Philodiffusione #6

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
L’essere umano del futuro è il tema della giornata mondiale della filosofia 2022, il 17 novembre. Promossa dall’UNESCO, la giornata ricorda il valore della filosofia come disciplina e pratica quotidiana, in grado di trasformare la società.

È noto che, come quello di altre specie animali, anche il corpo umano è sottoposto a un processo di continua rigenerazione cellulare. Se della crescita e ricrescita costante di unghie, peli e capelli possiamo avere una indiscutibile attestazione empirica e della capacità del tessuto cutaneo di rinnovarsi abbiamo imparato a beneficiare fin dalle prime sbucciature che ci siamo procurati durante l’infanzia, è più impressionante sapere che le cellule dello scheletro hanno una durata di circa un decennio, che l’età metà di un tessuto muscolare è di 15 anni e che i globuli bianchi (responsabili del sistema immunitario, quindi con funzione protettiva verso l’esterno) sono cellule che hanno una vita di appena qualche ora, periodo dopo il quale lasciano posto ad altre analoghe che svolgano il medesimo ruolo. Complessivamente, nasciamo con cellule nuove di zecca, ma nel corso di qualche decennio le parti che avremo conservato (e che comunque si saranno ampiamente modificate durante la crescita) rappresentano una percentuale irrisoria rispetto a quelle che invece non sono più le stesse.

Impossibile non rimandare al celebre paradosso della nave di Teseo che chiede: l’imbarcazione del celebre eroe greco è ancora identificabile come tale dopo che, nel corso di innumerevoli vicissitudini e mitiche avventure, ogni sua parte è stata sostituita? Il rovello logico apre, più in generale, alla questione dell’identità e della permanenza degli enti nel tempo che, parlando di ‘essere umano del futuro’ (tema della giornata mondiale della filosofia 2022), non possiamo non tenere in considerazione. Con questo titolo probabilmente si intende alludere alla rivoluzione digitale e alle conseguenze che essa sta avendo anche sul piano antropologico.

Se teniamo conto dei formidabili progressi tecnologici degli ultimi decenni e della legge di Moore, secondo la quale sono prevedibili miglioramenti esponenziali nella funzionalità e nelle prestazioni dei microcircuiti che costituiscono la base dei dispositivi tecnologici, possiamo immaginare che nel futuro l’uomo sarà pressoché inintelligibile dall’essere che noi oggi conosciamo e siamo. Si prevedono innesti tecnologici sempre più invasivi della nostra fisiologia e, se qualche decennio fa – complice un certo immaginario fantascientifico – si parlava di cyborg, cioè di organismi cibernetici, oggi la filosofia è chiamata a confrontarsi seriamente con il trans- e post-umanismo, correnti di pensiero sempre più accreditate anche in ambito accademico, che predicano l’antichità dell’uomo biologico a favore dell’insorgenza di un ente che sarà naturale almeno tanto quanto artificiale.
Per questo individuo, la distinzione tra natura e cultura non significherà nulla e probabilmente anche il linguaggio dovrà adeguarsi a questa forma di vita ibrida, per la quale non avrà più senso ricorrere al concetto di ‘uomo’, potenzialmente troppo distante da trasformazioni e concatenamenti antropico-macchinici via via più audaci.
Di fronte a questo scenario le reazioni sono diversificate: alcuni mostrano un entusiasmo incontenibile di fronte alle “magnifiche sorti e progressive” che ci attendono in un avvenire ormai non troppo remoto; altri, all’opposto, criticano radicalmente la perdita di identità, accusando come immorale, sbagliata, e depauperante il genuino spirito della nostra specie un’evoluzione che la conduca al di là di se stessa. Si tratterebbe, secondo i sostenitori di quest’ultima visione, di una sorta di autogol evoluzionistico o della conseguenza di un drammatico effetto boomerang, per cui gli apparati che si spera possano aiutarci e potenziarci finiranno per annientare la nostra natura profonda e, con essa, estinguere la possibilità della nostra stessa esistenza.

Lo spunto con cui abbiamo aperto questo piccolo spazio di discussione ci mostra tuttavia la questione da un’altra prospettiva e pone l’accento sul fatto che, in senso forte, il concetto di identità non è propriamente applicabile neanche al soggetto più tradizionalmente inteso, costantemente coinvolto in un camaleontico processo di crescita e di trasformazione che lo colloca sempre ‘altrove’ rispetto al nucleo del sé. «Je est un autre», diceva Rimbaud, poi ampiamente ripreso da Lacan: l’alterità non è l’inferno (come invece per Sartre), ma il cuore stesso dell’io, ciò che fonda il suo essere. La biologia ce lo conferma e forse è questa la lezione che dovremmo trarre dal presente per poter affrontare al meglio il nostro futuro, a prescindere dalla sua specifica configurazione, che in nessun senso possiamo dare per scontata e che sarà frutto di azioni e scelte scientifiche, ma anche politiche, economiche, sociali e culturali, oltre che ambientali che faremo oggi e nei prossimi anni.
Ricordarci che perennemente diversa è la carne di cui siamo fatti e che è impossibile parlare di ‘io’ se non per astrazione dalla concreta realtà fattuale è infatti un esercizio di umiltà da cui possiamo imparare molto e che serve a farci ristabilire la giusta proporzione del nostro ruolo nel mondo. Se si indebolisce il senso dell’‘io’, invece che ad aggrapparci all’idea astratta e limitata del ‘sé’ siamo portati giocoforza ad adottare una visione plurale, a occuparci cioè della complessità di un ‘noi’ collettivo all’interno del quale l’essere umano esercita un ruolo ma non per forza un predominio, una funzione ma non un’egemonia. E questo, al di là di qualsivoglia pronostico futurologico, avrebbe delle conseguenze positive per tutti sul piano scientifico, ma anche politico, economico, sociale e culturale, oltre che ambientale.


In occasione della Giornata mondiale della filosofia, Loescher editore ha dedicato una pagina in cui raccoglie risorse, materiale, video e libri per approfondire: si trova qui.

Condividi:

Silvia Capodivacca

ha studiato Filosofia e Storia tra Padova, Bologna e New York. Attualmente svolge attività di ricerca all’università di Udine e collabora con la casa editrice Loescher come autrice e formatrice didattica. Maggiori informazioni e aggiornamenti sulla sua attività sul sito personale, www.silviacapodivacca.com.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it