Francis Ford Coppola è uno tra i più importanti registi contemporanei e nel corso della sua lunga carriera ha firmato alcuni indimenticabili capolavori: la saga de Il Padrino, La conversazione, Apocalypse Now, New York Stories, L’uomo della pioggia, solo per citare i titoli più famosi. Come accade per i grandi autori, ha attraversato i generi classici rinnovandoli profondamente attraverso la sua personale poetica. Spesso ha portato sullo schermo il lato oscuro e ambiguo del suo Paese, le sue profonde contraddizioni, con uno sguardo sempre critico sulla società. Insieme a Robert Altman, Martin Scorsese e altri registi della sua generazione, ha contribuito alla rinascita del cinema americano affrancandolo dai rigidi schemi della vecchia Hollywood, per aprirlo a una visione autoriale. Regista, sceneggiatore e spesso produttore delle sue opere, ha saputo progressivamente conquistarsi un’indipendenza che ha sfruttato al meglio, per realizzare grandi film con una completa autonomia creativa.
Con Megalopolis torna a dirigere un’opera ambiziosa e visionaria, un kolossal che fonde storia e fantascienza all’interno di un universo distopico. Frutto di un vecchio progetto che ha richiesto una lunga gestazione, il film è ambientato in una straniante New Roma, sintesi di una New York futuribile e dell’antica capitale dell’Impero romano. L’opera deforma le tradizionali coordinate spazio-temporali, proiettandoci in una dimensione altra, dove latitudine, longitudine e tempo sono plasmati su un nuovo orizzonte narrativo. Coppola mette in scena un’architettura plastica dai contrasti inconciliabili, che si materializzano nella compresenza delle architetture verticali di New York, di un moderno Colosseo e di nuove costrizioni avveniristiche, creando un cortocircuito visivo, storico e culturale, eccentrico e disorientante. Una dimensione scenica artificiosa, che tuttavia non è estranea al percorso del regista, da sempre rivolto al rinnovamento del linguaggio cinematografico e aperto alle sperimentazioni delle nuove tecnologie digitali, fin dai tempi di Un sogno lungo un giorno.
La dialettica dei contrasti non si esaurisce nella superficie delle immagini, ma permea tutta la costruzione narrativa del film e tesse i rapporti tra i personaggi principali dell’opera. Cesar Catilina, un architetto rivoluzionario, grazie a un nuovo materiale da costruzione, il Megalon, vorrebbe riprogettare la città. Le sue idee si scontrano con quelle del sindaco Franklyn Cicero, espressione di una visione tradizionale e conservatrice. La vicenda si complica ulteriormente quando Julia, la figlia del sindaco, si innamora di Cesar Catilina, creando un irrisolto triangolo di relazioni affettive che rischia di implodere. Il tutto in un’atmosfera cupa, dominata da crisi finanziarie, da diseguaglianze sociali che contrappongono una ristretta élite di privilegiati, spesso degenerati, a una massa di disperati e diseredati.
Uno scenario di decadenza e violenza, di manipolazioni, propaganda e fake news, che ricorda non solo il panorama attuale degli Statui Uniti, ma in generale la pericolosa deriva di parte del mondo contemporaneo verso regressioni populiste e autocratiche. Una scrittura postmoderna ricca di citazioni e rimandi iconografici a Metropolis, Ben-Hur, 1997 Fuga da New York, Sin City, Il gladiatore, alle foto di Charles C. Ebbets, a suggestioni felliniane e di Baz Luhrmann, alle drammatiche immagini storiche di Piazzale Loreto e Capitol Hill, unite a flashback in bianco e nero di fotogrammi di Hitler e Mussolini. Un impianto scenografico e narrativo opulento e strabordante, che spesso tracima in una messa in scena barocca e sovrabbondante, tradita dal desiderio bulimico dell’eccesso. Un affabulante accumulo metalinguistico di profonde sedimentazioni, che salgono in superficie creando un complesso universo di senso.
Tutta l’opera è attraversata dall’ossessione del tempo e del suo dominio, fin dal «Tempo, fermati» pronunciato nell’incipit da Cesar Catilina, per poi proseguire con la Teoria delle stringhe temporali, in un’escalation di accelerazioni e pause che appartengono a modalità di visione tecnologica di secondo grado e non alla realtà. I piani della messa in scena si intrecciano, le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione si frantumano e si ricompongono in un universo riscritto dal cinema come summa di una carriera, punto d’approdo di un lungo percorso autoriale.
Megalopolis è un’opera complessa, sfuggente, oscura, a volte disorientante, confusa quanto il magazzino della villa Xanadu di Citizen Kane, ma lo stesso Coppola ci avvisa all’inizio del film: si tratta di una favola, e come tale va vista.
Megalopolis
Un film di Francis Ford Coppola
Con Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeuf
Produzione: USA, 2024
Durata: 138 minuti