Per correr miglior acque
 (a scuola e in ospedale 
e anche in carcere)

Tempo di lettura stimato: 15 minuti
Un esperimento didattico 
che cerca di far interagire 
tra loro alcuni mondi 
che raramente si parlano 
e, quando si parlano, 
raramente si comprendono. Da «La ricerca» #20, “Dante 700”.

 

Alcuni dei post Instagram dell’account Dante Alighieri dante_social.

Presento qui un’esperienza che ha a che fare con la ricerca didattica applicata a Dante e che, da quando è nata (nel 2014), è – a un tempo – esperimento didattico e tentativo di far interagire e collaborare tra loro alcuni mondi che raramente si parlano e, quando si parlano, raramente si comprendono: il mondo delle studentesse/degli studenti e quello delle/dei docenti; il mondo della scuola e quello dell’università; il mondo della ricerca e quello della prassi didattica; il mondo dei “contenuti” e quello delle “competenze”. E lo farò attenendomi il più possibile al piano descrittivo, con l’avvertenza che, grazie a un bando del CIRDA (Centro Interdipartimentale per la Ricerca Didattica e l’Aggiornamento degli Insegnanti) del mio ateneo (l’Università degli Studi di Torino), negli ultimi mesi ho potuto avvalermi della collaborazione di un giovane studioso che sta conducendo un lavoro di raccolta e analisi della documentazione prodotta negli anni dai vari attori coinvolti, al fine di avere a disposizione una base scientifica di dati su cui discutere nell’ambito di un seminario (previsto per la fine del 2021 o l’inizio del 2022) che metta a confronto tutte e tutti coloro che hanno partecipato a vario titolo alla sperimentazione, per trarne elementi utili a renderla meno estemporanea e più centrata sui bisogni formativi ed educativi reali.

Il responsabile scientifico e coordinatore didattico delle varie iniziative e del progetto generale che qui presenterò sono io, ma in realtà hanno fatto quasi tutto le studentesse/gli studenti, insieme alle/ai docenti delle scuole coinvolte: di mio c’è solo una supervisione generale, il sostegno scientifico e didattico e il continuo invito a riflettere su come proporre oggi Dante nelle scuole. Alle studentesse/agli studenti del mio dipartimento protagoniste/i di quel che sto per raccontare va tutta la mia ammirazione; e davvero di cuore li «ringrazio per avermi stupito».

Tutto inizia nell’anno accademico 2013-2014, quando nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino si costituisce il gruppo studentesco Per correr miglior acque: undici studenti accomunati dalla passione per la Commedia e supportate/i da uno dei loro docenti, il filologo e dantista Donato Pirovano, decidono prima di tenere incontri danteschi autogestiti e poi di organizzare un ciclo di lecturae, invitando studiosi di vari Atenei.

Quest’iniziativa riscuote sin da subito un notevole successo, soprattutto tra i/le docenti della Scuola secondaria di secondo grado e tra le studentesse/gli studenti sia dell’università sia della scuola: e proprio pensando a questo (per molti versi inaspettato) successo, ebbi l’idea di chiedere alle/agli studenti di Per correr miglior acque di diventare anche Per correr miglior acque – Scuola e provare a immaginare insieme a me una serie di lezioni e laboratori danteschi da proporre agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, cercando di sperimentare soluzioni didattiche innovative applicate all’opera di Dante. L’iniziativa ebbe il patrocinio del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino e della sezione scuola della Società Italiana di Filologia Romanza; e fu così che cominciammo a discutere di come proporre in tre classi di un triennio di liceo delle scienze umane (una terza, una quarta e una quinta), la cui docente (la professoressa Stefania Gerbaudi) si era detta disponibile a lavorare con noi, argomenti danteschi proposti in modalità capaci di coniugare rigore scientifico, forme di didattica prevalentemente non frontali e il più possibile interattive e multimediali («Sono vietate le conferenze dantesche!» ci dicevamo spesso) e la carica di novità derivante dal fatto che le/gli studenti dell’università coinvolte/i avevano pochi anni in più rispetto alle/agli studenti delle scuole secondarie cui si rivolgevano; e permettendo nel contempo alle/agli studenti dell’Università di misurarsi per la prima volta con i problemi della didattica nella scuola secondaria e con le dinamiche tipiche della Scuola e della relazione con un gruppo-classe. In quell’occasione si proposero interventi di due ore ciascuno sui seguenti personaggi danteschi (la scelta nacque dalla discussione tra me e le ragazze e i ragazzi del gruppo Per correr miglior acque): Ulisse (Inf. XXVI); Catone (Purg. I); Traiano (Par. XX). Le/gli studenti universitari che condussero le tre lezioni (scaglionate tra il marzo e il maggio 2015) furono tre studenti del corso di laurea magistrale in Letteratura, Filologia e Linguistica Italiana del dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino; e mi piace qui ricordarne i nomi, poiché si tratta di tre vere/i pioniere/i: Giacomo Vignale, Giorgia Pratesi e Carlotta Scarnera. Io seguii direttamente la preparazione degli interventi in classe e assistetti poi ai medesimi, interloquendo o intervenendo solo per lo stretto necessario.

Dal profilo Instagram dante_social, il post su Francesca da Rimini.

I risultati dell’iniziativa furono assolutamente incoraggianti: l’idea che fossero delle/dei giovani dell’Università a presentare Dante a delle/dei giovani delle scuole secondarie aveva funzionato1. Si decise dunque di riproporre l’esperimento, questa volta rivolgendosi a tutte le Scuole secondarie di secondo grado del Piemonte (e poi, episodicamente, anche a istituti lombardi e liguri), attraverso un bando pubblicato nel gennaio 2016 sia attraverso i principali social network sia attraverso canali istituzionali (sito USR Piemonte, varie mailing list) sia (ancora) attraverso il comitato torinese della Società Dante Alighieri, che patrocinò l’iniziativa. Poiché era necessario tenere conto delle disponibilità delle/degli studenti dell’Università (impegnate/i con lezioni universitarie ed esami), si decise una serie di criteri di selezione relativamente alle adesioni da parte delle scuole; e si proposero questa volta alcune attività laboratoriali su tre nuclei tematici («Eroine dantesche: Inf. V, Purg. V, Par. III»; «Dante incontra i poeti»: Inf. I; Purg. XXII; Par. IX»; «Dante e la Provvidenza: Inf. II, Purg. XXX-XXXI; Par. XV») e su alcuni temi di critica del testo legati alla Commedia2.

Non è il caso che io ora mi dilunghi: per quattro anni scolastici (dal 2015-16 al 2018-19) le attività così organizzate e offerte alle scuole del territorio (ovviamente variando ogni anno i temi e le proposte didattiche) hanno finito per assumere dimensioni (e a mio parere anche qualità) di un certo rilievo. Stiamo parlando (complessivamente) di un esperimento che ha coinvolto (presento qui i soli dati quantitativi in forma aggregata, rimandando per ogni altro aspetto al seminario cui accennavo supra): 43 tra studenti e neolaureate/i del dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino; 42 istituti scolastici, sparsi tra le province di Torino, Asti, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Cuneo, Milano, Imperia; 232 classi (con una certa prevalenza di licei, ma non sono mancati gli istituti tecnici; quasi nulla invece la presenza di istituti professionali); circa 4500 studenti della Scuola secondaria di secondo grado (per gli ultimi dati quantitativi qui indicati si tenga conto che istituti, classi e studenti possono aver partecipato più volte in anni scolastici differenti). Il numero totale di ore di lavoro svolto nelle classi e con le classi è stimabile in circa 420. Il lavoro è stato condotto sempre e comunque con il coordinamento scientifico e didattico mio e con la supervisione e la presenza del/della docente di lettere della classe; e soprattutto cercando, ove possibile, di mettere uno/a studentessa dell’università in relazione con un solo gruppo-classe.

Aggiungo che nei due anni scolastici 2018-19 e 2019-20, su proposta delle/degli studenti dell’Università, si organizzarono alcune attività anche presso l’ospedale infantile “Regina Margherita” di Torino, in collaborazione con i/le docenti di Lettere (il professor Angelo Manganello e la professoressa Margherita Perosino) che insegnano nel reparto e nel day hospital dell’ospedale (Oncologia e Neuropsichiatria infantile: sezione distaccata dell’Istituto “Gobetti Marchesini Casale Ardui-
no” di Torino). Questa attività («Dante in reparto») è stata sospesa nel febbraio 2020 a causa dell’emergenza pandemica3.

In ultimo, si decise (sempre su proposta delle/degli studenti dell’Università) di proporre Dante anche dentro le case circondariali: e tra il settembre 2019 e il gennaio 2020, grazie alla collaborazione e alla disponibilità del polo carcerario dell’Università di Torino (e del suo responsabile, il prof. Franco Prina), un gruppo formato da sei studenti (o neolaureate/i) e (per i soli incontri iniziale e finale) da chi scrive ha coordinato all’interno della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino un laboratorio (sette incontri il sabato mattina) rivolto agli studenti del polo carcerario dell’università e dedicato a Inf. V e soprattutto al caso giuridico rappresentato dal triangolo Paolo/Francesca/Gianciotto,  massimamente dal punto di vista della storia e dell’evoluzione del diritto. A tale proposito, voglio sottolineare che, nella preparazione dell’attività all’interno della casa circondariale, le/gli studenti dell’Università e io abbiamo frequentato alcune lezioni appositamente pensate e organizzate per noi dai docenti e dalla tutor degli studenti del polo carcerario dell’Università di Torino.

Se dunque nei primi anni del progetto ci si era concentrati in particolare su come far avvicinare Dante e le/gli studenti delle scuole e su come mettere le/gli studenti dell’università a contatto con la realtà della scuola e del gruppo-classe (andando, per così dire, “in estensione”, ovvero cercando di coinvolgere il maggior numero possibile di giovani: sia dell’università sia della scuola), proprio la particolarità dei due contesti rappresentati dall’ospedale e dalla casa circondariale obbligò me e le/i giovani del gruppo Per correr miglior acque – Scuola a riconsiderare ab imis le nostre iniziative e a riflettere sulla necessità di cambiare strada: innanzi tutto migliorando (e rendendo più strutturata) la formazione delle/degli studenti dell’università coinvolte/i in veste di esperte/i, puntando in particolare (e dando per scontata la preparazione sui contenuti più propriamente disciplinari) sugli aspetti più direttamente pedagogici e didattici e su quelli legati alle dinamiche relazionali (col gruppo-classe, coi/colle docenti delle scuole, col contesto istituzionale ecc.). Fu così che si decise di interrompere per un anno l’attività “in estensione”, per tentare di muoverci, per così dire, “in profondità”: in sostanza, si individuarono quattro docenti della Scuola che negli anni si erano dimostrate particolarmente attente alle nostre proposte e con loro si programmarono e pianificarono (in un serrato confronto anche con chi scrive, in veste di coordinatore del progetto) sperimentazioni sempre meno legate alla didattica frontale e sempre più vicine (perlomeno negli intenti) alla sensibilità e a processi cognitivi delle/degli studenti della secondaria di secondo grado. Nel contempo, si stabilì di continuare le attività laboratoriali sia nella sezione scolastica dell’ospedale “Regina Margherita” sia con gli studenti del polo carcerario dell’università. Mutando almeno in parte prospettiva, il progetto mutò anche nome, diventando “DanteSCO (Dante Scuole Case circondariali Ospedali)”.

Il profilo Instagram dante_social

In realtà (ed è storia recentissima) la pandemia ha impedito lo svolgimento di quasi tutte le attività che avevamo previsto di avviare a partire dal marzo 2020; tuttavia due hanno avuto modo di svolgersi, e mi paiono entrambe degne di interesse da parecchi punti di vista, poiché dimostrano ampiamente, a mio parere, come sia possibile volgere in positivo (far diventare un’opportunità) sul piano dell’innovazione (e della relazione) didattica le difficoltà oggettive legate alla pandemia tuttora in corso e alla didattica a distanza: sto parlando di dante_social, ovvero di un esperimento di didattica dantesca attraverso l’uso di Instagram condotto in una classe terza del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Nizza Monferrato nella primavera del 2020 (grazie alla collaborazione della docente di lettere, la professoressa Gaetana Teri)4; e di In viaggio con Dante – una catabasi moderna, progetto che si è svolto tra il febbraio e il marzo 2021 e che ha visto l’adesione di circa 80 studentesse e studenti dei licei classici “Vincenzo Gioberti” e “Vittorio Alfieri” di Torino che, guidate/i da un gruppo di ragazze di DanteSCO, hanno elaborato una serie di prodotti culturali multimediali mediante l’ausilio delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, fruibili poi attraverso il web (l’attività si è avvalsa del coordinamento di due docenti di lettere del Liceo “Gioberti”: le professoresse Marzia Freni ed Emilia De Maria).

Proprio riflettendo su tutto ciò, sono giunto alla conclusione che molto probabilmente sono maturi i tempi per un ulteriore salto di qualità: sto cioè progettando di attivare per i corsi di laurea magistrale della classe LM-14 (filologia moderna) del mio dipartimento un laboratorio (da almeno 6 CFU) nel quale le/gli studenti dell’Università possano usufruire di una almeno iniziale preparazione sulla didattica della letteratura (in particolare del Due-Trecento) e sulle principali dinamiche pedagogiche e relazionali legate all’insegnamento; e, nel contempo, sperimentare pratiche didattiche innovative nelle scuole secondarie di secondo grado (e, se possibile, anche nelle sezioni ospedaliere delle scuole e nel polo carcerario universitario), con la supervisione generale del docente universitario responsabile del laboratorio e con il tutoraggio delle/dei docenti di Lettere delle classi coinvolte. Contestualmente, si potrebbe anche aprire la possibilità di costruire percorsi di alternanza scuola-lavoro per le/gli studenti delle scuole coinvolte.

L’insegnamento maggiore che mi è giunto da questi anni di lavoro con Per correr miglior acque – Scuola e DanteSCO è che è necessario affermare con fermezza la necessità di andare finalmente al di là delle stucchevoli contrapposizioni tra “metodi” e “contenuti”, tra “disciplinaristi” e “trasversalisti”, tra “scuola dei contenuti” e “scuola delle competenze”. E al riguardo mi piace ricordare in particolare, per concludere, un episodio che avvenne nel corso dell’ultimo incontro del laboratorio dantesco per gli studenti del polo universitario carcerario (nel gennaio 2020, proprio poco prima che, con il Covid-19, tutto cambiasse): discutendo tutti insieme se, e se sì, come lavorare eventualmente in consimili iniziative future, quello che pareva una sorta di leader informale tra gli studenti del polo mi fece una domanda che spesso, quando lavoro e massimamente quando mi occupo di scuola, mi risuona nella mente: «Ma quando uscirò di qui, a che mi servirà Dante?». Proprio perché amiamo Dante, bisognerà pur cercare di dare una risposta a quello studente: non fosse altro che perché ebbe la forza e la capacità di immaginarsi e proiettarsi fuori di lì


NOTE

1. Riporto qui alcune delle osservazioni espresse nei questionari di verifica che si chiese di compilare: secondo la docente, «il punto di forza dell’iniziativa è stata l’idea di far intervenire giovani relatori appassionati alla materia: la freschezza e la spontaneità del loro linguaggio ha infatti affascinato gli studenti liceali. Ho apprezzato molto la parte dedicata al dialogo, resa particolarmente viva anche dalla presenza dei docenti universitari che hanno preparato i relatori». Questi sono invece alcuni dei commenti delle/degli studenti liceali: «I ragazzi, essendo molto giovani, hanno catturato maggiormente la nostra attenzione anche perché hanno usato un linguaggio vario: termini specifici per l’analisi del testo e termini più semplici per farci capire meglio»; «A me è piaciuto il fatto che dei ragazzi giovani esponessero un argomento complicato cercando il più possibile di renderlo alla nostra portata, utilizzando anche paragoni con film o mostrando immagini»; «È stato molto bello quando c’è stato il momento della discussione perché abbiamo potuto confrontare le notizie che avevamo»; «Ritengo un punto di forza il fatto che siano venuti dei ragazzi a spiegare il canto e non solo degli adulti. Questo, secondo me, aiuta anche a far capire che Dante può appassionare anche i giovani».

2. Mi sembra interessante riportare qui le parole con le quali le/gli studenti dell’Università presentavano nel bando l’intervento sulla filologia dantesca: con esso ci si proponeva di «arricchire dal punto di vista filologico lo studio letterario del poema di Dante previsto nelle scuole secondarie di secondo grado. Essendo rivolta a studenti che non hanno mai avuto a che fare con la materia, sarà necessaria una rapida introduzione per spiegare che cos’è la filologia. La lezione vera e propria incomincerà con la presentazione del grande problema della filologia dantesca: la perdita del manoscritto autografo dell’Alighieri; tale punto di partenza sarà utile per spiegare succintamente come venivano pubblicati e divulgati i testi prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili. In un secondo momento alcuni minuti saranno dedicati a una riflessione sul testo che leggiamo oggi nei libri di scuola, frutto di una ricostruzione elaborata da Giorgio Petrocchi (a tal proposito risulterà efficace visionare lo stemma codicum dello studioso). Seguirà la proiezione di alcune immagini dei manoscritti più autorevoli della Commedia. Non mancherà successivamente l’esposizione di alcuni aspetti della cronologia dell’opera, che permettano anche di capire in che modo è avvenuta la pubblicazione delle tre cantiche. In conclusione si menzionerà il problema del titolo del poema».

3. Scrivono le studentesse universitarie che vi hanno preso parte nella presentazione dell’iniziativa: «Il fine del progetto è promuovere lo studio della letteratura come strumento per comprendere meglio noi stessi e il mondo in cui viviamo. Attraverso la spiegazione di alcune terzine tratte dal Purgatorio in cui il Dante agens mostra le sue paure e difficoltà, si riflette su come la letteratura possa parlare ad ognuno di noi, mettendo in scena gli ostacoli che tutti possiamo trovare nella nostra esistenza, ma anche come proprio questi versi che parlano di difficoltà abbiano aiutato concretamente qualcuno – emblematico il caso di Primo Levi – a salvarsi da situazioni alienanti».

4. Su questo esperimento è possibile leggere un dettagliato resoconto pubblicato su treccani.it il 19 ottobre 2020 dalle/dagli studenti che lo hanno condotto (e da chi scrive): P. Cerutti, D. Giolito, M. Martinengo, E. Tasso, G. Noto, dante_social. Un esperimento di didattica dantesca attraverso Instagram.

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Giuseppe Noto

è professore ordinario presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino. Insegna Filologia romanza, Letterature romanze medievali, Didattica della lingua italiana e Letteratura teatrale del Medioevo romanzo. I suoi studi riguardano in particolare la letteratura medievale in lingua d’oc, in lingua d’oïl e in lingua del sì; la storia della ricezione della poesia trobadorica; la storia del teatro medievale e rinascimentale; la didattica delle letterature delle origini. È stato il primo direttore del Cifis (Centro Interateneo di interesse regionale per la Formazione degli Insegnanti Secondari) del Piemonte. È presidente della sezione Scuola della Società Italiana di Filologia Romanza e vicepresidente dell’AIEO (Association Internationale d’Études Occitanes).

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