttura completamente nuova: il modello è la risultante di un lavoro di cooperazione tra famiglie, studenti, dirigenti scolastici, docenti, pedagogisti, architetti ed esperti degli enti locali.Il concetto generale è basato su un uso multifunzionale degli spazi. Una grande scala unisce il piano terreno ai due superiori in cui gli spazi aperti ospitano arredi mobili e flessibili in grado d’essere configurati in base alle esigenze del team didattico-pegadogico formato da docenti disciplinaristi ed esperti pedagogisti. La scala non è solo una struttura di passaggio ma uno spazio abitabile che ospita, sui suoi gradini ampi e sicuri, gruppi di ragazzi intenti a studiare, discutere, confrontarsi o semplicemente chiacchierare. Parti di scala possono fungere da piccolo anfiteatro scorrendo le tende laterali e creando una situazione di oscurità (per eventuali proiezioni) o un’area separata per la discussione di gruppo.
Tante case (con cucina) nella scuola
Il team didattico-pedagogico organizza gli spazi, pianifica e progetta le attività di gruppi di alunni di età diverse (ma in continuità, ad esempio dai 6 ai 9 anni). Ciascun alunno ha un proprio piano individualizzato, elaborato con funzione diagnostica e programmatica, discusso continuativamente con gli alunni e condiviso con i genitori. Obiettivi a breve, medio e lungo termine sono così discussi e condivisi guidando il percorso del ragazzo nei momenti di lavoro individuale e di gruppo. La scuola è un grande ambiente che ospita delle home areas, “piccole case”, al suo interno. Ciascuna delle nove home areas misura da circa 330 a 400 metri quadri ospitando dai 75 ai 100 alunni di età contigue. Ciascuna “casa” ha una piccola cucina, arredi mobili, divani, tavoli e postazioni per soddisfare le esigenze legate ai diversi tipi di attività progettate dai docenti. La home base è ciò che rimane del concetto di aula dedicata: i ragazzi di una classe di età si ritrovano in determinati momenti della giornata con il proprio docente di riferimento in uno spazio esagonale semichiuso per ricevere le indicazioni di lavoro, confrontarsi, condividere ed esporre il loro lavoro. Non si tratta però di uno spazio-classe stabile: nella home base non è possibile stare seduti con sedie e banchi per periodi prolungati ma solo per le fasi di lavoro che richiedono un confronto col gruppo-classe e il suo docente.
Gli altri momenti si sviluppano in altre zone in base al tipo di attività: nei laboratori disciplinari, nelle aree plenarie, nelle zone di lavoro individuali o di gruppo. Prese le consegne e condivisi i percorsi di apprendimento i ragazzi si dispongono per le attività di studio o di lavoro: i docenti seguono il proprio gruppo, guidano e orientano ciascuno studente nell’attività collettiva o individuale cercando di valorizzare le diverse attitudini e stili di apprendimento con l’intento di permettere a tutti di sviluppare al meglio le competenze-obiettivo combinando la capacità di lavorare con gli altri con la responsabilizzazione rispetto ai risultati da perseguire.
Considerata nel suo insieme, la scuola prevede delle macro-aree tematiche:
• The Earth è La Terra, il centro di incontro e l’area-caffè. Da qui è possibile accedere ad altre zone pensate per il relax o per situazioni informali;
• l’Opus è l’atelier musicale, il laboratorio con attrezzature e strumentazioni specialistiche;
• il Kulinarium è il laboratorio di cucina, dove si svolgono lezioni specifiche tenute dal docente responsabile;
• il Kulturium prevede spazi per le attività artistiche e creative; è una sorta di atelier scolastico a disposizione di alunni e docenti;
• il Forum è l’area-palestra al piano terreno dove si svolgono le attività ginniche e sportive indoor; spazi più ampi e altre attrezzature sono disponibili all’esterno della scuola;
• The Sun, al primo piano, è l’amministrazione che permette alla struttura di funzionare in base alle esigenze dei suoi diversi attori;• l’Universum è l’area che ospita le risorse informative di ogni genere: libri e postazioni con accesso a Internet sono a disposizione degli studenti che devono svolgere le attivtà assegnate;
• il Naturium, l’assieme dei laboratori scientifici, si trova al secondo piano dove si svolgono le lezioni di fisica, chimica e biologia;
• il Kuben è infine l’area riservata ai docenti e ai pedagogisti; essa è dotata degli strumenti di lavoro necessari agli insegnanti ed è adiacente alle aree in cui lavorano i ragazzi, nell’ottica della presenza e vicinanza continua tra professori e alunni.
La prima impressione per un visitatore che entra nella Hellerup Skole è quella di un edificio in cui ognuno svolge la propria attività in una dimensione quasi solipsistica. In realtà trattenendosi a osservare e capire l’organizzazione dei tempi e degli spazi del fare scuola si comprende presto che le attività sono pianificate e organizzate, gli spazi progettati e i ragazzi lavorano seguendo le indicazioni dei docenti ma assecondando anche le proprie propensioni e attitudini individuali e di gruppo. Alcuni alunni sono distesi sul pavimento e scrivono sul proprio quaderno, gruppi di compagni ripetono tra di loro cosa hanno elaborato, un ragazzo parla con il suo docente per chiedere chiarimenti, una ragazza si sgranchisce le gambe dopo essere stata seduta troppo a lungo. Parlando con i ragazzi, intervistando il dirigente scolastico, i docenti e i pedagogisti è facile capire come tutto abbia un senso. È facile capire che per quei ragazzi individualizzazione, cooperazione, responsabilità e passione per la conoscenza non sono parole ma fanno parte di una realtà vissuta assieme quotidianamente.