La banca islamica

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Al di là delle differenze religiose, Islam e Occidente sembrano convergere verso pratiche comuni. Ne è un esempio la banca islamica, simile alle nostre banche etiche.

Al di là delle differenze religiose, Islam e Occidente sembrano convergere verso pratiche comuni. Ne è un esempio la banca islamica, simile alle nostre banche etiche. 

islambank1Negli ultimi trent’anni si è sviluppato nel mondo islamico un sistema bancario indipendente da quello occidentale, l’Islam Banking, teso a conciliare la realtà dell’economia contemporanea con i principi coranici. In alcuni versetti il Profeta predice che chi vive facendo soldi da altri soldi rinascerà epilettico: «Coloro che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da Satana. E questo perché dicono: ‘Il commercio è come l’usura!’ Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l’usura». Il precetto della ribah derivato da questo insegnamento non proibisce soltanto l’usura, cioè il prestito di denaro a un interesse esorbitante, ma la nozione stessa di interesse. La tradizione islamica infatti ha interpretato questi passi alla luce dei criteri economici indicati da Dio nella Bibbia, là dove, dopo aver cacciato Adamo dall’Eden, egli ingiunge di “guadagnarsi il pane con il sudore della fronte”, cioè senza l’interesse finanziario. Sembrerebbe il classico caso in cui precetti religiosi arcaici rendono impossibile al mondo islamico l’ingresso nella modernità. Ma l’Islam Banking è invece un’idea originale. Si tratta di un sistema finanziario indipendente dai circuiti internazionali, totalmente egemone in Iran, Pakistan, Malesia e Sudan – paesi in cui le banche occidentali non possono operare – e presente con una forte quota di minoranza nei Paesi del Golfo e negli altri stati Arabi. Anche in Europa recentemente sono state aperte islamic window, sportelli bancari per clienti che intendono seguire i precetti religiosi della legge islamica. I principi etici seguiti dalle banche islamiche sono di grande interesse. In primo luogo tutte le operazioni gestite sono controllare da un comitato di saggi estranei alla banca, con il compito di vigilare che non si facciano investimenti in settori economici considerati immorali, come la produzione e il commercio di carne di maiale, vino e alcolici, l’industria delle armi, il gioco d’azzardo e la pornografia. In secondo luogo vale il principio della massima trasparenza: il cliente deve sempre conoscere, anche nei dettagli, tutte le clausole e i soggetti coinvolti nell’operazione finanziaria. Da un punto di vista operativo invece il principio fondamentale è che il cliente e la banca si associno per partecipare insieme a un progetto d’affari, condividendone i rischi, i profitti e le perdite. Non è permesso ottenere un capitale in prestito per farne ciò che si vuole, semplicemente pagando il denaro come se fosse una merce come le altre. Neppure si investono soldi in Borsa, ma si diventa soci di una banca partecipando a un preciso progetto industriale o commerciale, perché il musulmano sa che un giorno verrà giudicato anche per le sue attività finanziarie. Una forma di finanza etica rivolta al finanziamento dell’economia reale, con una forte propensione alla dimensione locale, al microcredito e al sostegno di progetti familiari. Una realtà sorprendente e davvero molto simile al sistema delle banche etiche nato in Occidente negli ultimi decenni.

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