Lungi dal diventare irrilevanti nell’era digitale, le biblioteche di New York e più in generale degli Stati Uniti stanno vivendo un vero e proprio momento d’oro: aggiungono ore di apertura nel fine settimana e alla sera; assumono più bibliotecari e personale; espandono il loro catalogo di corsi e di servizi, fino a includere servizi di consulenza lavorativa, classi di programmazione informatica, corsi meditazione, consulenze su come pianificare la propria carriera e perfino lezioni per imparare a lavorare a maglia. Non più semplicemente depositi di libri, le biblioteche pubbliche della Grande Mela sono state capaci di reinventarsi come centri di aggregazione che mirano a offrire qualcosa a tutti i cittadini.
Per molti newyorkesi il vero rifugio estivo non sono gli Hamptons o Jersey Shore, luoghi splendidi ma che richiedono la macchina e un piccola fortuna per essere raggiunti. Sono piuttosto le biblioteche pubbliche di quartiere: tranquille, climatizzate, gratuite, aperti tutti i giorni e sempre più spesso anche spazi di aggregazione sociale. Lo racconta bene una serie di articoli usciti recentemente sul New York Times: dopo anni di tagli ai fondi e quindi ai servizi, le 217 biblioteche pubbliche di New York hanno incominciato a beneficiare di fondi pubblici comunali.
Negli ultimi due anni, i tre grandi sistemi bibliotecari della città, la New York Public Library, la Brooklyn Public Library e la Biblioteca del Queens, sono state in grado di mobilitare l’opinione pubblica attorno all’importanza di salvare le biblioteche pubbliche cittadine. Una mostra alla New York Public Library sulla Fifth Avenue, l’anno scorso, ha ricordato a tutti la storia di Andrew Carnegie (1835-1919), il grande imprenditore britannico naturalizzato statunitense, celebre per la sua attività filantropica che ha permesso di fondare università, biblioteche e musei negli Stati Uniti. Nel 1901 egli donò 5,2 milioni di dollari per costruire una rete di biblioteche comunali, ottenendo in cambio la promessa da parte dell’amministrazione cittadina di pagare per il loro funzionamento e per la loro manutenzione.
Più di 250.000 persone, tra cui la scrittrice Judy Blume e la musicista Patti Smith, hanno firmato lettere a sostegno delle biblioteche. I bibliotecari hanno tenuto diverse letture per bambini sui gradini del municipio, e hanno fatto irruzione nelle udienze municipali in cui si discuteva dei futuro finanziamenti indossando magliette di un arancione sgargiante con la scritta: “continuiamo a investire nelle biblioteche, continuiamo a investire nei newyorkesi”.
Il messaggio è stato ascoltato. Nel 2016 le biblioteche hanno ricevuto 360 milioni di dollari, 33 milioni in più rispetto all’anno prima, il più grande finanziamento degli ultimi anni.
A un solo anno da questi investimenti i risultati sono già visibili: non dovendosi più preoccupare di colmare i buchi nel bilancio, i funzionari hanno potuto concentrarsi sui servizi e sui programmi per i cittadini. Nel solo periodo che va da novembre a maggio più di 765.000 persone hanno fatto visita il sabato alla Biblioteca del Queens, che dispone di 65 sedi. I suoi funzionari hanno recentemente assunto altri 129 membri del personale e speso più di 2,6 milioni di dollari per comprare nuovi libri, tra cui e-book e periodici. La biblioteca pubblica di Brooklyn ha invece assunto 95 nuovi membri del personale, due terzi dei quali bibliotecari, e ha comprato più di 50.000 libri e altri materiali.
Un ruolo sociale
In un momento storico in cui l’accesso alla tecnologia aumenta la stratificazione fra classi sociali e fra generazioni, le biblioteche pubbliche del Paese hanno assunto un ruolo sociale fondamentale.
Basti pensare che sono state create 552 librerie satellite della biblioteca pubblica di Brooklyn nelle scuole, in centri per anziani e nei rifugi per senzatetto, con l’obbiettivo di promuovere l’alfabetizzazione e di portare i libri, tecnologia e altri servizi a tutti coloro che per varie ragioni non sono in grado di recarsi di persona nelle biblioteche. Ad esempio, venti di questi satelliti si trovano a Rikers Island, il principale complesso carcerario della città, dove fra l’altro i detenuti possono leggere i libri ai propri figli in videoconferenza.
Sari Feldman, presidente dell’American Library Association, ricorda che in tutte le biblioteche degli Stati Uniti si tengono corsi su come navigare online, in particolare per fare ricerche legate alla domanda di assistenza sociale; ma è possibile iscriversi anche a corsi di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, pensati in particolare per i bambini che non possono permettersi di frequentare i campi estivi. Una libreria nel quartiere di Prospect Heights, a Brooklyn, gestisce addirittura uno studio di registrazione completamente attrezzato che può essere prenotato a costo zero; molte biblioteche si prestano computer portatili e dispositivi wireless per chi non ha accesso a internet da casa. A Jamaica (nel Queens), che ha un’ampia fetta di popolazione proveniente dell’Asia meridionale, la biblioteca pubblica da due anni offre corsi di cucito in bengali per le donne del Bangladesh, alcune delle quali ora si guadagnano da vivere come sarte. Diverse biblioteche a Flushing e a South Jamaica insegnano ai proprietari di piccole imprese le tecniche per usare i social media.
Non mancano anche le storie e le parabole di vita, tanto care agli americani. Il New York Times riporta la storia di Richard Johnson, un giovane homeless del Queens che, frequentando la biblioteca di Arverne, è stato aiutato dal personale a studiare per diventare una guardia di sicurezza, per essere poi assunto dalla stessa biblioteca come mentore per gli adolescenti. Oggi l’uomo ha due posti di lavoro e un appartamento in affitto.
Servizi per bambini
Le biblioteche americane si sono reinventate soprattutto perché hanno puntato sui più piccoli, mettendo a punto programmi di alfabetizzazione precoce finalizzati a preparare i bambini per la scuola. Lo dimostrano i passeggini parcheggiati in doppia e tripla fila davanti alla Fort Washington Library dell’Upper Manhattan o le lunghissime file di genitori e bambini davanti alle biblioteche del Bronx. Qualcuno inevitabilmente rimane fuori, perché non c’è abbastanza spazio per ospitare tutti i bambini che si presentano.
In entrambi i casi sta per andare in scena lo “story time”, letteralmente “l’ora del racconto”, ossia la rappresentazione di una storia attraverso diversi personaggi, canzoni e materiale didattico. Tra i genitori di bambini sotto i cinque anni, i posti per assistere a queste letture sono diventati ambiti come i posti a sedere per uno show di Broadway. Sempre più genitori hanno fatto dello story time un appuntamento fisso nella loro routine quotidiana, esattamente come il portare i figli a giocare nel parco. Nella maggior parte delle biblioteche si organizzano sei story time alla settimana e spesso anche nel week end, e in estate sono le letture avvengono all’aperto, nei grandi parchi cittadini.
Nella sola New York, la domanda per assistere agli story time è aumentata del 28 per cento, ponendo sfide logistiche non indifferenti per alcune biblioteche, in particolare quelle ubicate in edifici piccoli o piccolissimi. La cosa più interessante, tuttavia, è che si tratta di una domanda trasversale: riguarda tutte le fasce sociali e coinvolge genitori con redditi differenti.
Story Time attira grandi folle presso le biblioteche pubbliche in tutta New York e in tutto il Paese in un momento in cui, più che mai, gli educatori enfatizzano l’importanza dell’alfabetizzazione precoce nel preparare i bambini alla scuola e nello sviluppo di un pensiero critico. ù
È un trend destinato ad aumentare. Da poco la New York Public Library ha designato 20 delle sue 88 filiali di quartiere, tra cui il Washington Library Fort, come “siti di alfabetizzazione avanzate”. Come tali, raddoppieranno le loro sessioni di story time, e distribuiranno 15.000 kit di alfabetizzazione familiare, che comprendono un libro per bambini dal titolo ABC Read With Me In NYC . Scritto in inglese e in spagnolo, il libro segue le avventure dei due leoni simbolo della New York Public Library nell’ esplorare la città, ed è stato pensato per incoraggiare i genitori non solo a leggere ai figli, ma anche a parlare, cantare e giocare con loro.
La biblioteca del Queens prevede invece di espandere un programma chiamato “Kick Off to Asil”, che l’anno scorso ha coinvolto più di 180 famiglie in workshop di alfabetizzazione precoce. Un programma particolarmente cruciale in un’area della città dove l’inglese spesso non è la lingua parlata in casa.
Story Time e i programmi di alfabetizzazione precoce alfabetizzazione sono parte di un più ampio tentativo intrapreso dalle biblioteche statunitensi per diventare centri di apprendimento attivo nelle comunità, offrendo servizi come lezioni di inglese, competenze informatiche, consulenze lavorative e per la pianificazione della propria carriera. Per molti genitori le biblioteche sono anche, più semplicemente, un luogo sicuro dove fare giocare i propri figli.
Meredith Ryness, 33, madre di tre figli, ha detto che anche se i suoi bambini hanno apprezzato il kit datole dalla biblioteca, non hanno potuto giocare nel loro piccolo appartamento, perché avrebbero disturbato i vicini al piano di sotto. “Per noi genitori, soprattutto in inverno, le biblioteche sono un salvagente. In questi posti i bambini possono fare tutto il rumore che vogliono”.
Per approfondire:
WINNIE HU, Adding Classes and Content, Resurgent Libraries Turn a Whisper Into a Roar, The New York Times, 4 luglio 2016, consultabile presso: http://www.nytimes.com/2016/07/05/nyregion/resurgent-new-york-city-libraries.html?_r=0
WINNIE HU, Long Line at the Library? It’s Story Time Again, The New York Times, 1 Novembre 2015, consultabile presso: http://www.nytimes.com/2015/11/02/nyregion/long-line-at-the-library-its-story-time-again.html
ALBERTO MANGUEL, Reinventing the Library, The New York Times, 23 Ottobre 2015, consultabile presso: http://www.nytimes.com/2015/10/24/opinion/reinventing-the-library.html