La comune

Tempo di lettura stimato: 4 minuti
La condivisione di spazi, intimità, vita in un’epoca di utopie che ha molto da dire al nostro presente nell’ultimo film del regista danese di “Festen”.

Oggi si sente spesso parlare di co-housing, di forme e modelli di condivisione di spazi abitativi. Quest’approccio alternativo al concetto di residenza privata di solito è costituito da appartamenti a uso esclusivo, con una parte di servizi in comune: cucina, biblioteca, lavanderia, spazi gioco per i bambini, giardino ecc… Una nuova visione dell’abitare dovuta anche alla crisi economica e alla dissoluzione di una rete sociale e familiare di protezione, che in passato poteva garantire aiuto e supporto a chi si trovava in difficoltà. Il costo degli affitti in continuo aumento spinge sempre più spesso nuclei familiari o singoli a cercare nuove soluzioni, ad “associarsi” in modo da poter dividere alcune spese di gestione della casa. Il co-housing può rivelarsi un’interessante scelta abitativa, che da un lato favorisce la socializzazione, la solidarietà e la mutualità tra le persone, e dall’altro sposa il concetto di sostenibilità, attraverso un risparmio energetico e di risorse economiche legate ai servizi in comune, TV, wi-fi, baby sitter ecc.
Ma il co-housing non è certo un’invenzione recente, e non nasce per ragioni economiche, ma soprattutto per sperimentare nuove forme di relazioni sociali. L’idea risale alla metà degli anni ’60, quando in Danimarca cominciano a diffondersi i primi esperimenti di comunità abitative con condivisione degli spazi in comune.
Nei decenni successivi, l’esperienza si diffonde nel Nord Europa e spesso si portano avanti anche forme di coabitazione più radicali, che sfociano in una vera e propria “comune”: un’unica grande casa in cui vivono insieme più nuclei familiari o individui con camere private e tutti gli altri locali in comune. Il desiderio della condivisione di spazi e della vita quotidiana era motivato dal desiderio di superare i vecchi e rigidi schemi sociali della famiglia e della società borghese. Inoltre, per il movimento rivoluzionario giovanile degli anni ’60, la famiglia rappresentava uno dei tanti totem da abbattere per rifondare la società.
Il film è però ben lontano dal mettere in scena un gruppo di hippy, figli dei fiori, è ambientato in un contesto sociale completamente diverso, con personaggi che appartengo al ceto alla borghesia intellettuale.
Il regista danese Thomas Vinterberg, autore di Festen – Festa in famiglia (1998), Dear Wendy (2005), Riunione di famiglia (2007), Il sospetto (2012), già co-fondatore del movimento Dogma, firma un’opera che, come lui stesso dichiara, deve molto alla sua esperienza personale:

Dall’età di 7 anni fino a 19, ho vissuto in una comune. È stato un periodo folle e fantastico, pieno di calore, corpi nudi, birra, discussioni di alto livello intellettuale, amore e tragedie personali. Da bambino, vivevo ogni giorno come in una fiaba. Compiendo il semplice tragitto dall’intimità della mia camera da letto, fino alle aree comuni, potevo godere di una straordinaria varietà di scenari sorprendenti offerti dagli altri residenti e dalle loro innumerevoli eccentricità.

Erik, professore d’architettura, e Anna, giornalista televisiva, ereditano una grande villa in un quartiere residenziale di Copenhaghen. Erik vorrebbe vendere l’immobile ma Anna, stanca dell’abitudinaria vita di coppia, lo convince a ristrutturare la casa e a creare una comune, per dividere le spese di gestione. Arrivano così amici, conoscenti e anche sconosciuti, con abitudini, caratteri, idee, vissuti personali assai diversi, a volte stravaganti.
Un film corale, che attraverso i personaggi, il loro sviluppo psicologico a contatto con una realtà nuova e disorientante, e mette in scena il ritratto di una generazione, dei suoi sogni e delle sue speranze. Le utopie si scontrano ben presto con una realtà scomoda e complessa. La comune diventa il detonatore esistenziale, che porta in luce conflitti interiori, segrete rimozioni, paure fino allora tenute a freno dai binari di una tranquilla vita borghese. La libertà irrompe anche nei sentimenti, ponendo i personaggi di fronte ai grandi temi dell’amore, dell’amicizia, del tradimento, dell’inesorabile trascorrere del tempo, del desiderio dell’affermazione personale e della ricerca della felicità individuale.
Nonostante il gran numero di personaggi e di temi affrontati, il film di Thomas Vinterberg non è mai superficiale o retorico: prevale sempre un’analisi vera, sincera, che guarda senza timori dell’animo umano. Il soffermarsi sui primi piani, sugli sguardi, sottolinea con efficacia questa intima ricerca introspettiva, questa volontà di mettere a nudo la realtà senza schermi, inganni o alibi.

La comune
Regia: Thomas Vinterberg
Con: Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Helene Reingaard Neumann, Martha Sophie Wallstrom Hansen, Lars Ranthe, Fares Fares
Durata: 111 min.
Produzione: Danimarca, 2016

Condividi:

Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it