Il piacere della disputa: attività didattica

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In un ragazzo, il passaggio dal conoscere che, al saper dire perché, è sempre un momento fondamentale di crescita.

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Già Aristotele indicava che su tale passaggio si fonda la scienza, cioè la capacità di ricondurre ciò che è noto alle sue cause, alle sue ragioni (Metafisica, A 981a). Perciò imparare a dare ragione di qualcosa in cui si crede, chiarendo il perché di ciò che si sostiene, è uno dei principali obiettivi della formazione scolastica e in particolare del percorso educativo della scuola secondaria superiore.

A fianco del saper spiegare le ragioni si pongono altre importanti acquisizioni, tra cui vanno almeno ricordate il saper formulare una tesi, controllando la propria comunicazione non verbale, il saper strutturare un discorso, il saper riconoscere un ragionamento fallace, tanto da evidenziarne i limiti, il saper formulare un argomento valido e formalmente consistente, il saper accogliere con intelligente tolleranza le tesi avversarie. Nel processo formativo di uno studente, di ogni studente, tali acquisizioni segnano, ciascuna, un importante passo verso la maturità intellettuale e sociale. Quelle appena elencate sono capacità che possono venire potenziate attraverso la partecipazione a iniziative didattiche quali i tornei di disputa. Essi si svolgono ormai da anni nella Regione Veneto con ottimi risultati, grazie al lavoro di un gruppo di studiosi e di docenti della secondaria superiore molto motivati raccoltosi intorno al prof. Adelino Cattani dell’Università di Padova. Tali tornei, anche per la loro natura competitiva, sono capaci di valorizzare l’eccellenza, fornendo sentite motivazioni per uno studio personale, autonomo e maturo.

In Italia insomma si sta riscoprendo qualcosa che oggi è diffuso soprattutto nelle scuole d’élite statunitensi, e di cui abbiamo osservato la spettacolarizzazione durante la recente tornata elettorale tra Barack Obama e Mitt Romney. I dibattiti tra i due candidati hanno catturato l’attenzione dei media di tutto il mondo. Essi sono l’esito politico di una dialettica alla quale gli americani sono abituati e per la quale le loro élite sono formate. Essa però non è una loro invenzione, dato che trova le sue radici, pur con importanti differenze, nella tradizione scolastica medioevale. Proprio all’epoca del così detto “buio medioevo”, il gusto della disputa, dell’argomentare validamente, dello smascheramento degli argomenti fallaci, di un uso della ragione non riduttivo erano oggetto della cura dei maestri. Si può capire che in un contesto culturale debolista quale quello italiano odierno, in cui la ricerca della verità ha ceduto il passo all’interpretazione giocosa e disimpegnata, non ci sia spazio per la disputa. È però urgente lasciarci alle spalle questa stagione fanciulla in cui gli adulti sono stati tentati dal continuare a fare i bambini. È sempre più urgente formare una generazione di persone che imparino a stare ai fatti e imparino a usare la propria testa per saper dare e chiedere ragioni, rispettosamente, ma senza cedere. Il modello didattico della disputa può diventare perciò una risorsa preziosa e va affiancato a una formazione consapevole alla cittadinanza come sviluppo integrale della persona.

Riportiamo il link del progetto Botta e risposta dell’Università di Padova: http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/index.php

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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