L’istruzione elementare delineata dalla Legge Casati, come abbiamo visto in un precedente articolo (La torta 7 vasetti e il sistema metrico decimale), prevedeva l’insegnamento autonomo del sistema metrico decimale, con una forte finalità pratica, accanto a quello dell’aritmetica elementare.
Anche lo studio dell’aritmetica poteva essere funzionale al nuovo Stato italiano. Apprendere a far di conto non era utile solo per tenere in ordine la contabilità quotidiana, ma anche per imparare a usare la lira al posto delle precedenti monete. A scuola venne proposto l’utilizzo del pallottoliere e molti insegnanti espressero il proprio timore per una eccessiva “meccanizzazione” del maestro e un minor impegno da parte degli alunni. Il maestro che invece approvava l’utilizzo dello strumento didattico venne ironicamente definito “Maestro pallottista”. Come sosteneva il Dizionario illustrato di pedagogia di Antonio Martinazzoli e Luigi Credaro (Milano, Vallardi, 1894), un bambino abituato a contare da 1 a 10 sul pallottoliere si sarebbe convinto che senza quelle pallottole colorate, così seducenti e facili da ricordare, non avrebbe potuto contare oltre il 10 o il 100, perché oltre quella quantità non c’erano più pallottole.
L’aritmetica, materia apparentemente neutra, ben si prestava a educare i cittadini alla vita economica della nazione. Le istruzioni per i maestri sottolineavano la necessità di impostare i problemi da sottoporre agli alunni non su dati immaginari, ma su oggetti di uso comune e situazioni reali, in modo da diffondere l’immagine positiva del lavoro, della beneficenza e del risparmio, in perfetta corrispondenza con i valori proposti dalle classi dominanti. I maestri venivano invitati a proporre precetti di vita in forma di problemi: non solo dai testi, ma anche dai quaderni dei bambini, con i problemi svolti in classe, si può riconoscere il riflesso del paese.
I protagonisti dei problemi non appartenevano a un’unica classe sociale, ma attingevano esempi da tutti i settori operativi: il contadino, l’operaio, il commerciante, l’artigiano, l’insegnante, ma anche il possidente o il banchiere. Un po’ meno presenti le donne, con qualche signora in cerca di velluto e operaie al lavoro.
L’invito alla beneficenza era sempre presente nella proposta dei problemi:
“Il buon Enrico ha 23 soldi, e ne dà 15 in limosina. Quanti gliene restano?” (V.G. Scarpa e G. Borgogno, Lezioni di aritmetica e sistema metrico decimale per il corso elementare inferiore, Paravia, Torino 1863).
L’educazione della popolazione alla “saggia economia”, la vita parsimoniosa e il risparmio, per rendere il futuro più sereno, venne affidata all’insegnamento dell’aritmetica. La Cassa di Risparmio raccoglieva i risparmi degli adulti e il piccolo salvadanaio quelli dei bambini.
“Un buon operaio deposita ogni anno alla Cassa di Risparmio 176 lire. Quanto avrà depositato dopo 6 anni?” (dal periodico per insegnanti: “Il maestro e la scuola”, 34, 24 giugno 1893).
I problemi mettevano spesso in luce la convenienza per i lavoratori di iscriversi alle Società di Mutuo Soccorso. In alcuni casi, l’etica del lavoro risultava particolarmente esplicita: un operaio
“spreca ogni dì festivo L. 1,20. Quanto risparmierebbe nulla sprecando?” (C. Balbo, Appunti di aritmetica, geometria e sistema metrico decimale con 200 problemi graduati per la IV classe elementare, Sandron, Milano 1911);
“Un operaio consuma L. 5 la settimana in sigari e acquavite, quanto consuma in un anno che conta 52 settimane?” (dal periodico per insegnanti: “Il maestro e la scuola”, 17-18 febbraio 1893).
Durante il fascismo, Balilla e Piccole Italiane diventarono i principali protagonisti dei problemi di aritmetica, come possiamo leggere sia nei testi scolastici:
“All’inaugurazione del Parco della rimembranza erano presenti 120 Piccole italiane, divise in squadre eguali di 40 fanciulle. Quante squadre di Piccole italiane erano presenti alla cerimonia?” (G. Sommadossi, Il fascio. Nuovissimo sussidiario Bemporad, Classe IV, Aritmetica, Bemporad, Firenze 1928);
sia nei quaderni dei bambini:
“per avere la tessera dei Balilla, Antonio mette da parte 25 centesimi ogni settimana, in quante settimane potrà pagarla? E in quanti mesi?”.
Il tema del risparmio si articolò soprattutto intorno al sostegno alla politica autarchica, adottata in risposta alle sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni per la campagna d’Etiopia:
“Durante l’assedio economico una madre offerse alla Patria il suo anello nuziale del peso di g. 7,32 e un braccialetto del peso di dag. 1,78. Quanti grammi pesava il braccialetto? Quanti grammi d’oro quella buona madre italiana offerse alla patria?” (E. Bonomi, Il libro della terza classe elementare. Aritmetica, La Libreria dello Stato, Roma 1940).
O come possiamo scoprire dai problemi dettati agli alunni:
“Una famiglia che aveva l’abitudine di acquistare stoffa inglese, quest’anno ha molto saggiamente preferito quella italiana. ha infatti acquistato 11 m di tessuti di lana nazionale pagandola L. 45,50 al m. Se avesse acquistato stoffa inglese della stessa qualità avrebbe dovuto pagarla L. 65 il m. Oltre il bel gesto di italianità compiuto, sono state risparmiate L…”.
La pratica del risparmio e della beneficenza fu sostenuta anche nei testi di aritmetica del secondo dopoguerra, in vista della ricostruzione economica del paese. Gli istituti bancari facevano pubblicare, per la “giornata del risparmio”, il 31 ottobre, il “Quaderno del Risparmio”, e forse qualcuno conserva ancora il piccolo salvadanaio in metallo che la Cassa di Risparmio distribuiva agli scolari, per invitare i bambini a una gestione oculata del denaro, nella concezione del risparmio come valore morale a vantaggio di tutta la nazione.
Per approfondire:
Gianluca Gabrielli, Appunti sulla didattica dell’aritmetica elementare tra l’Unità d’Italia e il fascismo, in School Exercise Books. A Complete Source for a History of the Approach to Schooling and Education in the 19th and 20th Centuries, a cura di Juri Meda, Davide Montino, Roberto Sani, 2 voll., Polistampa, Firenze 2010, pp. 913-928.
Leggere, scrivere far di conto e portarsi da galantuomini. Il contributo della scuola al processo di unificazione, a cura di Patrizia Zamperlin, Cleup, Padova 2011.