Nel 1980, grazie a un editore (Feltrinelli) e a un editor (Aldo Tagliaferri) inclini alle sperimentazioni, usciva in Italia un libro destinato a fare molto, moltissimo rumore: Altri libertini, di Pier Vittorio Tondelli. Nei suoi briosi racconti, l’autore proponeva non solo personaggi e vicende non conformi, che scandalizzarono ben e malpensanti per la loro tendenza a sottrarsi a qualsiasi spinta moralizzatrice; Altri libertini inauguravano anche un linguaggio nuovo, trascinante, irregolare, che stravolgeva la punteggiatura, la sintassi, in qualche caso persino l’ortografia dell’italiano standard. L’ombra lunga, anzi la luce sublunare di quel libretto rivoluzionario si proietta ora su un suo giovane satellite (e la metafora astronomica non è scelta a caso): Corpi minori, di Jonathan Bazzi. In questo romanzo-autofiction rivive, con maggiore consapevolezza terminologica (e un pizzico di cinismo postmoderno), lo spirito dei «mimi e istrioni» tondelliani, calati in un retroterra teorico di un certo spessore filosofico. L’io di Corpi minori, che la filosofia si mette a studiarla per davvero, aderisce a quella dimensione oscillante che tanti autori e autrici dell’oggi interpretano: la smarginatura ferrantiana, il «Non ti disunire» di Sorrentino, i bordi strappati di Zerocalcare con le loro incompiutezze… Espressioni e generazioni diverse individuano in quello sfumato che annulla i contorni e che fa e disfa le cose la chiave del presente, la chiave per viverlo ma anche per leggerlo e interpretarlo. Così Bazzi: «Restare territorio aperto, percorso da tutti gli spiriti, i nomi, le essenze: rimanere per sempre in bilico, negare che un ordine altro corrisponda a un disordine (bloccare la crescita, non crescere mai?)» (p. 133), citazione in cui peraltro emerge un tratto martellante di questo nuovo Bazzi: l’infinito, verbo di modo indefinito, al posto dell’indicativo, verbo di modo finito, tirannicamente oggettivo; il tricolon; le domande aperte che, anziché concluderlo, lasciano il ragionamento sospeso.
Dopo una ormai consolidata tradizione di studi queer, ecco che i bordi rifiutati, strappati, se necessario ridisegnati delimitano un romanzo che dilaga in lungo e in largo nella topografia di Milano: ogni capitolo (tranne l’ultimo) è infatti intitolato a una via della città, quel centro che il protagonista mai nominato ha raggiunto dopo essersi lasciato alle spalle il margine di Rozzano (e qui è subito bell hooks), margine di cui Bazzi ci offre – rispetto a Febbre – un nuovo ritratto, nel breve capitolo dedicato alla «necropoli dei morti» (e qui è subito Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli, e neanche Rozzano).
Il nuovo io di Corpi minori compendia ed eleva quello di Febbre, costruendo intorno a sé un’esistenza fatta di carne, di particelle lucreziane percepibili anche quando si tratta di amore e passioni, ma resistente a progetti solidi, affetta da procrastinazione patologica. Gli studi, gli amici e le amiche, i lavori, gli indirizzi continuamente cambiati trascinano il protagonista in un vortice che tuttavia anela a boe di salvezza controcanoniche nel mare dell’italica norma: le scrittrici, femministe, filosofe (o tutt’e tre insieme) «fuori dal canone», scoperte grazie a docenti illuminate; le antiche divinità femminili, di cui le amiche Melissa e Ismene, due nomi da mito greco, sembrano reincarnazioni, pronte a sostenere il loro antieroe (la ninfa Melissa aveva allevato il futuro padre degli dèi; Ismene era la figlia e badante di Edipo); le cantanti pop italiane fino alla fluttuante Miley Cyrus; le personagge degli anime; le dive drag. Tutti questi riferimenti culturali, in alto e in basso, spingono l’io di Corpi minori a scoprire in sé e nel mondo quel queer che non è affatto una moda, ma una dimensione che consente di superare le rigidità che qualche nostalgico vorrebbe a tutti i costi preservare. Ciò accade quando arriva lui, il daco Marius Maddalena, l’astro che diventa l’asse del desiderio e che ispira un nuovo, per quanto traballante, allineamento planetario. La coppia, come quella del racconto Viaggio in Altri libertini, vive un amore privo di modelli (su questo punto i contatti con Tondelli sono fortissimi: «non abbiamo un modello per il nostro amore» riecheggia in «mai avuto un modello relazionale sano, un abbozzo di prototipo amoroso da replicare», pp. 289-90 di Bazzi, che qui si riferisce anche a radici familiari poco propense a rapporti sentimentali sereni). È un amore funestato da blatte, sparizioni feline, materassini (s)gonfiabili, coinquiline debordanti, e infine trionfante nella propria intimità queer: corpi contigui senza più discrimini quali- né quantitativi.
Naturalmente il protagonista di Corpi minori non ambisce a ergersi a modello, anzi in diverse occasioni appare proprio antipatico, di un opportunismo glaciale, sempre pronto a difendere con parole taglienti gli spazi conquistati. Non è questa, del resto, l’intenzione dell’autorə, che ha invece proposto un personaggio sfaccettato, con le sue luci e le sue ombre, presentate con un’esattezza lessicale che (sia detto tra parentesi) fa ben sperare – visto il successo del libro – sulla capacità di lettori e lettrici di assorbire vocabolario e allusioni tutt’altro che banali (checché ne dicano le geremiadi sulla gioventù).
«La poetica dei corpi minori», fondata sui margini, sulle sfumature intellettuali e anche epidermiche (si veda la vitiligine della sorella Nora), sulla ricerca di una visione nuova, non limitata a una semplicistica nozione di Alterità, è una piccola-grande rivoluzione, una vita nuova senza più –tori né –trici, senza più visioni beatifiche né svenimenti infernali. Ed è una poetica di cui lo stesso io narrante spiega i caratteri, sempre all’insegna del queer, del tra: «L’intersezione tra il dato di fatto e la distorsione soggettiva, la provocazione data dall’ambiguità di una sovrapposizione, vero falso, personaggio persona» (p. 282). Le sagome che affollano la copertina del romanzo, e che ricordano le fotografie di Spencer Tunick, circondano il buco nero risucchiante nella dinamica del desiderio. Quei corpi nudi, disarmati e bisognosi di sentirsi parte di un insieme (o «social catena» di leopardiana memoria!), ruotano intorno all’oggetto bramato, disegnando orbite improbabili e replicantesi nel tempo ciclico del cosmo. Jonathan Bazzi, un po’ Virgilio barbuto un po’ Beatrice di rosso vestita, sorride con i suoi denti bianchissimi e ci illumina una faccia del mondo che, come il lato oscuro della Luna, è rimasta troppo a lungo in ombra. E che invece oggi brilla più che mai della sua intensa, vitale policromia.
(Jonathan Bazzi, Corpi minori, Mondadori-Scrittori italiani e stranieri, Milano 2022, 19,50 euro)