La Scapigliatura riscoperta

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La Scapigliatura, movimento artistico italiano che si sviluppa dagli anni Sessanta dell’Ottocento al primo decennio del Novecento, non è un miscuglio informe di idee e opere disparate, ma una fonte eterogena di un’arte sperimentale, che guarda con nostalgia al passato, rifiuta il presente e brama il futuro. La grande sperimentazione della Scapigliatura permette oggi una riscoperta continua di opere, tra cui quelle di uno dei più grandi collaboratori di Matilde Serao, Daniele Oberto Marrama.

Già nel 1857 – cinque anni prima dell’uscita del romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio – Cletto Arrighi condivide i primi elementi che caratterizzeranno il movimento artistico della Scapigliatura nel frammento “Presentazione”, originariamente pubblicato nel 1857 sulla rivista «Almanacco del Pungolo»:

In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità d’individui d’ambo i sessi […] fra i venti e i trentacinque anni non più; pieni d’ingegno quasi sempre; più avanzati del loro secolo; indipendenti come l’aquila delle Alpi; pronti al bene quanto al male; inquieti, travagliati, turbolenti – i quali – e per certe contraddizioni terribili fra la loro condizione e il loro stato, vale a dire fra ciò che hanno in testa, e ciò che hanno in tasca, e per una loro particolare maniera eccentrica e disordinata di vivere, […] meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione […].

Questa casta o classe – che sarà meglio detto – vero pandemonio del secolo, personificazione della storditaggine e della follia, serbatoio del disordine, dello spirito d’indipendenza e di opposizione agli ordini stabiliti, questa classe, ripeto, che a Milano ha più che altrove una ragione e una causa di esistere, io, con una bella e pretta parola italiana, l’ho battezzata appunto: la Scapigliatura milanese[1].

Arrighi individua nei giovani italiani, delusi dalle condizioni sociali che la politica impone senza mantenere le promesse dell’agognata unità d’Italia, i fautori di questo nuovo impeto artistico. È una gioventù ribelle, indipendente e turbolenta, che desidera isolarsi dalla società dalla quale non si sente accettata. Al contempo, avverte l’istinto di cimentarsi nell’innovazione e offrire nuovi stili artistici in un periodo storico secondo loro in declino.

È proprio la sperimentazione la caratteristica principale della Scapigliatura, la quale si svilupperà fino al primo decennio del nuovo secolo. Le innumerevoli espressioni artistiche, le tematiche disparate e le ideologie fantastiche hanno portato il pubblico e la critica a credere che la Scapigliatura sia unicamente un miscuglio eccentrico di opere che è meglio ignorare.

L’intrinseca eterogeneità di questo movimento spiega tuttavia la sua stessa essenza. Giuseppe Farinelli asserisce infatti che

la Scapigliatura non è un accidente capitato nel critico passaggio tra romanticismo e decadentismo, ma è dello stesso passaggio l’indispensabile stazione di sosta, di pulizia e di rifornimento, in cui il bagaglio dei vecchi ideali e dei vecchi sistemi è pesato, rivisitato, modificato e sostituito alla luce di una rinvigorita ricerca culturale interdisciplinare di stampo europeo[2].

La Scapigliatura permette di accorciare in pochi decenni quell’enorme distanza creatasi tra la cultura italiana e quella romantica, simbolista e soprannaturale internazionale. Il panorama letterario italiano inizia a conoscere nuove sfaccettature del romanticismo, sperimenta in maniera approfondita gli elementi soprannaturali di uno stile fantastico che gli autori avevano deciso di rifiutare, scopre nuovi simboli e sposa un decadentismo pieno di fascino.

Diventa così più facile comprendere quale sia il motivo per cui la maggior parte degli artisti scapigliati moriranno in giovane età, spesso suicidi o persi nell’alcolismo e nella depressione. L’unione tra isolamento sociale – causato da una ribellione intrinseca – e l’assoluta dedizione a un’arte irrefrenabile – in continua evoluzione e mai soddisfacente – li porta a provare uno sconforto nella vita impossibile da sopportare.

La brevità di questo movimento artistico non esclude la possibilità di riscoprire alcuni autori importanti per l’epoca e altri completamente dimenticati dalla cultura contemporanea. In questi ultimi anni, l’arte scapigliata sta infatti vivendo una seconda riscoperta – la prima individuabile nel periodo successivo alla fine del regime fascista. Sono nate case editrici completamente dedite al lavoro di ricerca e di ripubblicazione di autori poco noti o di opere cancellate dal tempo. La Scapigliatura è ricca di questi letterati dimenticati, proprio per la sua intensità sperimentale sviluppatasi in pochi anni, e che ha portato all’affioramento e alla sparizione fugace di numerosi giovani scrittori.

Uno degli autori scapigliati riscoperti recentemente è Daniele Oberto Marrama. Nato a Napoli nel 1874 e morto a Bellavista nel 1911, è soprattutto noto per essere stato il collaboratore principale di Matilde Serao durante gli anni della pubblicazione di «La settimana: rassegna di lettere, arti e scienze», rivista attiva dal 1902 al 1904, di cui è stato capo-redattore.

Le sue opere vengono dimenticate fino al 1987. A 83 anni di distanza dalla sua prima pubblicazione, viene riproposto al pubblico italiano il racconto “Il dottor Nero”[3] nell’antologia a tema gotico La notte dei vampiri[4], curata da Domenico Cammarota.

Inizierà così un recupero graduale dei testi di questo autore napoletano, fino alla ripubblicazione completa della sua prima raccolta, Il ritratto del morto. Racconti bizzarri (1907), in formato digitale da Cliquot nel 2015 e in formato cartaceo da Stampa alternativa nel 2015 e da Edizioni Intra nel 2021. Nel 2023 vengono riproposte anche altre raccolte, sempre attraverso le edizioni di Intra: escono Bianca Luna e Piuma Nera: racconti a Nonò (1909) e Il Re di Gerusalemme. Novelle gaie (1909).

Le tre opere rispecchiano perfettamente la sperimentazione scapigliata, proponendo temi diversi e stili disparati.

Il simbolismo e il decadentismo soprannaturali di Il ritratto del morto. Racconti bizzarri

La prima raccolta di Marrama contiene otto racconti e propone narrazioni che spaziano dal gotico dei revenant, dei fantasmi e dei vampiri alla fantascienza legata alla medicina e alla psicologia.

Il primo racconto, Il ritratto del morto, è molto classico nella sua goticità: propone digressioni sul significato di “soprannaturale”, descrive un ritrovo bohémien di amici tipico della scapigliatura e si avvale di un oggetto-simbolo, ossia la fotografia.

Il terzo racconto, La scoperta del capitano, introduce elementi simbolici quali l’acqua e il cervello. Non mancano i riferimenti alla letteratura classica italiana, come la scena finale del capitano che banchetta sul cranio del suo antagonista, la quale richiama l’incontro di Dante con il conte Ugolino nel Canto XXXII dell’Inferno.

Il quinto racconto, L’uomo dai capelli tinti, si sviluppa come una detective story capovolta: il protagonista è convinto di essere il criminale di cui i giornali parlano e cerca diversi indizi per provarlo.

Il racconto successivo, Il dottor Nero, ricalca le tipiche storie gotiche inglesi: i personaggi vengono sconfitti dalla figura vampiresca del dottor Nero, alleato con la natura.

Era il ritratto di un giovane trentenne; un viso magro, affilato, incorniciato da una barba nera: un viso in cui due occhi turchini, acuti come due lame, pareva che brillassero. Era vestito tutto di nero, con un berretto nero in testa, alla foggia dei medici del secolo decimosettimo e, particolare bizzarro, stringeva al petto, con la bianca mano sottile – una mano cerea, magra, fantastica – un pipistrello dalle ali aperte. Era un simbolo? Era una stranezza del ritratto o del pittore? Chi sa![5]

L’allegoria di Bianca Luna e Piuma Nera: racconti a Nonò

La seconda raccolta di Marrama contiene sette testi scritti per la piccola Nonò. In realtà, l’idea che l’opera sia dedicata ai bambini è una scusa: il mondo dell’infanzia è vicino alla Scapigliatura per la divisione esistente tra le idee fanciullesche dei bambini e l’incomprensione assoluta degli adulti, simile alla divisione tra scapigliato ribelle e società rigida.

Marrama sperimenta con l’allegoria e propone testi polemici, di critica politica e sociale, schierandosi con la popolazione più umile. Nel primo racconto, Bianca Luna e Piuma Nera, denuncia l’accanimento contro l’amore del burattino Piuma Nera e della bambola Bianca Luna, troppo diversi secondo la società per potersi scegliere. Nel secondo racconto, Piumino, l’agnellino protagonista viene tradito dalla società e dalla politica a causa della sua innocenza di animale sacrificale. Nel quarto racconto, Lo sciopero dei giocattoli, il capo della ribellione dei giocattoli natalizi si nasconde all’arrivo dei poliziotti-giocattolo e la rivoluzione civile terminerà con un capovolgimento della distribuzione dei doni.

Solo l’ultimo racconto, Worobeichitk (Racconto russo), è impregnato di un realismo privo di simboli e metafore e descrive la realtà cruda di una bambina russa che vuole ritrovare il padre, partito per la guerra contro la Manciuria. Nella descrizione tragica del finale, il racconto appare incredibilmente attuale.

Anche nella sua casetta, la sera, tardi, quando tutto era silenzio, Worobeichitk sentiva questi frastuoni lontani, questo risuonare di tacchi e di zoccoli ferrati, questo rombare di cassoni, tutto un brusio di uomini e di cose marcianti senza posa, nella vecchia Pietroburgo, come se la città vuotasse tutte le sue vene, come se la Russia intera si dissanguasse, in questo scorrere continuo di tutte le sue forze vitali, che se ne andavano laggiù, laggiù, verso l’ignoto, verso la morte[6].

L’ironia e l’umorismo di Il Re di Gerusalemme. Novelle gaie

Il Re di Gerusalemme. Novelle gaie è l’ultima raccolta pubblicata prima della morte di Marrama. Scompaiono il soprannaturale e l’allegoria per dar completamente spazio all’ironia e all’umorismo.

Tutti e dieci i racconti dell’opera includono usi e costumi tipici degli anni contemporanei all’autore e propongono situazioni e personaggi interessanti anche da un punto di vista storico. Il divertimento è la chiave di lettura principale.

Nel primo racconto, Il Re di Gerusalemme, l’incoronazione del protagonista si conclude con il ritorno dell’uomo alla sua vita normale, dopo una tappa… particolare.

Il terzo racconto, L’orologio dell’ispettore Kip, è una parodia delle famose detective stories. I ragionamento di Kip sono infatti sconclusionati e fantasiosi nella loro logicità.

Nell’ultimo testo, Un sentimentale, viene ripreso il tema del personaggio innocente che non riesce a trovare il proprio posto all’interno della società in cui vive.

Franz Eschena ebbe una gran voglia di commuoversi; gli era così facile, del resto, la commozione! In collegio, a Maddaloni, lo chiamavano «Fontanella», perchè aveva sempre un quarto d’ora di lacrime a sua disposizione, ed era venuto su, da piccino, con una grande tenerezza nell’anima, una di quelle tenerezze che non hanno un motivo preciso e non hanno un preciso indirizzo, ma sono vaghe, indefinite, sempre allo stato cronico e sempre pronte a manifestarsi ad ogni occasione, per il cane che è bastonato, per il mendico che chiede l’elemosina con un tono di voce piagnucolosa, per la pianticella di rosa che muore perchè non è inaffiata [sic][7].


Note

[1] Si cita da C. Arrighi, “Presentazione”, in «Almanacco del Pungolo per il 1858»,1 (dicembre 1857), pp. 59.

[2] Si cita da G. Farinelli, La scapigliatura. Profilo storico, protagonisti, documenti, Roma, Carocci Editore, 2003, p. 20.

[3] D. O. Marrama, “Il dottor Nero”, in «La Domenica del Corriere», n. 33 (1904).

[4] La notte dei vampiri, a cura di D. Cammarota, Roma, Fanucci Editore, 1987.

[5] D. O. Marrama, Il ritratto del morto. Racconti bizzarri, Viterbo, Stampa alternativa, 2015, p. 131.

[6] D. O. Marrama, Bianca Luna e Piuma Nera: racconti a Nonò, a cura di Y. Degabriel, Pesaro, Edizioni Intra, 2023, p. 84.

[7] D. O. Marrama, Il Re di Gerusalemme. Novelle gaie, a cura di Y. Degabriel, Pesaro, Edizioni Intra, 2023, p. 101.

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Yuksel Degabriel

è una docente svizzera di inglese e italiano di origini aramaiche. Ha un master in letteratura e linguistica inglese, in letteratura italiana e una laurea in lingua francese. La sua tesi di dottorato, svolta presso l’università di Losanna, è incentrata sul fantastico italiano del Novecento, in particolar modo sulla storia della critica letteraria e sui racconti fantastici italiani di fine Ottocento e del primo Novecento. Ha ripubblicato diverse opere di Daniele Oberto Marrama, collaboratore di Matilde Serao e autore riscoperto recentemente, dopo più di cento anni dalla loro prima pubblicazione.

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