Tra le parole che più spesso compaiono nella nostra Costituzione ci sono il sostantivo «libertà», l’aggettivo «libero/a» e l’avverbio «liberamente», a documentare la riscoperta di un valore dimenticato nel ventennio fascista. Gli artt. 7, 8, 19, 20 sanciscono e regolamentano la libertà religiosa, e hanno la loro espressione più alta nella frase dell’art. 8 «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge». L’affermazione da un lato impedisce le persecuzioni religiose proprie di alcuni regimi dittatoriali, dall’altro – in accordo con l’art. 7 relativo alla laicità dello Stato – ci differenzia da Paesi teocratici (che ancora, anacronisticamente, esistono!) laddove è la religione stessa strumento (o pretesto?) di feroce intolleranza.
Non è semplice parlare a scuola di tolleranza e intolleranza religiosa, temi che toccano sensibilità profonde e afferiscono alla dimensione spirituale (oltre che a quella sociale) delle persone. Da antichista, lo faccio comparando l’Editto emanato nel 313 d.C. dagli imperatori Costantino e Licinio (forse sulla scia di una decisione di Galerio del 311 d.C.) con quello promulgato nel 380 d.C. da Teodosio, insieme con Graziano e Valentiniano.
Il primo infatti intende «concedere, ai cristiani e a tutti, la possibilità di praticare liberamente la religione che ciascuno voglia», il secondo invece limita il culto a «coloro che abbiano il nome di cristiani cattolici», e decreta la punizione di tutti gli altri in quanto «professano un’eresia innominabile». Insomma, da persecutori i pagani erano divenuti perseguitati, nel nome di quella pericolosa alleanza tra il potere imperiale e la Chiesa che gli storici moderni definiscono «cesaropapismo».
A fare le spese di questo clima fu tra gli altri Ipazia, filosofa e scienziata, massacrata ad Alessandria d’Egitto nel 415 d.C. da alcuni fanatici forse istigati dal vescovo Cirillo. Quali le sue colpe? Essere pagana (o semplicemente laica?), tollerante, aperta al dialogo con tutti, e per di più essere una donna coltissima; perché spesso – ieri come oggi – l’intolleranza religiosa si mescola ad altre discriminazioni, come ben sapevano i Padri Costituenti sancendo all’art. 3 l’eguaglianza di «tutti i cittadini… davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».