Les Italiens de Paris si ritrovano a Novara
L’Italia degli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento era una nazione giovane, uno Stato unitario appena creato dal sacrificio di migliaia di patrioti risorgimentali. Uno Stato pieno di contraddizioni e disuguaglianze economiche, sociali, culturali e finanche linguistiche, laddove – con qualche parziale eccezione industriale “urbana” – erano ancora l’agricoltura, l’allevamento, la pastorizia le attività più diffuse. Non stupisce dunque che la pittura nostrana fiorisse e proseguisse nel solco di quella sensibilità e di quei soggetti che si erano affermati con l’esperienza della Macchia, privilegiando i paesaggi agresti o rurali e i personaggi che ne erano gli attori abituali: contadini, pastorelle, butteri ecc. senza dimenticare i soldati di fattoriana memoria.
Parigi, culla della modernità
La modernità era altrove, e si identificava nelle grandi capitali europee come Parigi (soprattutto) e Londra, che – con la nascita delle prime Esposizioni Universali – divennero “vetrine” per milioni di viaggiatori, simboli di benessere e progresso, come pure centri nevralgici del mercato internazionale dell’arte contemporanea.
Attratti da questa stimolante atmosfera – prodromica alla Belle Époque – alcuni dei nostri pittori più talentuosi decisero di trasferirsi (per periodi più o meno lunghi) a Parigi: tra loro, che si guadagnarono l’appellativo di Les Italiens de Paris, spiccano senza dubbio il ferrarese Giovanni Boldini (Ferrara 1842 – Parigi 1931) e il barlettano Giuseppe De Nittis (Barletta 1846 – Saint-Germaine-en-Laye 1884), personaggi tra loro diversissimi ma entrambi dotati di straordinarie doti pittoriche, sensibili all’influsso dell’Impressionismo e lungamente legati alla “scuderia” del mercante d’arte Adolphe Goupil.
A loro, ma anche ad altri artisti di grande talento, come tra gli altri Federico Zandomeneghi (Venezia 1841 – Parigi 1917), Antonio Mancini (Roma 1852 – 1930), Vittorio Corcos (Livorno 1859 – Firenze 1933) è dedicata una bellissima mostra allestita al Castello di Novara dal titolo Boldini, De Nittis e les Italiens de Paris, a cura della storica dell’arte Elisabetta Chiodini, organizzata da METS Percorsi d’Arte, con numerosi patrocini e sponsorizzazioni.
Al visitatore sono proposte oltre novanta opere, da collezioni pubbliche e private, distribuite in nove sezioni, dalle quali emerge la straordinaria vitalità di quella stagione artistica, durante la quale i pittori “nostrani” – come già anticipavo – vennero in contatto con una realtà socio-economica impensabile in Patria, che plasticamente si manifestava negli eleganti edifici parigini e nelle piazze piene di gente elegante; tale soggiorno li portò anche all’incontro con intellettuali di prim’ordine e “colleghi” pittori visionari, nonché con facoltosi nobili o borghesi che si innamorarono dei loro quadri.
L’importanza della ritrattistica
In molti casi questi ultimi si fecero anche da loro ritrarre, come attesta la sezione finale della mostra – quella dedicata appunto ai ritratti – nella quale Boldini fa ovviamente la parte del leone. Come non rimanere estasiati, infatti, davanti ai celeberrimi ritratti a pastello delle giovani sorelle cilene Concha y Subercaseaux, Ritratto della Signorina Emiliana Concha y Subercaseaux, il cosiddetto Pastello bianco (1888) e Ritratto di Elena Concha y Subercaseaux (1888), che sono forse tra i più “boldiniani” (scusate l’ovvietà) tra i suoi capolavori? Oppure di fronte alla Contessa Speranza (1899) o alla Signora adagiata su bergère (1905)? Il pittore ferrarese non si fermò neppure davanti all’intimità delle signore immortalate, come documenta la settima sezione dell’esposizione, impreziosita dal suo dipinto Giovane in déshabillé con specchio (1879-1880 ca) e dai nudi di altre affascinanti signore.
I grandi rivali: Boldini e De Nittis
In effetti Giovanni Boldini fu di gran lunga il più “mondano” del gruppo, in quanto assiduo (e ammiratissimo) frequentatore dei migliori salotti, in cerca di commissioni pittoriche ma anche di corteggiamenti amorosi. Più “intellettuali”, invece, le frequentazioni di Giuseppe de Nittis, e legate per lo più all’ambiente artistico-letterario: tra loro, Eduard Manet, Edgard Degas, i fratelli Goncourt o Émile Zola. Alla loro arte per certi aspetti “rivale” (i due non si amavano troppo…) è dedicata la seconda sezione della mostra, che ospita alcuni dei lavori di maggior successo dei due pittori, dipinti ad olio e pastelli che illustrano l’evoluzione della loro poetica e del loro linguaggio dai primi anni Settanta alla metà degli anni Ottanta. Non mi schermisco: ho da sempre una grande passione per De Nittis, del quale possiamo vedere il famosissimo Al Bois de Boulogne (1873), dalle collezioni della Fondazione Enrico Piceni, ma anche i non meno affascinanti Dans les blé (1873) e Passeggiata coi cagnolini (1874); Boldini, in quegli anni, era invece affaccendato a dipingere Berthe, l’amante-modella protagonista di alcuni quadri qui esposti.
Boldini e De Nittis, inoltre, sono i protagonisti della sesta sezione della mostra, dedicata alle vedute di Parigi e Londra, che a mio avviso ha nella grande opera Westminster (1878 ca) di De Nittis uno dei pezzi di maggior pregio.
Mancini, Zandomeneghi, Corcos
Ci sono però altri Italiens de Paris, come dimostrano sia l’eterogenea prima sezione, sia le sale monografiche dedicate a Mancini, Zandomeneghi, Corcos. Tutto sommato breve l’esperienza parigina del realista Antonio Mancini, cui non dispiacque la raffigurazione di esponenti dei ceti subalterni, come scolari, saltimbanchi o lo Scugnizzo con chitarra (1878), dalle mani virtuose e dallo sguardo triste.
Chi invece – una volta arrivato – restò a Parigi per tutta la vita fu Federico Zandomeneghi, che entrò a far parte a tutti gli effetti del movimento impressionista e strinse solidi legami con Degas, Pissarro e successivamente anche con Toulouse-Lautrec. Il mondo che Zandò (così lo chiamavano tutti) creò sulle sue tele con tratti e colori inconfondibili è fatto per lo più di persone, spesso donne inserite in un contesto mondano: tra le opere in mostra, segnalo un intenso Colloquio a tavolino (1890-93) e il coloratissimo Moulin de la Galette (1878 ca), locale parigino amato e dipinto anche da Renoir, Van Gogh e Toulouse-Lautrec. A Novara è esposto pure lo straordinario Ritratto di Diego Martelli con berretto rosso (1879), che Zandomeneghi espose alla quarta esposizione impressionista del 1879, e che ora è conservato Gallerie degli Uffizi; l’opera è ispirata al soggiorno parigino dell’amico Diego Martelli, critico d’arte e grande sponsor dei Macchiaioli, e simbolicamente rappresenta dunque l’ennesimo legame tra l’Italia e la Parigi del tempo.
Anche Vittorio Corcos, come anticipavo, ha una sezione dedicata, dalla quale emerge il suo eccellente talento di ritrattista nonché la sua capacità di cogliere alcuni aspetti quotidiani della “bella vita” parigina, con scene come quella delle Istitutrici ai Campi Elisi (1892). In questo la sua arte ricorda quella di De Nittis, che lo accolse e ospitò a Parigi e lo mise in contatto con l’intraprendente Adolphe Goupil.
Quantità, qualità e… prezzo
Insomma, andare a Novara per gli appassionati di pittura è quasi un obbligo: la mostra non delude affatto anche se – va detto – alcune sale del Castello sono un po’ piccole e al momento della mia visita (avvenuta in giorno festivo) decisamente troppo sovraffollate.
Lo so, lo so, Les Italiens si portano appresso la fama di pittori commerciali, dall’abbondante produzione pensata per il mercato più che per manifestare un proprio progetto culturale. E in effetti nessuno può negare che le loro opere fossero ben comprate già allora, e continuino ancora oggi a spuntare importanti quotazioni nelle aste internazionali. Però la loro qualità artistica fu enorme, e non sbagliamo nel dire che ci troviamo davanti a veri e propri fuoriclasse della pittura, che interpretarono appieno lo spirito di quel tempo, quello della Belle Époque, nel quale vissero e operarono. In fondo, visitare la mostra novarese è come fare uso della macchina del tempo e ritrovarsi di colpo in una Parigi d’antan: un po’ come capita – pur se nel contesto culturale di qualche anno più tardi – al protagonista di Midnight in Paris di Woody Allen.
Chiudo ricordando che accompagna la mostra il catalogo edito da METS Percorsi d’arte con saggi di Elisabetta Chiodini e Paul Nicholls, e schede di Silvestra Bietoletti, Silvia Capponi, Elisabetta Chiodini, Omar Cucciniello, Elena Lissoni, Elena Marconi, Giulia Matta, Camilla Testi, Isabella Valente.