L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Coronavirus e i provvedimenti adottati di sospensione delle attività didattiche in presenza hanno imposto alle istituzioni scolastiche e ai docenti una rapida attivazione di modalità alternative di fare scuola.
L’ammirevole zelo dei tanti soggetti coinvolti in questo grande processo di cambiamento sta producendo risultati concreti e diffusi. La prima necessità è ovviamente stata quella di attivare canali comunicativi efficaci con studenti e famiglie, attraverso registro elettronico e/o piattaforme.
Sicuramente molti insegnanti, mossi dallo spirito di servizio e forti di una solida professionalità, si saranno cimentati tra non poche perplessità in pratiche ancora non del tutto consuete: l’urgenza spinge infatti a utilizzare ciò che è maggiormente disponibile nell’immediato, ricorrendo anche a strumenti parzialmente noti.
L’intervento ha l‘obiettivo di fornire loro alcune indicazioni e semplici suggerimenti di carattere metodologico, non tecnologico, desunti dalla letteratura Evidence Based1, per rendere quanto più possibile efficaci gli interventi di didattica a distanza, che potrebbero essere percepiti come meno incisivi rispetto a quelli in presenza. A tal fine sono state selezionate alcune indicazioni proposte dagli autori presi in esame dalla validità comprovata, spendibili in interventi mediati dalla tecnologia.
Didattica e tecnologia
Una ormai ampia e autorevole letteratura attesta che, fatta eccezione per l’area dell’inclusione (Gui 2019, pp. 105-107) e per alcune circoscritte “felici eccezioni”, le tecnologie non hanno un effetto significativo sugli apprendimenti degli studenti (Bonaiuti, Calvani, Menichetti, Vivanet 2017), contrariamente a quanto sostiene una retorica molto diffusa in alcuni settori dell’opinione pubblica (Ranieri 2011). Esse sono ovviamente indispensabili per i percorsi di insegnamento volti allo sviluppo delle competenze digitali2 e per realizzare la media education3. Allo stato attuale sono una risorsa imprescindibile per l’e-learning con cui siamo obbligati a misurarci4
Appare assai rilevante sottolineare che è la metodologia didattica opportunamente adottata a fare la vera differenza per l’apprendimento, e che “ogni tecnologia è potenzialmente in grado di generare rilevanti riflessioni educative o di trasformarsi in un mind tool, se si è in grado di coglierne le potenzialità” (Bonaiuti, Calvani, Menichetti, Vivanet 2017, p. 83). Sono quindi le competenze del docente a fare la differenza.
L’elenco che segue presenta alcuni accorgimenti spendibili per la conduzione di interventi di didattica a distanza, in cui la pianificazione dettagliata e il lavoro organizzativo ben definito sono ancora più necessari; essi sono adottabili sia per attività in modalità sincrona, come le videoconferenze realizzabili attraverso le piattaforme, sia asincrona, come le videolezioni, che possono essere registrate e inviate agli allievi tramite registro elettronico.
Lungi dal proporre “istruzioni” di carattere prescrittivo, sulla scorta dell’approccio proposto per l’Italia dalla Società per l’Apprendimento e l’Istruzione informati da Evidenza (SApIE5), quanto qui proposto è rappresentativo di una concezione di evidenza “che deve sempre trovare oculata sintesi con la sapienza tipica della pratica didattica” (Hattie 2016, p. 11). Per questo l’espressione che appare più appropriata è quella di accorgimenti non basati su, ma informati da evidenze.
Il ruolo cardine della guida istruttiva del docente
«1. Gli insegnanti sono una delle influenze più potenti nell’apprendimento. 2. Gli insegnanti devono essere direttivi, influenti, attenti e impegnati con passione nel processo di insegnamento e apprendimento» (Hattie 2016, p. 65). Questi, tra i più rilevanti per l’eccellenza nell’istruzione, sono i primi due indicatori, come emerge dal poderoso visible learning6. In tal senso i docenti sarebbero gli “attori più importanti del processo educativo”. Con ciò non si intende che debba essere scardinato l’elemento della centralità dello studente, perché l’insegnante “esperto”7 (ossia eccellente) si individua sulla base della capacità di impattare sui risultati degli studenti. L’impatto è tanto maggiore quanto è evidente la sua guida istruttiva: nell’orientare il discente a selezionare contenuti più rilevanti, nel supporto per l’individuazione delle più appropriate strategie per apprendere, nel cogliere e restituire feedback per esercitare un controllo su correttezza ed esaustività delle rappresentazioni mentali soggettive elaborate durante il percorso d’apprendimento (Calvani, Trinchero 2019, pp. 36-37).
L’attenzione al sovraccarico cognitivo
Il problema dell’attenzione è particolarmente evidente nelle generazione dei nostri studenti. Per questo nel progettare attività di didattica a distanza è opportuno eliminare gli elementi ridondanti o potenzialmente distrattivi, come sfondi complessi e musiche. Andrebbe invece favorita al massimo la focalizzazione dell’attenzione su ciò che è fondamentale: se si utilizza un canale uditivo, si può modulare appropriatamente il tono della voce, oppure si possono utilizzare, per il campo visivo, forme di evidenziazione delle parole chiave e di contrasto di colori, per enfatizzare le relazioni tra le informazioni (Bonaiuti, Calvani, Menichetti, Vivanet 2017, p. 92). L’introduzione di elementi ritenuti accattivanti e generatori di attenzione, in realtà, ha l’effetto di aumentare il sovraccarico cognitivo, producendo dispersione e scissione dell’attenzione (Calvani, Trinchero 2019, pp. 66-69). Questo fraintendimento spesso spinge a moltiplicare gli stimoli nei materiali multimediali, generando il cosiddetto effetto “Las Vegas”, fuorviante dal punto di vista degli apprendimenti (Bonaiuti 2009, p. 9).
La teoria del carico cognitivo (Cognitive Load Theory, CLT), che ha prodotto nel corso degli ultimi venti anni una consistente mole di studi empirici sugli apprendimenti, e che spesso ha assunto posizione polemica nei confronti di alcuni assunti del costruttivismo, focalizza l’attenzione sull’impegno di elaborazione che si produce nella memoria di lavoro quando si apprende. Per carico cognitivo intrinseco si intende quello insito e connaturato in un determinato compito, per la sua naturale complessità, variabile soggettivamente in base all’expertise dell’alunno; il carico cognitivo estraneo è invece ogni forma di attività cognitiva che distoglie da ciò che è significativo per la finalità dell’apprendimento, che andrebbe circoscritto e ridotto al massimo in una didattica efficace, per evitare situazioni di sovraccarico (Calvani, Trinchero 2019, pp. 109-115).
Proposta di azioni nella fase iniziale dell’attività: l’uso degli organizzatori anticipati
Gli organizzatori anticipati hanno la funzione di attivare le preconoscenze dell’alunno, insite nel bagaglio di conoscenze già posseduto, che risiede nella memoria a lungo termine; la loro attivazione viene ritenuta uno dei fattori primari per l’apprendimento efficace. In particolare, ciò è valido per la terminologia, che costituisce un ponte per assegnare significato alle nuove informazioni.
Gli organizzatori anticipati possono essere presentati come narrazione di storie o aneddoti, sotto forma di storytelling, oppure più sinteticamente come sintesi. Svolgono la medesima funzione anche le animazioni narrate (Bonaiuti, Calvani, Menichetti, Vivanet 2017, p. 92). Fondamentale è che si utilizzino termini, concetti o conoscenze note agli alunni, in modo che fungano da elementi facilitatori del processo di apprendimento quando messi in relazione con i nuovi elementi introdotti dall’attività didattica proposta, per favorire una ristrutturazione delle conoscenze. In altri termini, gli organizzatori anticipati consentono sia la definizione del quadro interpretativo di quanto di nuovo si deve apprendere, sia rappresentano l’impalcatura a cui agganciarlo (Calvani, Trinchero 2019, pp. 58-62).
La presentazione di una mappa concettuale con anticipazione dei nuovi contenuti
Nella fase iniziale dell’attività, successivamente all’uso di un organizzatore anticipato, potrebbe essere utile la presentazione di uno schema o di una mappa concettuale relativa agli elementi nuovi che saranno affrontati. Dovrebbe esservi indicata la strutturazione del percorso per argomenti, con una evidenziazione dei contenuti di maggior rilevanza. Ciò facilita nello studente la loro identificazione mentre verranno fornite le varie informazioni, e consente di posizionarle in modo corretto in rappresentazioni coese e coerenti.
Tale materiale, che ha “ruolo di scaffolding nel processo di costruzione di buone rappresentazioni mentali”, andrebbe fornito nella forma scritta a ciascuno allievo, in modo da potervi fare ricorso anche durante lo sviluppo della lezione. Questo accorgimento è alla base di tutte le sequenze istruttive strutturate, utili per il docente, in quanto aiuta nel mantenere salda l’organizzazione della sua proposta didattica, e per l’allievo, in quanto favorisce l’ancoraggio delle informazioni a un modello più ampio (Calvani, Trinchero 2019, pp. 51-54).
La presentazione degli obiettivi da raggiungere
Sempre preliminarmente all’avvio della nuova proposta didattica, risulta efficace per l’apprendimento la presentazione di uno schema, anche qui nella forma scritta da fornire agli studenti (sulla quale possano quindi ritornare durante lo sviluppo della lezione), che focalizzi i risultati degli apprendimenti attesi e il traguardo da raggiungere.
Assieme ad essi andrebbero anche presentati i criteri di valutazione che verranno adottati in termini di comportamenti osservabili. È stato documentato che ciò genera attenzione e motivazione negli studenti, e aumenta il senso di autoefficacia; inoltre orienta i loro sforzi in una direzione ben finalizzata, in modo che possano essere ottimizzate le risorse interne.
Per circoscrivere i margini di ambiguità, sarebbe anche opportuno che gli obiettivi subissero il processo di operazionalizzazione, ossia una esemplificazione del sistema di valutazione che verrà adottato, esplicitando la procedura attraverso la quale si potrà osservare se e in che misura l’obiettivo è stato raggiunto (Calvani, Menichetti 2015, pp. 54-58).
(Continua nei prossimi giorni con un approfondimento sulla gestione delle attività didattiche a distanza: l’opzione della videoconferenza.)
NOTE
1. L’evidence based education è una prospettiva di ricerca, già assai diffusa nella cultura pedagogica anglosassone, che nasce negli anni Novanta in Inghilterra per rinnovare la ricerca tradizionale in educazione, ritenuta socialmente poco utile e scientificamente poco rigorosa. Ha tra i suoi principali obiettivi il raccordo tra ricerca e pratica didattica, per sviluppare e diffondere conoscenze aventi valore significativo in termini di efficacia (ossia di impatto sugli apprendimenti degli studenti), che possano supportare insegnanti, educatori e politici nell’assunzione di decisioni consapevoli.
2. A cui giustamente è stato assegnato grande rilievo dalla Legge n. 92 del 20 agosto 2019 (art. 5). Si veda il modello DigComp (Fini 2019, pp. 59-60) e soprattutto il documento dell’Agid, DigComp 2.1.Il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini.
3. Per una cornice storica e teorica si veda Ranieri 2019.
4. Su evoluzione e caratteristiche dell’e-learning si veda Calvani, Rotta 2000.
5. Si veda il relativo sito, presso il quale sono reperibili utili ed interessanti risorse per la didattica.
6. Si tratta di un ampio lavoro di ricerca che sintetizza un numero elevatissimo di metanalisi sull’apprendimento, e che costituisce un imprescindibile punto di riferimento per l’Evidence Based Education (Hattie 2009).
7. Per la definizione delle sue caratteristiche si veda Hattie 2016, pp. 69-85.
Bibliografia
G. Bonaiuti, Didattica attiva con la LIM: metodologie, strumenti e materiali per la lavagna interattiva multimediale, Erickson, Trento 2009.
G. Bonaiuti, A. Calvani, L. Menichetti, Le tecnologie educative. Criteri per una scelta basata su evidenze, Carocci, Roma 2017.
A. Calvani, Le TIC nella scuola. dieci raccomandazioni per i policy maker, in “Form@re”, n. 13 (2013).
A. Calvani, M. Rotta, Fare formazione in Internet. Manuale di didattica online, Erikson, Trento 2000.
A. Calvani, R. Trinchero, Dieci falsi miti e dieci regole per insegnare bene, Carocci, Roma 2019.
A. Calvani, L. Menichetti, Come fare un progetto didattico. Gli errori da evitare, Carocci, Roma 2015.
A. Fini, Informatica digitale a scuola. Uno sguardo al dibattito sulle politiche tecnologiche nella scuola, in Gui M. (a cura di), Benessere digitale a scuola e a casa, Mondadori, Milano 2019.
M. Gui, Il digitale a scuola. Rivoluzione o abbaglio?, il Mulino, Bologna 2019.
J. Hattie, Visible Learning: A Synthesis of Over 800 Meta-Analyses Relating to Achievement, Routledge 2009.
J. Hattie, Apprendimento visibile, insegnamento efficace. Metodi e strategie di successo dalla ricerca Evidence Based, Erickson, Trento 2016.
M. Ranieri, Le insidie dell’ovvio. tecnologie educative e critica nella retorica tecnocentrica, ETS, Pisa 2011.
M. Ranieri, La Media Literacy Education tra vecchie e nuove sfide in un mondo iperconnesso, in Gui M. (a cura di), Benessere digitale a scuola e a casa, Mondadori, Milano 2019.
R. Trinchero, Sappiamo davvero come far apprendere? Credenza ed evidenza empirica, in “Form@re”, n. 2 (2013).