Numero tragico nella storia della musica, tanto da far nascere presto il mito del “Club del 27”. Sì, perché in quegli anni droghe e barbiturici fecero strage della generazione più geniale, creativa e visionaria della storia della musica moderna.
La meglio gioventù del rock lascia la vita a 27 anni, dopo aver inciso tracce indelebili non solo sulla nera superficie del vinile, ma nella memoria collettiva di più di una generazione. Il 3 luglio 1969 muore Brian Jones, chitarrista dei Rolling Stones; il 18 settembre 1970 Jimi Hendrix, il 4 ottobre 1970 Janis Joplin, il 3 luglio 1971 Jim Morrison, cantante dei Doors, l’8 marzo 1973 Ron McKernan, tastierista dei Grateful Dead. Recentemente, sempre a 27 anni, si sono aggiunti alla luttuosa lista altre due irrequiete e disperate anime della musica: il 5 aprile 1994 Kurt Cobain, cantante e chitarrista dei Nirvana, e il 23 luglio 2011 Amy Winehouse.
Il film di Amy Berg, presentato in anteprima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, non è certo originale dal punto di vista della struttura narrativa. Ripercorre, infatti, quasi in modo cronologico e lineare la vita di Janis Joplin. Sono dei binari di un treno a fare da raccordo tra i vari momenti della sua esistenza, binari di un viaggio o di una fuga, simbolicamente senza ritorno e senza metà. Comunque troppo breve.
Un film non originale dal punto di vista narrativo, ma che sa portare in vita la parte più fragile dell’artista.Una fuga da Port Arthur, città natale nel Texas a cui sono legati i ricordi dell’infanzia triste di Janis, già a disagio con il mondo che la circonda e con la società asfissiante della provincia americana. Una bambina che avrebbe voluto essere bella, desiderata, corteggiata, amata e che invece viene derisa e sbeffeggiata dai suoi coetanei per la sua goffaggine. Tanto da venir eletta, per crudele scherzo, “il ragazzo più brutto della scuola”. Sì, il ragazzo. Una ferita affettiva mai rimarginata, che sanguinerà per tutta la vita e che la farà fuggire a San Francisco in cerca di una nuova vita, di un riscatto verso il mondo, attraverso la sua straordinaria voce.
La storia continua con i primi successi della sua prima vera band, i Big Brother and the Hold Company. La notorietà arriva con le performance a due grandi concerti, ormai entrati nella storia non solo del Rock, ma anche della cultura sociale dell’epoca. Prima Monterey Pop, dove Janis si esibisce, ancora da semi-sconosciuta, e ne esce con la firma su un ricco contratto con la Columbia Records, grazie al manager di Bob Dylan Albert Grossman. Poi la vera consacrazione a Woodstock. Janis sale sul palco fatta di eroina e, nonostante la confusione psichedelica del suo sguardo e delle sue movenze, regala un’esibizione memorabile.
Al racconto dei successi professionali si uniscono le storie sentimentali, spesso intrecciate con la musica, ma sempre irrisolte, frammentarie, irrequiete. Il racconto della parte più intima di Janis passa attraverso le testimonianze di familiari, amici e colleghi, che hanno condiviso con lei frammenti ed emozioni di una vita troppo breve.
Cantare sembra l’unico modo per stabilire un contatto reale e sincero con il resto del mondo.Ma ancor più toccanti sono i brani delle sue lettere indirizzate ad amici, familiari e amanti, lette da una voce fuori campo. È questa la parte più bella e significativa del film, che rivela la Janis più sincera e fragile, più bisognosa d’amore e di rassicurazioni. Una ragazza piena di voglia di rivalsa, di solitudine e di disperato bisogno di calore umano. Solo i momenti passati sul palco sembrano interrompere questo dolore esistenziale e riconciliarla con la parte più profonda della sua anima.
Cantare sembra l’unico modo per stabilire un contatto reale e sincero con il resto del mondo. I suoi fans, per lei degli sconosciuti, sono ciò che riesce a sentire più vicino a se stessa, anche se solo nell’illusione effimera dello spazio di un concerto. Solo tra le note delle sue canzoni scaturisce quell’empatia, quell’intimità, che esplode rabbiosa e roca nel lamento disperato, della sua meravigliosa e straziante voce blues. Il resto è vuoto sempre più vuoto, senza senso, come le stanze d’albergo dopo l’ubriacatura adrenalinica di un concerto. Un vuoto, riempito spesso da una dose di eroina, non come abitudine autodistruttiva, ma come compagna consolatoria dei momenti bui.
Come l’ultimo, proprio dopo un concerto.
Inatteso e fatale.
Cry baby.
Janis
Un film di Amy Berg
con Janis Joplin, Cat Power
Produzione: USA, 2015
Durata: 115’