Durante la scuola elementare i bambini americani familiarizzano, seppur in maniera informale, con i simboli del Paese: il presidente, il poliziotto, lo zio Sam e la bandiera. Mostrando come queste pre-comprensioni forniscano una base importante per l’elaborazione delle future attitudini civiche, negli anni Settanta questo articolo segnò la nascita degli studi sulla socializzazione politica nelle scuole.
I programmi di educazione alla cittadinanza hanno una lunga tradizione nelle scuole pubbliche negli Stati Uniti. Si tratta di corsi che puntano a massimizzare le capacità morali interpersonali degli studenti e aumentare le loro attività di cooperazione e di partecipazione alle attività civiche della comunità. Anche se già nelle scuole elementari i curricola includono materie come storia, educazione civica e social studies, i corsi specificatamente finalizzati all’insegnamento della cittadinanza sono di solito impartiti nelle scuole secondarie e nelle università.
Fin dall’inizio dell’iter scolastico, la scuola insegna e rafforza le attitudini nei confronti della legge, del governo e della cittadinanza in una serie di modi informali. Giurare fedeltà alla bandiera, cantare l’inno nazionale, celebrare la nascita di Washington e Lincoln e osservare il Veterans Day sono tutte occasioni per insegnare al bambino il rispetto per legge e un sentimento di lealtà e di orgoglio verso la nazione. È soprattutto attraverso strumenti così informali e non sistematici che la scuola continua il processo di socializzazione politica iniziato a casa.
Ciò nonostante le ricerche sui comportamenti politici hanno a lungo avuto a che fare principalmente con le attitudini e le attività degli adulti. Bambini e adolescenti sono stati ignorati, presumibilmente perché non ammessi a votare. Tuttavia, le teorie e le ricerche più attuali hanno suggerito che le inclinazioni verso il governo e la cittadinanza tendono a cambiare durante gli anni dell’adolescenza.
Bambini molto ben informati
Seguendo questa linea, abbiamo cercato questo presunto cambiamento analizzando quasi duemila studenti liceali. Attraverso alcuni questionari abbiamo sondato il loro interesse verso le questioni civili e politiche: il loro comportamento manifesto, come ad esempio l’ascoltare discorsi elettorali o concernenti l’attualità politica; la preferenza per un determinato partito politico; le convinzioni personali sui limiti entro i quali il governo deve esercitare il proprio controllo sui cittadini; le opinioni su chi ha più probabilità di avere influenza sulla politica; le convinzioni su quali comportamenti dovrebbe avere un pubblico ufficiale, in particolare un senatore; il giudizio sulle funzioni corrette e gli scopi del governo.
L’analisi comparativa dei dati raccolti fra gli studenti appena immatricolati e quelli più anziani ha rivelato che avevamo decisamente sottostimato la portata della maturazione del processo di socializzazione politica fra i bambini piccoli. I ragazzi appena entrati alle superiori, infatti, hanno mostrato opinioni e atteggiamenti specifici verso una vasta gamma di questioni, dimostrando che la formazione delle loro inclinazioni personali verso l’autorità e il governo era in atto già da tempo, pronta ormai a entrare in una fase di pieno consolidamento.
Se oltre l’80% degli studenti più grandi ha affermato di essere «interessato» o «molto interessato» (piuttosto che «abbastanza interessato» e «assolutamente non interessato») alla politica e all’attualità, il 75% delle matricole ha risposto in modo simile.
In risposata alla domanda: «Quanto dovrebbe essere interessata una persona della tua età alla politica e all’attualità?», il 99% degli anziani ha risposto «interessato» o «molto interessato», di fronte a un corrispettivo 97% delle matricole. Il 76% degli studenti senior, poi, aveva indossato spille a favore di un candidato in qualche elezione, ma è notevole il dato che attesta che quasi il 70% delle matricole aveva fatto la stessa cosa.
O ancora, nel rispondere a una domanda su quali debbano essere i limiti del potere del governo, il 76% degli studenti in dirittura di arrivo ritiene che il governo non dovrebbe possedere miniere, foreste e falde di acqua; ma sorprendentemente già il 77% degli studenti del primo anno sostiene la stessa cosa. Sono dati interessanti non in sé, ma perché dimostrano che le risposte dei ragazzi delle classi più avanzate e quelle degli studenti junior seguono in generale un andamento analogo.
Il poliziotto e il presidente
Avendo capito che la formazione delle attitudini verso il governo e la politica iniziano ben prima di quando ci aspettassimo, ci siamo dedicati ad analizzare il processo di socializzazione politica nelle scuole elementari.
Abbiamo misurato la ricettività precoce dei bambini ai concetti politici somministrando un questionario strutturato a un campione di bambini delle aree urbane bianche della scuola pubblica dalla seconda all’ottava classe di otto città americane: Boston, Portland, Chicago, Sioux City, Jackson, San Francisco, Tacoma e Washington.
Abbiamo iniziato con alcune interviste preliminari pensate per esplorare la gamma e la natura dei personaggi politici presenti nel campo cognitivo dei bambini. Queste interviste hanno indicato che due figure erano in primo piano nella concezione del bambino dell’autorità governativa: il poliziotto locale e il presidente degli Stati Uniti. D’altra parte, le stesse interviste hanno anche rivelato la familiarità dei più piccoli con altri simboli dell’identità nazionale, come la bandiera e l’inno, del cui significato dimostrano di avere qualche idea, seppur rudimentale.
Una volta compiuta questa indagine preliminare, abbiamo messo a punto tre strumenti di lavoro: un questionario sul presidente degli Stati Uniti, un breve saggio sullo Zio Sam, e un altro sulla domanda «Come posso contribuire a rendere il nostro governo migliore?». Le risposte hanno fornito informazioni su come i bambini concepiscono le figure politiche più importanti del Paese, sulla visione infantile di un simbolo nazionale popolare e su come i piccoli concepiscono il ruolo dei singoli cittadini. Per verificare l’esistenza di cambiamenti connessi all’età, i dati sono stati raccolti fra gli studenti dalla classe seconda alla ottava classe, cioè dai 7-8 ai 13-14 anni.
I risultati rivelano come l’immagine del presidente degli Stati Uniti sia un fattore cruciale nel processo attraverso cui il bambino si rappresenta come membro leale della sua comunità politica. Nelle prime classi la figura del presidente è risultata estremamente positiva. Il 60% dei bambini di seconda elementare lo ha descritto come «la persona migliore del mondo», e il 75% ha accettato la simpatica definizione di uno di loro: “Il presidente ama quasi tutti». Le loro rappresentazioni possono essere divise in due gruppi: il primo include le definizioni concernenti il ruolo formale del presidente, l’altro riguarda una serie di caratteristiche etiche attribuite alla sua persona.
A questo riguardo si registra un deciso cambiamento rispetto all’età. Infatti, mentre la visione del presidente nei primi anni delle elementari è caratterizzata da una stima verso sue presunte qualità umane, non necessariamente legate ai compiti istituzionali, come l’onestà e la disponibilità, le risposte fornite dai più grandi hanno invece mostrato un sentimento di benevolenza basato sulle presunte qualità di questa figura politica in rapporto ai doveri di mandato.
Lo zio Sam? È come il nonno
Abbiamo poi chiesto sia ai bambini delle elementari che ai ragazzi del liceo di scrivere un saggio sulla figura di zio Sam, chiedendo loro di descrivere quale tipo di persona potesse essere. Il modello della risposta è chiaro: un brav’uomo, saggio, gentile e protettivo. Un’immagine basata su quelli che Parsons chiama «componenti espressive»: lo zio Sam descritto dai ragazzi rimanda infatti più all’immagine di un nonno che a quella più tradizionale di un padre severo.
Sono risposte su cui è necessario riflettere. Perché le immagini del presidente e dello Zio Sam sono così benigne e positive? Perché è così rara una visione critica, persino al livello del liceo? Perché così poche sono le espressioni di ambivalenza e di ostilità mostrate da questi giovani interlocutori?
Probabilmente il bisogno dei bambini di vedere l’autorità all’insegna delle benevolenza rappresenta un loro modo di affrontare i sentimenti di vulnerabilità verso il potere adulto, inclusa le possibilità d’aggressione e diserzione. Nei suoi primi anni di vita, il bambino considera il genitore come una figura in grado di fornire cura e effetto; allo stesso modo, solo un po’ più tardi, definisce l’autorità politica benigna, garante di giustizia e libertà.
Su queste basi, è possibile delineare un modello ideale di sviluppo dell’idea del “bravo cittadino”. All’inizio, il bambino tende a concettualizzarlo come «una persona meritevole di cure». Più tardi lo definisce in termini di obbedienza e capacità di cooperazione. Più oltre ancora ancora lo descrive come un soggetto attivamente partecipe alla vita politica, giungendo solo alla fine alla cruciale distinzione fra istituzione e governo.
Per approfondire quest’ultimo punto abbiamo analizzato i saggi compilati in risposta alla domanda: «Cosa posso fare per fare migliorare il governo del mio Paese?». I risultati dimostrano d’essere classificabili secondo tre principali categorie.
1) Le risposte che avevano a che fare con questioni personali non direttamente legate al governo, come queste di bambini di quarta elementare: «Essere felice, dire la verità e non litigare» e «Posso aiutare il governo facendo il bravo».
2) Le risposte che mostravano obbedienza e cooperazione con le richieste della legge e del governo, come: «Non disobbedire le regole, aiutare a essere civili, pagare le tasse ogni anno e non essere testardi» e «Posso essere d’aiuto seguendo le leggi del governo».
3) Infine le risposte che esprimevano la partecipazione volontaria ai processi politici, come: «Votando quando è essenziale che lo faccia e informandomi molto di più», oppure «Mandando tutte le mie idee al senatore della nostra regione». Il senso è che con il crescere dell’età aumenta il riferimento a un’idea assertiva di buona cittadinanza come partecipazione attiva; un approccio fatto proprio da almeno due terzi delle classi ottave.
La famiglia e il governo
Nonostante questi cambiamenti, tuttavia, stupisce che in tutte le classi si mantenga invariato l’assunto che l’autorità governativa sia già degna di fiducia e abbia il diritto di avanzare richieste ai singoli cittadini. Ancora una volta, come spiegarsi questa visione tendenzialmente benevola verso il governo?
Una risposta può essere che le attitudini verso l’autorità politica sono inizialmente mediate dalla famiglia, il cui ruolo rimane di gran lunga fondamentale nel processo di socializzazione politica.
Dall’esperienza in questo gruppo primario il bambino sviluppa un’immagine del genitore ideale e alcune nozioni su come ci si aspetta che un giovane cittadino si comporti. Il bambino trasferisce poi molto presto quest’immagine di autorità ideale a figure politiche distanti e relativamente poco conosciute. Più avanti ancora, sempre attraverso l’identificazione con la famiglia, il giovane matura l’attaccamento a un partito politico e la conseguente rappresentazione degli avversari politici come l’opposto dei genitori: non sinceri, opportunisti e privi di buon senso.
Solo alla fine di questo lungo processo di apprendimento nasce l’essenziale capacità di distinguere fra l’autorità di un’istituzione e le caratteristiche personali di chi l’assume. L’elaborazione di questa differenza consente ai bambini di valutare il grado in cui le aspettative legate alle cariche politiche sono state realizzate, rendendo possibile un senso critico che allo stesso tempo, se sostenuto da una buona educazione familiare, non mina un basilare senso di comune appartenenza. La critica alle persone, allora, riesce a convivere con il rispetto per le istituzioni.
In breve, quanto detto dimostra che il processo di socializzazione politica si basa su un apprendimento personale, non formale e profondamente imbevuto di componenti affettive, in cui l’esperienza vissuta all’interno delle famiglie mantiene un ruolo essenziale, sia nella formazione dell’immaginario politico infantile, sia poi nella trasmissione, attraverso comportamenti concreti, di adeguate norme di civismo.
Non mancano tuttavia implicazioni utili per l’educazione scolastica. Risulta chiaro, infatti, come gli anni cruciali per insegnare una corretta socializzazione politica siano quelli iniziali del primo ciclo elementare, non tanto quelli del liceo.
Tratto da: Robert Hess e David Easton, The Role of Elementary School in Political Socialization, in “The School Review”, The University of Chicago Press, Chicago, vol.70, n. 3, 1962, pp. 257-265.