Ingres tra Francia e Italia
Dal 1797, Ingres fu a Parigi nell’affollatissima cerchia di Jacques Louis David (1748-1825), il “mostro sacro” del Neoclassicismo francese, pittore di punta dell’età della Rivoluzione e di quella napoleonica. Nel 1800 concorse per il Prix de Rome e nel 1806, dopo aver completato il grande (e controverso, ma ne riparleremo) dipinto Napoleone sul trono imperiale, giunse finalmente a Roma, dove poté approfondire gli studi e dove nutrì la sua passione per Raffaello, verso la cui arte aveva una venerazione quasi religiosa. Il soggiorno italiano di Ingres durò ben più degli anni previsti, poiché il pittore francese vi restò fino al 1824, prima a Roma e poi a Firenze, assistendo da qui alla caduta di Napoleone (ormai non più l’arbitro dei due secoli l’un contro l’altro armato di manzoniana memoria) e alla Restaurazione operata dai Borbone; quei Borbone che egli ritrasse e che – al suo rientro in patria – lo vollero professore d’Accademia con tanto di Legion d’Onore. E, poiché morì nel 1867, si può ben capire come la qualifica di “neoclassico” che spesso gli affibbiamo frettolosamente gli vada decisamente stretta; e ciò non solo per il suo geniale eclettismo (che incantò pure Picasso), ma anche per motivi d’ordine cronologico, se è vero che il culmine di questo movimento si raggiunse in età napoleonica con David nella pittura e con Antonio Canova (1757-1822) nella scultura.
- J.A.D. Ingres, “Torso d’uomo”, 1799. Olio su tela, Musée Ingres, Montauban.
- Andrea Appiani, “Ritratto di Augusta Amalia di Baviera”, 1806. Olio su tela, Galleria d’Arte Moderna, Milano.
- J.A.D. Ingres, “Copia di autoritratto di Raffaello”, circa 1820-1824. Olio su tela, Musée Ingres, Montauban.
- J.A.D. Ingres, “Raffaello e la Fornarina”, 1848. Olio su tela, Columbus museum of art, Ohio: bequest of Frederick W. Schumacher.
La grande mostra di Palazzo Reale
Gli amanti della grande pittura (e scultura) non possono certo perdere una mostra dal titolo Jean Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone, aperta a Palazzo Reale di Milano fino al 23 giugno, curata da Florence Viguier-Duthei1, conservatrice a capo del Patrimonio e Direttrice del Musée Ingres di Montauban, attualmente chiuso per restauri. Si tratta di un evento importante in una duplice direzione: da un lato, infatti, ricostruisce l’ambiente artistico e culturale dei tempi di Bonaparte, con particolare attenzione per quello Milano che fu capitale del Regno d’Italia di istituzione napoleonica; dall’altro, tenta una panoramica completa del percorso artistico di Ingres.
Paradossale modernità del Neoclassicismo
Il tutto, intendiamoci, potrebbe anche fare arricciare il naso a qualche purista, perché Milano non fu che località di passaggio per Ingres – il quale, tra l’altro, durante l’età napoleonica non era certo tra gli artisti più celebrati del tempo–; eppure, vi garantisco che il messaggio complessivo che l’esposizione ci manda è chiaro, poiché senza l’emulazione di David (del quale è qui esposto un imponente Nudo maschile, detto Patroclo del 1780), senza il confronto con altre esperienze neoclassiche che ebbero – in Francia come nella Milano “francesizzata” – Napoleone come nume ispiratore (impossibile qui non menzionare Andrea Appiani, del quale è qui esposto un meraviglioso ritratto del Bonaparte di una collezione privata americana), Ingres non avrebbe potuto costruirsi quel background che lo portò a essere quello straordinario artista che tutti conosciamo.
- Jacques Louis David, “Nudo maschile detto Patroclo”, 1780. Olio su tela, ©Cherbourg-en-Cotentin, muséè Thomas Henry.
- J.A.D. Ingres, “La morte di Leonardo Da Vinci”, 1818, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, Petit-Palais. © Petit Palais/Roger-Viollet.
Insomma, la mostra ci invita a leggere la pittura di Ingres alla luce del concetto di «paradossale modernità del Neoclassicismo», con il quale Marc Fumaroli ha voluto evidenziare come in molti casi la continuazione dell’antichità sia sfociata in tensioni, inquietudini contraddizioni tipicamente moderne, alla faccia della «nobile semplicità e quieta grandezza» di Winckelmann…
Ora, solo qualche consiglio, come al solito, per chi voglia andare a Palazzo Reale.
Milano, capitale napoleonica
Anzitutto è bene osservare con cura le opere della sezione relativa a Milano, che offrono una concreta rappresentazione del rapporto tra arte e potere in età napoleonica: infatti, Appiani nella pittura (e nelle sue splendide incisioni: occupano l’intera parete di una sala…), e Canova (di cui abbiamo qui una testa di Bonaparte che sembra Giulio Cesare) nella scultura, si avvalsero ampiamente di questa “politica delle arti”, ascrivibile all’ideologia di governo di Napoleone Bonaparte. Ma non fu da meno l’iniziativa privata di nuovi protagonisti, estranei al mecenatismo aristocratico: primo fra tutti Giovanni Battista Sommariva, forse il mecenate più importante dopo l’imperatore e la sua famiglia, della cui collezione sono esposti alcuni pezzi nonché le miniature che li rappresentano a mo’ di moderno archivio fotografico.
Tre capolavori di Ingres
Quindi, arrivando a Ingres, mi permetto solo di segnalare tre opere che ritengo fondamentali per comprenderne la complessa personalità.
Comincerò con quel Napoleone sul trono imperiale del 1806, ora al Musée de l’Armée di Parigi, del quale ho già parlato. Si tratta di un dipinto che all’epoca non piacque affatto, e se ne possono capire le ragioni, poiché il Neoclassicismo severo di David lascia qui il posto a un gusto quasi manieristico, nel quale le suggestioni classiche si mescolano con echi della ieratica frontalità propri dell’arte bizantina o carolingia; lo sfarzo esuberante di porpora ed ermellino fanno emergere un volto imperiale terreo, quasi inespressivo, certamente statuario. Insomma, se Ingres voleva dare al potere napoleonico un’aura metastorica e quasi divina c’è riuscito appieno: il prezzo da pagare è però quello di avere confezionato un “prodotto” che ai nostri occhi (e non solo) sfiora il kitch, ma che non può non lasciarci comunque a bocca aperta.
Il “tradimento” in chiave moderna dell’armonia neoclassica (pur non del tutto abbandonata, comunque) accomuna gli altri due dipinti cui voglio accennare, e cioè Il sogno di Ossian del 1813, dal Museo di Montauban, e la Grande odalisca del 1830, dal Metropolitan di New York, versione in grisaille di quella notissima a colori conservata al Louvre.
- J.A.D. Ingres, “Il sogno di Ossian”, 1813. Olio su tela, Musée Ingres, Montauban.
- J.A.D. Ingres, “Grande odalisca” (versione in chiaroscuro),1830 circa. Olio su tela, The Metropolitan Museum of Art, New York, Catharine Lorillard Wolfe Collection, Wolfe Fund, 1938.
Nel primo caso, il tema preromantico dell’Ossian basta da solo a spiegare l’inquietudine emanata dal grande quadro, tra l’altro di committenza napoleonica. Nel secondo caso, il collo allungato e le anche salienti della donna sdraiata producono in noi una sensazione difficile da spiegare; infatti da un lato ci accorgiamo che questi particolari danno alla figura un che di sproporzionato, dall’altro comprendiamo che è proprio da questi tratti che la sensualità dell’immagine è enfatizzata. Un po’ come capita davanti ad un nudo di Modigliani, o – addirittura – di Picasso, per essere chiari… E qualcosa di simile deve avere pensato anche Man Ray quando – proprio pensando ad Ingres – nel 1924 trasformò le rotondità femminili nella sagoma di un violino: Le violon d’Ingres, appunto, surreale e sensuale nello stesso tempo.
Sì, reinventare il nudo femminile in chiave “moderna” è stata una delle grandi ossessioni di Ingres, artista poco incline all’equilibrio e alle proporzioni che gli studi anatomici cari ai neoclassici per eccellenza suggerivano; quella del nudo fu comunque una magnifica ossessione, potremmo dire – citando un famoso film – come dimostrano anche altri quadri in mostra, che raffigurano nudità dormienti.
- J.A.D. Ingres, “Giove e Antiope”, 1851, olio su tela. Musée d’Orsay, Parigi, Francia.
- J.A.D. Ingres, “Dormeuse”, 1820 circa, olio su tela. Londra, Victoria and Albert Museum.
- J.A.D. Ingres, “Donna con tre braccia”, 1816 – 1859, olio su tela, Musée Ingres, Montauban, Francia, Montauban.
Una mostra, questa, dalla quale usciamo forse un po’ confusi, ma sicuramente appagati: 150 opere di Ingres e dei suoi contemporanei, infatti, sono sufficienti (se viste di domenica) a farci iniziare la solita grigia settimana con la necessaria “riserva” di bellezza.
NOTA
1. L’evento è promosso dal Comune di Milano – Cultura e prodotto da Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei, in collaborazione con StArt e il Museo Ingres di Montauban. Il catalogo è pubblicato da Marsilio editore.