“L’isola di Arturo”: pratiche didattiche possibili

Tempo di lettura stimato: 8 minuti
Tra i romanzi di Elsa Morante, quello che amo di più e che trovo più interessante per le classi dove insegno è “L’isola di Arturo”: lo scontro tra immaginazione e realtà, tema fondamentale in tutta l’opera di Morante, qui largamente presente, è particolarmente vicino alle sensibilità delle ragazze e dei ragazzi che incontro ogni giorno. Nel tempo ho messo a punto qualche strategia per proporlo loro in modo efficace.

Il testo attraverso cui avvicino spesso le classi alla lettura di Morante è il preziosissimo libro di Carola Susani Elsa Morante. Tra storia e sortilegi (illustrato da Giulia Rossi, La Nuova Frontiera Junior 2020), che ha il potere di incuriosire le ragazze e i ragazzi e di motivarli alla lettura dell’opera, non facile, della scrittrice.

                                                                                                  a Remo N.

Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto.
E non sarà mai rubato quest’unico tesoro
ai tuoi gelosi occhi dormienti.
Il tuo primo amore non sarà mai violato.

Virginea s’è rinchiusa nella notte
come una zingarella nel suo scialle nero.
Stella sospesa nel cielo boreale
eterna: non la tocca nessuna insidia.

Giovinetti amici, più belli d’Alessandro e d’Eurialo,
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo,
L’insegna paurosa non varcherà mai la soglia
di quella isoletta celeste.

                                               E tu non saprai la legge
ch’io, come tanti, imparo,
— e a me ha spezzato il cuore:

fuori del limbo non v’è eliso.

La poesia che apre il romanzo ricorda A Silvia di Leopardi: anche qui compare infatti il tema della scomparsa del mondo immaginato nella fanciullezza e nell’adolescenza quando si cresce e si entra in contatto con la realtà.

Colpisce che questa poesia, in cui l’autrice scrive che fuori dal limbo (dell’infanzia) non c’è eliso, contenga una dedica misteriosa a un certo Remo N., Remo Natales, che scopriamo essere l’anagramma di Elsa Morante grazie alla lettura di un appunto autografo dei manoscritti della scrittrice: dunque con quel nome misterioso Morante dedica il libro a sé stessa. L’autrice si nasconde dentro il personaggio di Arturo e racconta la fase che precede la maturità. Perché dedicare un libro a sé stesse? Iniziamo la lettura con domande di senso, quelle che aprono alla scoperta di nuovi mondi.

Quella pienezza di vita che Morante racconta di provare quando scrive questo romanzo, nel periodo in cui si ritira in via Archimede per diventare il ragazzo Arturo, arriva alle lettrici e ai lettori di oggi.

Il tema del convegno tenutosi il 4 marzo 2024 alla Casa Internazionale delle Donne, legato ai 50 anni dalla Storia di Elsa Morante, mi ha fatto pensare in modo particolare a un’esperienza didattica in una classe quarta di Liceo scientifico legata alla lettura dell’Isola di Arturo, esperienza che si è nutrita della voce di una scrittrice che ama molto Elsa Morante, Elena Stancanelli. Quando la scuola si apre all’esterno si tratta quasi sempre di incontri generativi, e quello lo era stato particolarmente.

Le pratiche educative che ho scelto per la lettura e la comprensione di Morante si nutrono dunque anche di quel che abbiamo ascoltato dalla voce di Stancanelli. La lettura dell’Isola di Arturo ha appassionato particolarmente la classe in questione, anche grazie all’ incontro preparatorio in cui la scrittrice, che appartiene all’associazione culturale Piccoli Maestri, ha raccontato i motivi per cui ama tanto Morante. Naturalmente Stancanelli si è soffermata principalmente su aspetti linguistici, tra cui la cura e la bellezza delle parole scelte, in grado di farci vivere, ad esempio, l’infanzia mitica di Arturo.

La classe, ascoltandola, ha percepito subito la differenza tra il mio sguardo, un’insegnante che ama leggere, e il suo, una scrittrice che ama altrettanto la lettura: le riflessioni di Stancanelli sulla scrittura di Morante erano particolarmente attente al lavoro di lima sulla parola, alla laboriosità della sua officina di scrittrice. Il modo in cui ha raccontato l’impegno a ricercare le parole giuste, il giusto ritmo della frase, era insomma, come è naturale, quello di una professionista abituata a lavorare su questi aspetti nella propria officina mentale: ascoltare punti di vista diversi è sempre vitale, e lo è ancora di più nell’età della formazione.

La lettura del testo, grazie a quelle chiavi interpretative che avevano incantato la classe, ha fornito spunti significativi; ecco alcuni dei percorsi didattici seguiti con la classe nella lettura del romanzo:

1. La storia familiare di Arturo, ad esempio, ha fornito lo stimolo per un percorso di scrittura autobiografica in cui ogni alunna/o si è sentita/o libera/o di esprimersi: conoscendo le situazioni personali degli alunni e delle alunne sapevo come muovermi e ho potuto domandare loro:

– di raccontare la storia del loro nome;
– di raccontare per iscritto il loro primo ricordo;
– di descrivere una fotografia particolarmente significativa della loro infanzia.

In merito a tali percorsi, vorrei esprimere tutta la mia gratitudine a chi mi ha fatto avvicinare a tale genere nei laboratori da lei tenuti presso il Circolo di scrittura autobiografica di Garbatella dedicato a Clara Sereni: mi riferisco alla docente Gabriella De Angelis, formatrice della LUA di Anghiari.

2. Abbiamo individuato dei temi emersi dalla lettura del romanzo; talvolta la classe ha scelto proprio delle frasi in cui essi sembravano essere presenti in modo particolarmente significativo, quasi si trattasse di frasi-seme:

– La memoria altera i ricordi: «la mia casa non dista molto da una piazzetta quasi cittadina (ricca, fra l’altro, di un monumento di marmo), e dalle fitte abitazioni del paese. Ma, nella mia memoria è divenuta un luogo isolato, intorno a cui la solitudine fa uno spazio enorme. Essa è là, malefica e meravigliosa, come un ragno d’oro che ha tessuto la sua tela iridescente sopra tutta l’isola», p. 15.

– Ambivalenze dei sentimenti: a partire dal rimorso di Arturo per la morte della madre nel darlo alla luce: «il mio rimorso si confondeva nel suo perdono», p. 51.

– Idealizzazione della madre: «adorazione fantastica di tutta la mia fanciullezza».

– Idealizzazione della figura paterna: «dei discorsi di mio padre io a quei tempi non potevo intendere altro se non quanto rispondeva alla mia certezza indiscussa: che lui, cioè, fosse l’esempio incarnato della perfezione e felicità umana!», p. 50.

– Lacrime come segno di debolezza e in generale Stereotipi comportamentali ricollegabili all’identità di genere: «Pensai se piango sono disonorato», p. 41.

– Ribellione nei confronti degli adulti: «ed io per la prima volta da quando ero nato provai un senso di rivolta contro di lui» (quando il padre dice ad Arturo che la sua nuova moglie sarà una madre per lui), p. 73.

– Lo sguardo dell’altro: «E m’era bastato, subito, un primo sguardo, per vedere che era brutta, non meno di tutte le altre donne», p. 75.

– Le case degli altri: «Mio padre rise in faccia alla sposa e, rivoltosi a me, mi spiegò che lei, nella sua casa di ragazza a Napoli, dove abitava con tutta la famiglia, aveva per cucina solo un fornello a treppiede, che d’inverno s’accendeva a in camera, sul pavimento, e d’estate in istrada, per terra davanti alla porta», p. 79.

– Abitudini diverse dalle proprie osservate per la prima volta: «Era la prima volta che abitavo nella stessa casa con una donna, e che assistevo da vicino alla sua vita; e non avevo nessuna idea delle costumanze delle donne, del corredo di queste infagottate creature, e se sempre, anche nel chiuso delle mura, anche quando dormono, essere appaiono così informi e misteriose», p. 86.

– Empatia di Arturo di fronte alla violenza del padre verso Nunziatella: «nell’assistervi io avevo sentito i miei nervi contrarsi, quasi che, stavolta, anch’io dividessi la paura della sposa» p. 89.

– Gelosia di Arturo nei confronti dell’amore di Nunziatella per il figlio, Carmine: «Non sapevo che ci si potesse dare tanti baci al mondo: e pensare che io non ne avevo dati né ricevuti mai! Guardavo quei due che si baciavano come si guarderebbe, da una barca solitaria nel mare, una terra inapprodabile, misteriosa e incantata, piena di foglie e di fiori» p. 235.

Io ho riportato i temi individuati da loro su diversi post-it colorati che ho dato a ogni coppia di alunn3: ogni coppia si è poi raccontata un’esperienza a partire da quella frase dell’Isola di Arturo che era capitata loro. Dopodiché ogni coppia ha restituito al gruppo il racconto, l’unə raccontando non la propria storia, ma quella ascoltata dall’altrə, che è stata in qualche modo fatta propria.

La classe si è variamente rispecchiata in alcune esperienze di Arturo: l’idealizzazione – e il crollo – della figura paterna, il narcisismo e il suo contrario. Abbiamo sperimentato preziosi momenti di didattica collaborativa e orientativa, in cui ogni studente ha potuto interrogarsi su di sé attraverso lo specchio della letteratura.

BIBLIOGRAFIA

B. Enrico, Pedagogia cooperativa, Armando editore, Roma 2021

S. Giusti, Insegnare con la letteratura. Idee per insegnare, Zanichelli, Bologna 2011

E. Morante, L’isola di Arturo, Einaudi, Torino 2014

M.S. Sapegno (a cura di) La differenza insegna. La didattica delle discipline in una prospettiva di genere, Carocci, Roma 2014

C. Susani, Elsa Morante. Tra la storia e i sortilegi, La nuova frontiera junior, Roma 2020

Condividi:

Silvia Vitucci

Insegna Italiano e Latino al Liceo scientifico “Nomentano” di Roma

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it