Il nuovo “Museo della città” a Monza

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La città lombarda si sta preparando adeguatamente a mettersi in mostra per l’EXPO 2015.

Non è un bel momento per i musei, soprattutto per quelli meno noti, i quali in alcuni casi “resistono” (ma fino a quando?) solo per le visite delle scolaresche. E anche i musei maggiori, come tutti sappiamo, faticano non poco a trasformare in “profitto” (sì, usiamo pure questo termine senza vergogna…) il loro inestimabile patrimonio artistico e culturale. Cambiare verso – come si dice ora… – è pertanto urgente, direi obbligatorio; e l’attuale Ministro Dario Franceschini mi pare esserne pienamente consapevole, anche se gli ostacoli che deve superare sono davvero molti. Chi scrive non ha ricette da proporre, né crede che problemi complessi possano essere risolti in modo semplicistico. È però vero che la sensibilizzazione e il coinvolgimento attivo della cittadinanza sono punti fondamentali da cui partire. Ben venga, dunque, l’insegnamento della Storia dell’Arte in ogni ordine e grado di scuola; insegnamento che dovrà prevedere anche modalità operative per trasformare i giovani in futuri “tutori” del patrimonio artistico. E ben vengano anche iniziative come quella che, ad esempio, il Louvre parigino ha preso per il restauro della Nike di Samotracia, e cioè una sottoscrizione pubblica on line, che ha raggiunto il milione di euro! Anch’io (come altre 6999 persone: i nomi sono tutti sul sito) ho fatto una modesta donazione, dopo di che via mail, ma anche attraverso la posta cartacea, sono stato continuamente informato della raccolta fondi e dello stato del restauro. Donerei volentieri qualcosa anche per Pompei o il Colosseo, e non sarei certo il solo: in molti lo faremmo con convinzione e orgoglio; ma vorremmo vedere con trasparenza il frutto, il “profitto” (lo uso ancora…) di quel piccolo atto mecenatesco.

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Ma veniamo al sodo. La Brianza sembra voler smentire la crisi dei musei di cui si è detto, poiché dopo l’apertura nel 2010 del bellissimo Museo del Territorio Vimercatese, detto MUST, oggetto di numerosi riconoscimenti internazionali, è ora la volta di Monza, dove in questi giorni si apre al pubblico la nuova sede dei Musei Civici di Monza nella storica “Casa degli Umiliati”.
Questo piccolo ma interessante museo è l’esito di un lungo e faticoso lavoro di selezione di materiale archeologico e storico-artistico conservato nelle Raccolte Civiche monzesi; un patrimonio che nel corso del tempo è andato sempre più arricchendosi, ma che da oltre un trentennio era stato sottratto alla fruizione dei cittadini. Rappresenta inoltre il felice superamento di pluriennali questioni tecniche, problematiche logistiche, incomprensioni politiche e – perché no? – difficoltà economiche, dovute alle ristrettezze nelle quali versano le casse dei nostri Comuni; un superamento, quest’ultimo, al quale hanno contribuito anche generosi interventi di privati, che hanno finanziato alcuni importanti restauri.
È stato dunque un atto di lodevole coraggio quello dell’attuale sindaco Roberto Scanagatti, che, inaugurando l’attuale museo di via Teodolinda – realizzato ristrutturando uno storico edificio dell’ordine religioso degli Umiliati (presente in città nel Medioevo) – ha consentito al pubblico di poter vedere in un’unica sede una sorta di “filmato” della storia di Monza dall’antichità romana ai giorni nostri.
Un “filmato” che comincia nel cortile e al piano terreno con oggetti lapidei, e cioè le epigrafi latine (tra le quali il famoso altare a Ercole – CIL V, 5743 – che menziona i Modiciates Ioveni, i “giovani monzesi” d’antan), segno della romanizzazione del territorio, e alcuni manufatti che attestano l’importanza della città in età longobardica e medievale; fino a giungere gradualmente a quello che è il vero “fiore all’occhiello” del museo, e cioè la ricca pinacoteca che è visibile soprattutto al primo piano.

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Non posso entrare nel dettaglio di queste articolate sezioni espositive, ma se si cerca la specificità della cultura artistica di questo territorio si deve guardare – a mio avviso – all’Ottocento maturo, e cioè a Mosè Bianchi, a Pompeo Mariani (del quale ho già scritto su queste colonne), a Eugenio Spreafico o Emilio Borsa, pittori prediletti dal collezionismo borghese tra i due secoli: davvero bella – tra le altre – una raffigurazione del lavoro campestre di Spreafico, una sorta di Quarto stato brianzolo! Due secoli, il XIX e il XX, che proprio a Monza si scambiarono sanguinosamente il testimone della Storia, poiché è nella città lombarda che nel 1900 Gaetano Bresci uccise il re d’Italia Umberto I; e tra i lustrini della Belle Époque allora imperante si celavano già i presagi della Grande Guerra, e i germi delle inquietudini politiche, sociali, e anche artistiche proprie del Novecento.
Chi visiterà il museo scoprirà come anche un centro (detto con rispetto…) “minore” come Monza abbia partecipato di quelle inquietudini, soprattutto per merito dell’impulso culturale dell’Istituto Superiore Industrie Artistiche (ISIA), che sorse già nel 1927 e connotò la vita artistica della città fino alla Seconda Guerra Mondiale; e come anche l’epoca successiva – fino ai giorni nostri – abbia visto un certo fervore creativo di sapore contemporaneo: di lì i numerosi premi di pittura “Città di Monza”, o dal 2005, la meritoria “Biennale Giovani”.

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Un breve cenno devo inoltre dare ad alcuni dipinti musealizzati (di epoche diverse) che raffigurano proprio la città, tra le quali spiccano una tela di Angelo Inganni del 1850, di gusto spiccatamente romantico, e un’altra di Mosè Bianchi, che raffigura l’interno del Duomo col suo tipico piglio verista. Né posso dimenticare i numerosi ritratti, tra i quali una melanconica figura femminile attribuita a Francesco Hayez, che è divenuta un po’ il simbolo dell’esposizione.
Questo e molto altro, dunque, nel nuovo museo, che fa di Monza un polo culturale di tutto rispetto. Infatti già da qualche anno il prestigioso Museo del Duomo è stato ampliato e rinnovato per l’azione mecenatesca di Franco e Titti Gaiani, che hanno anche istituito un’apposita Fondazione; e non dimentichiamo i restauri in corso per riportare agli antichi splendori la Villa Reale, opera di Giuseppe Piermarini, il cui “Serrone” è spazio espositivo rinnovato e utilizzato per mostre temporanee già da qualche tempo.

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È troppo auspicare che Stato, Regione, Comune, Diocesi lavorino per costituire – come si dice oggi – una rete per la valorizzazione dei Beni Culturali monzesi? Spero proprio di no. Infatti bisogna far conoscere e apprezzare tutto ciò, spingere i giovani a visitare questi luoghi non solo se “coatti” dai loro professori, e far sì che monzesi e no divengano ambasciatori delle loro ricchezze culturali. Speriamo davvero che le prossima EXPO 2014 non sia solo una grande vetrina di polemiche e “mazzette”, come è stato finora, ma anche momento di esibizione di questi tesori che il mondo ci invidia. I brianzoli hanno da sempre fama di essere bravi imprenditori, e dunque non è assurdo credere che sapranno dare prova anche di adeguato marketing culturale, e da ciò trarre “profitto”: spirituale anzitutto, ma anche economico. Perché tutelare la cultura costa, e se i soldi per la tutela derivano – in buona parte – dagli stessi Beni Culturali significa che si è instaurato uno straordinario circolo virtuoso.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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