Un tratto della East Side Gallery, la parte più lunga del Muro di Berlino ancora nella sua collocazione originale, sta per essere rimosso per permettere la costruzione di un palazzo residenziale che ospiterà appartamenti di lusso. Le molte proteste dei cittadini e degli artisti che hanno realizzato i loro graffiti sul Muro molto probabilmente non riusciranno a fermare le ruspe. Cosa ne dobbiamo pensare?
Strano immaginare che una testimonianza così importante della storia, com’è stato il Muro di Berlino, simbolo della guerra fredda, debba lasciare il posto a un palazzo residenziale. In aggiunta al suo valore storico e simbolico, la East Side Gallery è considerata una delle più lunghe gallerie d’arte all’aperto ed è il secondo monumento più visitato di Berlino, dopo la Porta di Brandeburgo, con circa 800.000 visitatori l’anno. È infatti arricchita da un centinaio di graffiti realizzati da artisti di tutto il mondo, fra cui la celebre rappresentazione del bacio fra il sovietico Leonid Brèžnev ed Erich Honecker, leader della Germania dell’Est, dell’artista Dmitri Vrubel.
Circa quattrocento manifestanti si sono radunati per impedire la rimozione del tratto di Muro, e in una settimana una petizione ha raccolto circa 26.000 firme, chiedendo che la East Side Gallery sia trasformata in Monumento internazionale alla libertà. Fra i manifestanti, c’è chi ricorda che ha pianto sotto quel tratto al crollo del Muro, e chi trova offensivo che in un luogo dove sono morte tante persone possano sorgere appartamenti di lusso.
Proteste che ricordano, per qualche aspetto, quelle ancora più ampie ed accese che hanno accompagnato l’apertura di una discoteca non lontano dal lager di Auschwitz, una decina di anni fa, e che hanno condotto alla sua chiusura. In questo caso, i giovani polacchi che accorrevano numerosi alla discoteca rivendicavano il diritto alla normalità e a non rimanere schiacciati da un passato di cui non avevano colpa.
Il caso del Muro, se pur diverso, rientra comunque in una considerazione sul rispetto per i luoghi, la loro identità e la storia.
L’iraniano Kani Alavi, che nel 2009 ha diretto il costoso progetto di restauro del Muro, ha ricordato che queste pitture sono diventate un simbolo di libertà in tutta Europa: “A differenza di altre zone della città, in cui la maggior parte del Muro è stata rimossa, questa è un’opportunità unica per preservare una larga sezione di quella che una volta era una striscia di morte. Se si rimuovono questi tratti di Muro, si distrugge l’autenticità di questo luogo”.
Ci sono degli esempi in cui la ricerca della normalità non sradica il passato. È il caso di Hiroshima, annientata dalla bomba atomica il 6 agosto 1945. Un solo edificio rimase in piedi nell’area più prossima all’esplosione, e la sua struttura scheletrica è diventata un monito contro la guerra e un simbolo di speranza e di pace. Con queste motivazioni, la Cupola della bomba atomica, il “Genbaku Dome”, ora Hiroshima Peace Memorial, nel 1996 è stato inserito nella Lista del patrimonio Unesco.
La vita deve continuare e dare nuove opportunità. Ma rispettando le ferite della storia e dell’umanità.