Picasso, ad Atene, dialoga con l’arte antica

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Sono molte le forme di arte “primitiva” o comunque “primitivista” (ma è bene mettere tra virgolette questi aggettivi, togliendo loro qualunque connotazione negativa) che influenzarono alcuni grandi pittori o scultori del Novecento, come – solo per fare qualche nome – Pablo Picasso, Alberto Giacometti o Henry Moore. Essi, pur con sfumature diverse, subirono suggestioni provenienti dall’arte africana o oceanica, da quella sumera o azteca, e – più in generale – amarono ispirarsi ai manufatti prestorici o protostorici, tra i quali spiccano quelli prodotti dalla cosiddetta Civiltà Cicladica, che si è sviluppata nella Grecia insulare a partire dal III millennio a.C.

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Una mostra al Museum of Cycladic Art

Non stupisce allora l’allestimento proprio presso il rinnovato Museum of Cycladic Art di Atene di una bella mostra intitolata Divine Dialogues. Picasso and Antiquity. Line and Clay, visitabile fino al prossimo 20 ottobre: l’esposizione è organizzata con il sostegno di FABA – Fondazione Almine e Bernard Ruiz-Picasso per l’Arte, del Musée Picasso Antibes, del Museo Picasso di Malaga e del Musée National Picasso di Parigi, ed è inserita nel progetto “Picasso-Mediterranée”.

In realtà, come si evince dal titolo, l’indagine va oltre il rapporto specifico dell’artista di Malaga con l’arte cicladica per affrontare vari aspetti del suo “dialogo divino” con il mondo antico, e il particolare con quello greco. Il tema non è nuovo, e già ne abbiamo parlato su queste colonne nella recensione di una recente mostra milanese. Quello che i curatori Nikolaos C. Stampolidis, Direttore del Museo, e Olivier Berggruen, storico dell’arte, hanno voluto fare è stato affiancare, far “dialogare” (e dunque non giustapporre soltanto) 68 opere di Picasso (soprattutto ceramiche, ma anche grafiche e disegni, provenienti da vari musei) con 67 manufatti antichi che, direttamente o meno, le avrebbero potute ispirare.

In effetti già dagli anni Venti, quando visitò l’Italia, Picasso subì la fascinazione dell’arte antica, che poté ammirare anche al Louvre o nelle pubblicazioni illustrate che gli amici greco-parigini Skira, Teriade, Zervos gli fornirono. E tale fascinazione non lo abbandonò più, diventando una sorta di ciclica e prolifica ossessione; un’ossessione tale da far sì che il Nostro si identificasse in toto, in certi frangenti, con quel mix di vitalismo, aggressività e malinconia che è stato il Minotauro, figura tra le più controverse del mito greco. Tra l’altro il Minotauro fu visto dai Surrealisti, negli anni Trenta, come uno degli emblemi dell’irrazionalità umana, quasi una manifestazione delle zone più nere della nostra psiche: è per questo che, in Francia, fondarono la rivista Minotaure.

Tra pesci, tori, civette ed esseri mitologici

Le sezioni della mostra ci propongono alcuni dei più significativi momenti di questa emulazione o rappresentazione dell’antico. Tra questi: le sinuose linee delle tre Grazie, le illustrazioni della Lisistrata di Aristofane (incise nel 1934), il paesaggio arcadico e gli animali che lo popolano, i mostruosi centauri, i dinamici tori di suggestione cretese, Dioniso e i suoi satiri, e ovviamente il Minotauro, alter egodell’artista.
Chi scrive ha visitato la mostra e scattato qualche fotografia, per corredare il presente articolo; queste non riescono però – se non per qualche scorcio – a dare pienamente l’idea di dialogo di cui si è parlato, in quanto non era espressamente consentito fotografare nel dettaglio i reperti antichi. [Qualcosa in più si può vedere consultando il sito web del museo, nella sezione relativa alle mostre, N.d.A.].

È dunque delle creazioni di Picasso che è bene parlare, e anzitutto delle straordinarie (e visionarie) ceramiche che l’artista creò in età matura nella fornace di Vallauris, piccolo centro della Costa Azzurra dove ancora oggi sembra aleggiare la presenza del Maestro. Pesci, civette, uccelli vari, tori, figure antropomorfe ornano così piatti e brocche o diventano essi stessi statue o vasi, dalle fogge più varie: e che i vicini reperti antichi ne siano stati modelli è cosa di tutta evidenza.

Tra le opere su carta, pregevoli – a mio avviso – sono soprattutto alcune che raffigurano le Tre Grazie o gli episodi della Lisistrata, la cui rocambolesca vicenda dovette piacere a un anticonformista come Picasso. Insomma, una bella mostra, che però non so quanti lettori de «La ricerca» riusciranno a vedere, sia per la prossima scadenza, sia per la lontananza della sua ubicazione.

Un moderno museo da visitare

Ciò non toglie che – anche a mostra finita – una visita al Museum of Cycladic Art di Atene è cosa che consiglio, sia per l’importanza dei reperti esposti su quattro piani (il primo per l’arte cicladica, il secondo per l’arte classica, il terzo per l’arte cipriota – cosa davvero rara e interessante – e il quarto per ricostruzioni virtuali della vita nel mondo antico), sia per la cura nella loro spiegazione (ci sono ottimi fogli esplicativi in ogni sala, che si possono asportare e leggere con calma), sia per l’allestimento e illuminazione davvero esemplari. Si tratta di un museo privato, fondato nel 1986 dai collezionisti Dolly e Nikolaos Goulandris, che sorge non lontano al famoso Museo Benaki e che rappresenta un naturale complemento dei più celebrati Museo Archeologico Nazionale, Museo dell’Acropoli e Museo del Ceramico.
Si può forse dire, se ragioniamo in termini cronologici che esso contenga una sorta di imprescindibile “premessa” a una vicenda artistica, storica e culturale – quella greca – che ha visto molti “giganti” e pochi “nani”; e che – prolungatasi nei secoli – ha avuto emuli del calibro di Picasso, che è stato forse il più “gigante” dei “nani” contemporanei.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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