Esordisce al cinema nel 1945, con una piccola parte in Silenziosa minaccia di Christian-Jaque.
La sua carriera è stata connotata da scelte coerenti e rigorose, che l’hanno portato a lavorare quasi esclusivamente con grandi autori del cinema europeo. Lontano dalla ricerca della celebrità, Michel Piccoli ha sempre amato lavorare a progetti cinematografici coraggiosi e spesso fuori dagli schemi classici. Non è mai stato un attore mainstream, anzi ha sempre preferito defilarsi dal successo per coltivare un suo percorso personale fatto d’incontri con registi, che ne hanno segnato la carriera in modo indelebile.
Jean-Luc Godard, Luis Buñuel, Marco Ferreri, Claude Sautet, Claude Chabrol, Marco Bellocchio, Agès Varda sono alcuni degli autori con cui Michel Piccoli ha lavorato con più continuità, condividendo un percorso professionale, creativo e umano, capace di produrre veri capolavori.
Amico di Yves Montand e Simon Signoret, marito per una decina d’anni della famosa cantante Juliette Gréco, non ha mai nascosto il suo impegno politico e sociale “à gauche”, le sue simpatie per il Partito Socialista, per Amnesty International e per il Mouvement de la Paix.
La sua bravura si esprimeva in una naturale presenza scenica, unita a uno straordinario talento nell’interpretare personaggi scomodi, complessi, problematici e a volte estremi. La sua recitazione è sempre stata capace di esprimersi in sfumature e piccoli dettagli, quasi sottotraccia, senza eccessi o inutili protagonismi. La solida formazione teatrale e una capacità di entrare in empatia profonda con la visione del cinema di molti autori hanno permesso a Piccoli di lasciarci in eredità interpretazioni indimenticabili. Basta ripercorrere la sua filmografia velocemente per accorgersi della qualità delle sue scelte.
Nella sua avventura nel mondo del cinema non ha mai preso la strada più facile, ma sempre la più incerta, la più rischiosa. La sua carriera è stata un continuo rimettersi in discussione, mettersi in gioco ogni volta per intraprendere una nuova sfida con uno spirito curioso e anticonformista.
Con il suo percorso professionale, Michel Piccoli indicato un modo di vivere il cinema come passione intima e riservata, capace di esprimere non solo valori artistici ma anche umani.
È Jean-Luc Godard il regista che offre a Michel Piccoli il primo ruolo importante in un grande film. Nel 1963, il maestro della Nouvelle Vague firma una delle sue opere più famose: Il disprezzo, tratto da un romanzo di Alberto Moravia. Accanto a Brigitte Bardot, Jack Palance e Fritz Lang, Michel Piccoli interpreta il ruolo di uno scrittore incaricato di riscrivere una sceneggiatura di un film. Purtroppo la versione uscita in Italia è stata tagliata di una ventina di minuti, doppiata male e distribuita con una colonna sonora che sostituiva quella originale di George Delerue. Da rivedere assolutamente nell’edizione originale francese.
Tornerà a lavorare con Jean-Luc Godard in Passion (1982) un progetto ambizioso, giocato tra realtà, arte, cinema e tormenti d’amore, che però non resterà tra le opere migliori del regista francese.
Michel Piccoli ha collaborato nel corso di tutta la sua carriera con registi della Nouvelle Vague. Con Agnès Varda per Salut a les cubains (1963), Les créatures (1966) e Cento e una notte (1995); con Claude Chabrol per Dieci incredibili giorni (1971) e L’amico di famiglia (1973); con Jacques Rivette per il magnifico La bella scontrosa (1991) e La duchessa di Langlais (2007); con Louise Malle per il malinconico crepuscolare Atlantic City USA (1980) e Milou a maggio (1989), con Alain Resnais per La guerra è finita (1966) e Vous n’avez ancore rien vu (2012).
Michel Piccoli è stato anche l’interprete ideale delle opere surreali del regista spagnolo Luis Buñuel. Grazie a una recitazione dai toni distaccati e a volte enigmatici, ha saputo dare vita a personaggi quasi stranianti. Un sodalizio iniziato nel 1956 con La selva dei dannati e continuato nel tempo con alcuni grandi capolavori: Il diario di una cameriera (1964), Bella di giorno (1967), La via lattea (1968), Il fascino discreto della borghesia (1972) e Il fantasma della libertà (1974).
Alla fine degli anni ’60, Michel Piccoli comincia un proficuo rapporto di collaborazione con Marco Ferreri. Il cinema anarchico, provocatorio e scandaloso del regista milanese è un territorio perfetto per accogliere il talento di un attore che ama le sfide difficili e sposa il progetto di opere alternative, paradossali e destabilizzanti. Con Marco Ferreri ha recitato in Dillinger è morto (1969), L’udienza (1971), La cagna (1972), La grande abbuffata (1973), Non toccare la donna bianca (1974), L’ultima donna (1976), Storie di ordinaria follia (1981) e Come sono buoni i bianchi (1988).
Claude Sautet trova in Michel Piccoli l’interprete perfetto per le atmosfere borghesi del suo cinema elegante e raffinato. Tra le interpretazioni migliori ricordiamo: L’amante (1970), Il commissario Pellissier (1970), Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre (1974).
Negli anni Ottanta è Marco Bellocchio che chiama Michel Piccoli a misurarsi con il suo cinema, sempre più connotato da sfumature psicanalitiche e di malessere esistenziale. Sarà interprete di Salto nel vuoto (1980) e Gli occhi, la bocca (1982).
A metà degli anni Novanta , l’incontro con Manoel de Oliveira apre una nuova stagione per Michel Piccoli, che nel giro di una decina d’anni interpreta diverse opere del grande maestro portoghese. Il suo cinema raffinato, ricco di echi d’arti figurative, teatro, letteratura e poesia, si sposa perfettamente con la maturità artistica di Piccoli. Da vedere: Party (1996), Ritorno a casa (2000), Specchio magico (2005), Belle Toujour (2006).
Tra le altre opere della sua ricchissima filmografia ricordiamo: La calda pelle (1964) di Jean Aurel, Topaz (1969) di Alfred Hitchcock, L’attentato (1972) di Yves Boisset, Todo modo (1976) Elio Petri, Giardini in autunno (2006) di Otar Iosseliani, La polvere del tempo (2008) di Theodoros Angelopoulos, fino all’indimenticabile Habemus Papam (2011) di Nanni Moretti.
Addio Michel.