Mozia e Marsala: un viaggio tra Punici, Greci e Romani

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Marsala, in epoca antica, si chiamava “Lilybaeum”, e fu fondata nel 397 a.C. dai Cartaginesi in fuga da Mozia, dopo che questa città – ubicata sull’isola di San Pantaleo, nella laguna detta Stagnone – era stata distrutta dal tiranno siracusano Dionisio II: una delle ennesime puntate, questa, dei turbolenti rapporti greco-punici sull’Isola.
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Mozia, Efebo, particolare.

La Lilibeo punica si aprì nel tempo alla cultura locale (sicula e sicana), nonché a quella greca, per finire poi – nel 241 a.C., dopo la Prima Guerra Punica – sotto la dominazione romana, al pari di tutta la Sicilia: divenne allora, per molti secoli, importante e popoloso centro portuale.

Marsala e Mozia, dunque, risultano storicamente legate, l’una geminazione dell’altra. Pertanto, chi voglia immergersi consapevolmente nella storia antica di questo lembo di Sicilia deve visitare prima l’isola distrutta e poi completare l’opera con una sosta al bellissimo Museo Archeologico di Marsala, e all’area scavata nelle sua vicinanze.

Le rovine di Mozia e il suo splendido Efebo

E così ho fatto anch’io, iniziando con un trasferimento navale dalla costa verso Mozia: a fine dicembre i visitatori erano pochi davvero, e la lenta navigazione tra le saline e le acque basse e scure dello Stagnone mi ha ricordato una sorta di rito iniziatico, una specie di viaggio nell’Aldilà in bilico tra la vita e la morte. D’altronde, come si è detto, Mozia era stata una città che aveva conosciuto prima una lunga prosperità – poiché che dall’VIII sec. a.C. era stata un punto di transito obbligato per i commerci da e verso l’Africa del Nord, la Spagna, la Sardegna, l’Italia centrale – e poi un’improvvisa morte: e ciò non solo metaforicamente, perché gli storici ricordano la carneficina perpetrata da Dionisio.

Oggi sull’isola sono riapparsi alcuni segni del passato splendore, in seguito agli scavi iniziati ai primi del Novecento da Joseph Whitaker, raffinato uomo di cultura britannico appartenente a una famiglia di commercianti trasferitasi in Sicilia e arricchitasi (anche) grazie all’esportazione dello squisito vino Marsala.
Ma c’è di più. Gli Whitaker, infatti, Mozia se la sono comprata, e dunque è una fondazione privata che gestisce il sito e l’interessante Museo, e che comunque ricerca collaborazioni – di comune accordo con la Soprintendenza – con importanti enti universitari per continuare le ricerche: particolarmente proficui, da ultimo, quelli con l’Università di Palermo e con “La Sapienza” di Roma.

  • xMozia dall’alto.
  • xLo Stagnone di Marsala.
  • xMozia, l’area dei tofet.
  • xMozia, Museo, Stele dal tofet.
  • xMozia, bacino del Kothon.
  • xMozia, Efebo.
  • xMozia, Efebo, particolare.
  • xLa morbidezza dell’Efebo di Mozia.
  • xMozia, struttura templare.

Impossibile descrivere tutti i resti di Mozia, perché sono state messe in luce fortificazioni, strade, aree abitative, zone artigianali, necropoli e santuari. Mi limiterò dunque a ricordare l’impressionante collocazione presso il mare del tofet, le sui stele sono conservate al Museo; lo faccio permettendomi però di ricordare che gli studi più recenti ritengono che i tofet – presenti in varie località puniche – non siano aree per sacrifici umani (il che faceva dei Cartaginesi, per la cultura filo-romana, dei “mostri”), ma semplici cimiteri di bambini. Né posso omettere una riflessione sul Kothon, un bacino d’acqua artificiale che – ritenuto in passato una vasca di rimessaggio navale – è oggi considerato parte di una struttura sacra, e assume dunque suggestioni di carattere rituale.

Ma è al “pezzo forte” del museo che dedicherò qualche parola in più. Sì, a lui, al magnifico Efebo di Mozia, statua marmorea della metà del V sec. a.C. trovata nel 1979 sotto un cumulo di detriti: e qualcuno pensa che ce l’abbiano messa proprio i Moziesi per proteggerla dalla furia dei Siracusani. È chiaramente lui la star dell’isola; una star che ha girato il mondo (Londra, Berlino, Los Angeles..: io l’avevo già visto anni fa a Palazzo Grassi , Venezia) e che qui assume un po’ il ruolo di elegante padrone di casa. Ma «chi è costui?», come avrebbe detto il buon don Abbondio? Non si contano né le identificazioni con questo o quell’altro personaggio, né le attribuzioni a questa o quell’altra scuola, siceliota, magnogreca o greco-continentale. In effetti la statua ha caratteristiche uniche, poiché unisce una ieraticità da “stile severo” a una straordinaria morbidezza di panneggio, il che costituisce una combinazione piuttosto rara, che rende difficile arrivare a ipotesi certe. Personalmente mi convince chi lo avvicina alla postura dell’Auriga di Delfi, e di recente l’archeologo Lorenzo Nigro lo avrebbe identificato con Alcimendonte, il mitico auriga dell’ancor più mitico Achille, col suffragio della menzione del nome di questo eroe su un vaso greco reperito in loco.

Chissà poi dove avranno preso la statua, ‘sti Moziesi. Commissionata ad artisti greci ed esposta in città? Oppure razziata a qualche città siceliota vicina, come la nemica Selinunte, quando nel 409 a.C. fu conquistata dai Punici? La risposta – con le parole del buon premio Nobel Bob Dylan – è per ora in quel wind che tira davvero forte da queste parti!

  • xNave punica al Museo di Marsala.
  • xMuseo di Marsala, Venere Callipigia.
  • xMuseo di Marsala, edicola funeraria.
  • xMuseo di Marsala, Iscrizione greca.
  • xLilibeo antica, tratto stradale.
  • xLilibeo antica, struttura termale.
  • xLilibeo antica, mosaico.

Una vera sorpresa: il Museo di Marsala

Ma il vento fa muovere anche le vele, e dunque la vicina Lilibeo continuò nelle varie epoche ad avere l’importanza navale che già fu di Mozia.
Il moderno Museo Archeologico di Marsala ne fa fede, proponendoci – tra l’altro – l’impressionante ricostruzione di una nave da guerra punica ritrovata dall’archeologa Honor Frost nel 1969 nel tratto di mare al largo dell’Isola Grande, presso l’imboccatura nord dello Stagnone di Marsala: si data al III sec. a.C. e fu pertanto tra le protagoniste della Prima guerra punica.

Questa struttura museale, collocata nell’antico “Baglio Anselmi”, è ricchissima (con mia piacevole sorpresa) anche di altri reperti (statue, mosaici, suppellettili) di straordinario interesse, che attestano una realtà di sintesi tra culture punica, greca e romana. Particolarmente variegato è il mondo funerario, che presenta importanti ed eclettiche soluzioni che giungono a interessare pure l’era cristiana: e l’epigrafista che è in me si è esaltato davanti a tali “stranezze”! Se invece vogliamo parlare di vivi (anzi di immortali) ecco la bellissima Venere callipigia in marmo, un recente ritrovamento, di probabile fattura rodio-asiatica. Insomma: c’è l’imbarazzo della scelta. E se poi si esce da Museo e si va verso il mare ecco i pochi ma interessanti resti dell’antica Lilibeo: strade, terme con mosaici, magazzini e altre strutture. È proprio qui a Lilibeo che Cicerone, giovane politico, si fece le ossa come questore nel 75 a.C.; ed è qui – si dice – che imparò a gustare dei dolci ripieni di ricotta, antenati del moderno cannolo. È dunque solo per emulare l’Arpinate (ragioni professionali…) che il vostro inviato, già appesantito dal panettone di Natale, si è dilettato a Marsala di cannoli e cassate, suggestivi e commoventi tanto quanto i monumenti descritti; e se ci ha accompagnato qualche bicchierino di vino locale, è stato solo per onorare la memoria di Joseph Whitaker. Ça va sans dire.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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