Mi hanno incollata e stesa
M’han presa
fra tante qui
m’han incollata e stesa.
Ho tremato:
son forse il necrologio
appeso al muro
di Me Poesia
dimenticata e offesa.
Son forse morta
senza essermene accorta.
L’aria scolora
inchiostro e lacrime piovane
disfano la carta che s’arriccia
mentre dal foglio nel bordo superiore
nasconde futili parole
scritte a mio disprezzo
da uno sconosciuto pensatore.
Poi t’ho visto
col sopracciglio alzato e con l’occhiale in mano
farti sorpreso di questo caso strano
– Ma via… Poesia appesa al muro lungo la strada sotto casa mia –
e di nuovo ho tremato/temuto
un altro affronto:
uno strappo
e così sia.
Invece
(incrocio le dita e caccio la sfiga)
sono ancora
VIVA
se sei arrivato
a questa ultima mia riga.
A.65
***
***
Ode alla ragione
O ragion di bianco vestita
Principio della mente
D’ogni essere vivente
Vita d’ogni intelletto
Armatura del sesto senso
O tu sorella illegittima del cuore
Profeta vacabondo dell anima
Riflesso sacro d’un idea
Motore dell’inizio
Sei l’accensione dei miei pensieri
Imprigionata dalla forma
Dall’etica e dalla morale
O tu padre del comportarsi
E madre dell’orgoglio
Sei la patrizia del torto plebeo
La vetta del sapere scientifico
Il megafono della conoscenza
L’acceleratore del tempo
E la frizione dello spazio
O tu pastore dell’ignoranza
E tempio della speranza
Tu che morte esalti
Per averti dato la vita
Ma altrettanto schivi
Per averti tolto la ragion.
G.05
***
Apocalisse sul taccuino (riposto nel taschino)
Presi ad ascoltare la musica del mondo,
quell’intorpidito bagliore
acustico in sottofondo
che i più scambian per rumore –
presi un treno senza direzione,
e approdai in un campo sterminato,
e rimasi senza parole.
Le mie mani senza la tua pelle si sentirono
irrimediabilmente sole.
Mi mancò il fiato, un’inceppatura
di fronte allo iato
tra la vita e la sua narrazione.
La grafia trema, barcolla incerta sopra il foglio
dinanzi a cui mi spoglio della maschera e dell’armatura,
per uscirne ogni volta
ancor più sconvolta, smarrita,
perché ho tracciato
sentieri del domani
con la matita.
C.35
***
Mia nonna mi diceva
Mia nonna mi diceva:
“Ci è ca ste a bianc e s mett a nero?!”,
ed io ci credevo.
Ma se il nero,
Se quel nero fosse, ipoteticamente,
il nero dei tuoi occhi, io sarei un deficiente.
Quel nero che ti compare
quando esplode un sorriso ed il bianco scompare.
Se quel nero, fosse il nero dei tuoi occhi,
Se quel nero, fosse quel nero,
io non dovrei farmelo sfuggire.
Il problema, è che ti guardo e non so che dire.
V.28
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